Recensioni negative, fin dove puoi spingerti senza rischiare una querela?
Una recensione negativa è lecita solo se basata su fatti veri e toni civili. In tutti gli altri casi si rischia una querela per diffamazione. Ecco cosa succede quando la critica si trasforma in attacco.

Oggi tutto si recensisce – dal caffè sotto casa all’idraulico contattato su WhatsApp – le opinioni digitali sono valuta sociale. Un passaparola amplificato, dove basta una stella in meno per far deragliare la reputazione di un’attività. Eppure, nonostante l’utilità delle recensioni, nel 2024 le segnalazioni alla Polizia Postale per commenti ritenuti offensivi o lesivi sono aumentate del 28%. Vediamo cosa succede quando la critica si trasforma in attacco.
Quando si può configurare il reato di diffamazione online?
Nel nostro ordinamento, esprimere opinioni negative non è di per sé illecito. Tuttavia, quando una recensione travalica i limiti, può integrare una condotta penalmente rilevante. A maggior ragione quando le dichiarazioni sono diffuse online, dove la platea potenziale di lettori è estesa e l’impatto reputazionale è amplificato. La diffamazione (art. 595 c.p.) si configura quando:
“un soggetto, comunicando con più persone, offende la reputazione di un altro in sua assenza”
Il reato di diffamazione è un reato di danno e non solo di pericolo: ciò significa che occorre valutare se la reputazione della persona sia stata realmente lesa, considerando il contenuto, il contesto e il mezzo utilizzato. In particolare, quando una recensione viene pubblicata online, l’idoneità lesiva è presunta, proprio in virtù della sua potenziale diffusione a un numero indeterminato di soggetti.
Scrivere una recensione negativa è sempre legale?
La risposta è: non sempre. L’ art. 21 della Costituzione tutela la libertà di manifestazione del pensiero, ma non è un diritto assoluto. Infatti, deve infatti confrontarsi con altri valori costituzionali di pari rango, come la tutela della dignità e dell’onore altrui (art. 2 e art. 3 Cost.).
La giurisprudenza parla di diritto di critica, è legittimo manifestare il proprio dissenso o disappunto verso un servizio o un prodotto, ma nel farlo occorre rispettare tre condizioni:
- verità del fatto (o verosimiglianza). La recensione deve riferirsi a fatti realmente accaduti o comunque plausibili.
- pertinenza, i contenuti devono essere inerenti all’esperienza vissuta.
- continenza espressiva, le parole utilizzate devono essere civili, misurate e non volgari.
La Cassazione ha confermato che una critica può diventare diffamatoria quando l’autore attribuisce fatti falsi o utilizza espressioni ingiuriose, anche se riferite a una realtà concreta (Cass. sent. n. 16712/2018). La critica può essere anche aspra o sferzante, purché non degeneri in un’aggressione verbale gratuita o in un attacco personale. Non è ammesso l’uso di parole volgari, offensive o che alludano alla sfera morale della persona, specie se scollegate dall’esperienza oggetto della recensione (Cass. sent. n. 49031/2016). Pertanto scrivere una recensione negativa è legale solo se è basata su fatti veri, espressa con toni civili e attinente all’esperienza vissuta. Se contiene offese personali, falsità o giudizi espressi con toni denigratori, può integrare il reato di diffamazione ai sensi dell’art. 595 c.p.
Ad esempio:
“Il servizio è stato lento e poco professionale, non lo consiglierei” → lecita: esprime un giudizio soggettivo, ma contenuto e riferito all’esperienza vissuta.
“Il titolare è un ladro e dovrebbe vergognarsi” → illecita: affermazione gravemente offensiva, con attribuzione di reato non dimostrato.
“Chi lavora lì è un incapace totale, dovrebbero chiudere!” → espressione denigratoria, potenzialmente diffamatoria.
I limiti della libertà di espressione sul web
Le piattaforme non sono “zone franche”. Ciò che è illecito nel mondo fisico lo è anche online. Quindi, la libertà di espressione online è tutelata, ma soggetta agli stessi limiti che valgono offline.
Anche se la recensione è firmata da un nickname o da un account anonimo, le autorità possono comunque risalire all’identità dell’autore, grazie alle informazioni fornite dai provider (es. indirizzo IP). Pertanto, chi scrive online è giuridicamente responsabile come se avesse parlato pubblicamente in un luogo fisico.
Siti come Google, TripAdvisor o Trustpilot offrono strumenti per segnalare contenuti inappropriati o lesivi. Tuttavia, in molti casi non rimuovono le recensioni senza un ordine dell’autorità giudiziaria, poiché non hanno il potere di valutare il contenuto in termini di lesività penale o civile.
Chi si ritiene diffamato, può chiedere la rimozione in via cautelare al giudice, oltre a proporre querela o causa civile per danni.
Quali sono i rischi civili e penali in caso di querela?
Quando si travalicano i limiti del diritto di critica, si può incorrere in responsabilità penale e civile. La parte che si ritiene diffamata può infatti agire in via giudiziale sia davanti al giudice penale, mediante querela, sia davanti a quello civile, per ottenere il risarcimento dei danni. Vediamo quali sono i possibili esiti in caso di contenzioso.
Quali conseguenze penali può avere una recensione diffamatoria?
Dal punto di vista penale, scrivere una recensione offensiva, come detto, può integrare il reato di diffamazione. Nella forma semplice, il reato è punito con fino a 1 anno di reclusione o multa fino a 1.032 euro. Se si attribuisce un fatto determinato, la pena sale fino a 2 anni o multa fino a 2.065 euro.
Tuttavia, la quasi totalità delle recensioni online integra la forma aggravata del reato, in quanto realizzata mediante un mezzo di pubblicità:
“Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione fino a 3 anni o della multa non inferiore a euro 516” (art. 595, terzo co., c.p.)
La Cassazione ha stabilito che i siti di recensioni, i social network e le piattaforme digitali rientrano tra i mezzi idonei a realizzare l’aggravante (Cass. sent. n. 45386/2014).
Il procedimento si avvia su querela della persona offesa, che deve essere presentata entro 3 mesi dalla pubblicazione del contenuto ritenuto lesivo (art. 124 c.p.)
Quali conseguenze civili?
In parallelo o anche separatamente dal procedimento penale, la persona offesa può agire in sede civile per ottenere il risarcimento del danno. La base giuridica è l’art. 2043 c.c., secondo cui:
“Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”
Nel caso di diffamazione, i danni risarcibili possono essere:
- danno morale: turbamento psicologico e sofferenza per l’offesa subita;
- danno all’immagine: lesione della reputazione professionale o commerciale, particolarmente rilevante per esercenti, imprenditori o liberi professionisti;
- danno patrimoniale: perdita di clientela o di contratti, se dimostrabile.
Il risarcimento può essere liquidato dal giudice anche in via equitativa, soprattutto in caso di lesione dell’immagine.
La persona offesa può chiedere anche, la rimozione della recensione, la pubblicazione della sentenza di condanna e, nei casi più gravi, l’inibitoria a future condotte lesive, anche mediante provvedimenti d’urgenza (art. 700 c.p.c.)
Come difendersi se si riceve una diffida o una citazione per recensione
La diffida è una comunicazione formale, redatta da un avvocato in nome e per conto del proprio cliente, con cui si contesta il contenuto della recensione, richiedendone l’immediata rimozione e, in alcuni casi, formulando una richiesta risarcitoria. Sebbene non abbia valore vincolante, è un atto di messa in mora e costituisce il primo passo verso un’azione giudiziaria. In questi casi, rispondere, senza aver prima consultato un legale, può condurre a errori formali o a riconoscimenti di responsabilità involontari. È quindi opportuno rivolgersi a un avvocato che valuterà se la recensione rientra nei limiti del diritto di critica e, se del caso, potrà consigliare di proporre una rettifica o la rimozione del contenuto, anche in ottica conciliativa e stragiudiziale.
Quali difese si possono adottare in giudizio?
Se dalla diffida si passa a un’azione giudiziaria – civile o penale – l’autore della recensione potrà difendersi sulla base dei principi elaborati dalla giurisprudenza sul diritto di critica.
In sede penale, la strategia difensiva può fondarsi su:
- assenza dell’elemento soggettivo del reato, cioè la volontà di offendere;
- mancanza dell’elemento oggettivo, l’inesistenza dell’offesa alla reputazione o l’assenza del mezzo di pubblicità;
- esercizio legittimo del diritto di critica (art. 51 c.p.), se la recensione è fondata su fatti veri o verosimili, espressi con pertinenza e continenza.
In sede civile, la difesa può puntare a dimostrare che non sussiste alcun danno risarcibile o che la recensione pur negativa, è stata scritta in buona fede, nell’interesse di altri consumatori e senza finalità denigratorie. L’avvocato potrà chiedere l’archiviazione in sede penale o il rigetto della domanda risarcitoria in sede civile, evidenziando che il contenuto della recensione è stato espresso nel rispetto dei limiti costituzionali e giurisprudenziali. Occorre sottolineare che il processo penale e quello civile sono autonomi, l’eventuale archiviazione penale non esclude che il giudice civile possa comunque ritenere lesiva la recensione e disporre il risarcimento del danno.