Ratifica del negozio: possibile anche a mezzo di atto giudiziale
Con una recente pronuncia, la Corte d’Appello di Genova ha fatto proprio l’orientamento, già espresso nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, in tema di ratifica, anche a mezzo di atto giudiziale, del negozio concluso da “falsus procurator”. Secondo detto orientamento, la ratifica del negozio concluso da “falsus procurator“, prevista dall’art. 1399 c.c., ben può essere […] L'articolo Ratifica del negozio: possibile anche a mezzo di atto giudiziale proviene da Iusletter.

Con una recente pronuncia, la Corte d’Appello di Genova ha fatto proprio l’orientamento, già espresso nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, in tema di ratifica, anche a mezzo di atto giudiziale, del negozio concluso da “falsus procurator”.
Secondo detto orientamento, la ratifica del negozio concluso da “falsus procurator“, prevista dall’art. 1399 c.c., ben può essere costituita dall’atto introduttivo di un giudizio, sottoscritto dalla parte o da chi, per procura, la rappresenti, con la quale si chieda l’esecuzione del contratto medesimo o la sua risoluzione e tale modalità di ratifica è in grado anche di soddisfare la necessità della forma scritta ove sancita per legge (vd., Cass. n. 4938/22), “in quanto tale domanda implica l’univoca volontà del “dominus” di far proprio l’operato del rappresentante senza poteri” (Cass. n. 11453/15).
La vicenda trae origine da un giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c., promosso da parte di una società debitrice avverso il decreto ingiuntivo con il quale le veniva ingiunto il pagamento, in favore della propria Banca, di quanto dovuto in dipendenza di un contratto di mutuo chirografario, nonché di un’apertura di credito in conto corrente.
A sostegno della propria prospettazione parte opponente ha lamentato, in primo grado, una serie di vizi contrattuali: illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi, usura, nullità per indeterminatezza della commissione di massimo scoperto e nullità del contratto di apertura di credito in conto corrente per assenza di forma scritta (ai sensi degli artt. 117 TUB e art. 1284 c.c.).
Il Tribunale adito ha rigettato integralmente l’opposizione proposta e, con riferimento all’eccezione di nullità per difetto di forma scritta, ha ritenuto il contratto ratificato a mezzo del comportamento tenuto dal dominus nell’interesse della società nel periodo di esecuzione del rapporto.
Avverso detta pronuncia la società ha proposto appello e la Corte adita ha condiviso la decisone assunta dal Tribunale di primo grado, confermando l’avvenuta ratifica del contratto di apertura di credito in conto corrente, ai sensi dell’art. 1399 c.c..
Infatti, nel proprio atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo la società aveva affermato di aver stipulato un contratto di affidamento in conto corrente con la facoltà per la stessa di utilizzare il conto in esame anche in difetto di provvista e fino ad un certo importo, aggiungendo, inoltre, che tale contratto “integrava” il contratto di conto corrente su cui era regolato.
Nel caso di specie, quindi, la società affidata ha manifestato con l’atto introduttivo della causa l’inequivoca volontà di fare proprio il contratto, affermando, da un lato, di aver utilizzato il credito messo a disposizione dall’Istituto Bancario e, dall’altro, di avere diritto alla restituzione degli interessi passivi “… pagati in conseguenza dell’utilizzo degli importi oggetto di affidamento.
Il contratto in esame è stato dunque ritenuto efficace (ex tunc) in conseguenza della ratifica operata dal dominus con l’atto di citazione introduttivo del giudizio.
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