Race for the Cure, a Roma torna la manifestazione per la lotta dei tumori al seno: “La prevenzione può salvare la vita”
Una maratona per sensibilizzare sulla prevenzione dei tumori al seno, creando una rete di persone sempre più forte ed estesa. Una quattro giorni di visite, screening, laboratori, ma anche incontri, spettacoli e sport. Una festa collettiva per dimostrare che anticipare una diagnosi, ma anche affrontarla insieme ai professionisti, può fare la differenza. Dall’8 all’11 maggio […] L'articolo Race for the Cure, a Roma torna la manifestazione per la lotta dei tumori al seno: “La prevenzione può salvare la vita” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Una maratona per sensibilizzare sulla prevenzione dei tumori al seno, creando una rete di persone sempre più forte ed estesa. Una quattro giorni di visite, screening, laboratori, ma anche incontri, spettacoli e sport. Una festa collettiva per dimostrare che anticipare una diagnosi, ma anche affrontarla insieme ai professionisti, può fare la differenza. Dall’8 all’11 maggio torna, al Circo Massimo di Roma, Race for the Cure, la più grande manifestazione al mondo sul contrasto dei tumori al seno. A organizzarla, per il 26esimo anno di fila, è Komen Italia: associazione no profit fondata nel 2000 dal professor Riccardo Masetti, da anni in prima fila per il miglioramento delle cure e sostenuta anche dalla Fondazione il Fatto Quotidiano (puoi donare qui) e di cui è ambasciatrice anche la vicedirettrice Maddalena Oliva. Decine gli eventi che si svolgeranno nel Villaggio della Salute e che termineranno con la grande corsa di domenica. “Race for the Cure è un evento unico, una miscela davvero rara”, spiega Masetti, “capace di legare al meglio salute, prevenzione e solidarietà”. A fare la differenza, anche la presenza delle “Donne in Rosa”, donne che hanno affrontato o stanno affrontando il tumore al seno, e che diventano qui vere e proprie ambasciatrici sul campo per sostenere tutte le altre. “La loro testimonianza forte”, ha chiuso Masetti, “ha consentito di generare un importante cambiamento culturale nel modo di affrontare questa malattia, sostituendo la paura e l’isolamento con uno spirito positivo di condivisione e vicinanza”.
Il programma – Per quattro giorni, negli oltre 200 stand del Villaggio della Salute e con l’aiuto delle sette Unità Mobili della Carovana della Prevenzione di Komen Italia, saranno offerti gratuitamente esami strumentali e clinici per la diagnosi precoce dei tumori del seno e di altre patologie prevalenti nelle donne (tumori ginecologici, della tiroide, della pelle, del cavo orale, del retto-ano, patologie del fegato, patologie cardiache), oltre ad esami specialistici oculistici, audiologici e uditivi e consulenze su nutrizione, menopausa, salute delle ossa e invecchiamento. Sarà possibile anche donare il sangue ed effettuare lo screening per la donazione del midollo. E non solo: si potrà anche partecipare ad attività di sport, fitness, sana alimentazione, benessere psicologico. Un’offerta molto varia, realizzata grazie alla Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, all’Ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola e ad altre istituzioni ospedaliere della Capitale. La manifestazione si chiuderà domenica con la Race for the Cure: 2 km di passeggiata e 5 km di corsa aperti a tutti, una gara di 10 km per gli atleti competitivi. “L’anno scorso abbiamo raggiunto il numero record di 150.000 persone”, dice ancora Masetti. “Siamo ottimisti e anche quest’anno speriamo di superare questa cifra grazie all’entusiasmo di tantissime persone che da anni non si stancano di portare avanti l’iniziativa”.
Terribile: “Dobbiamo trasmettere l’educazione alla prevenzione” – Un programma ricco di iniziative che va oltre la fase clinica della malattia. “Quest’anno”, spiega la presidente di Komen Italia e chirurga senologa Daniele Terribile, “ancora di più si è lavorato verso una duplice dimensione”. E si è considerato anche “l’invito alla prevenzione primaria attraverso corretti stili di vita che invece di essere solo parole trovano un’applicazione pratica nella presenza delle varie federazioni sportive”. Non è solo “un fatto ludico, ma anche terapeutico”. Senza dimenticare gli eventi rivolti anche ai più piccoli, che vanno coinvolti. Poi c’è la parte dedicata “alla prevenzione secondaria”: “E’ quella dedicata in esclusiva al rapporto che abbiamo con le associazioni come Caritas e Sant’Egidio per le donne che non sono in grado di poter usufruire dei normali servizi. A loro sono dirette le nostre attività senologiche e ginecologiche”. Dice Terribile, “il concetto che deve passare è quello che bisogna occuparsi della propria salute prima di aspettare i sintomi, sapere quali sono gli esami che bisogna fare, a che età bisogna cominciare a fare gli screening. Questa educazione alla prevenzione deve passare sempre di più”. E “deve passare il concetto che gli esami vanno fatti con una regolarità periodica”. E i risultati, piano piano, si vedono: “La sensibilizzazione sta aumentando, anche se purtroppo si diffonde a macchia di leopardo in Italia. Noi vorremmo che ci fosse un’equità di offerta, invece come al solito dipende un po’ dalla Regione in cui ti trovi e in cui nasci. La nostra azione costante ha un valore anche in questo”. Intanto, “abbiamo appena firmato un accordo con il Dap per portare la prevenzione anche in carcere”. E chiude: “Noi continuiamo con un impegno goccia a goccia. La nostra azione è triplice: sensibilizzare, creare maggiore consapevolezza, stimolare le istituzioni a svolgere i loro compiti”.
Franceschini: “In Italia ci sono quasi un milione di donne che si sono confrontate con la malattia e sono in vita”
Arrivare a più persone possibile è l’obiettivo fondamentale. “Fin dall’inizio della mia professione”, dice il Professor Gianluca Franceschini, direttore del Centro di ginecologia del Policlinico Gemelli, “ho capito che solo con la chirurgia, i trattamenti e i farmaci, la malattia del tumore al seno, che è un problema oggi di rilevanza sociale, non si sarebbe sconfitta. Per questo la prevenzione è diventata la mia missione: è fondamentale perché permette di fare trattamenti meno invasivi, ma soprattutto aumenta le probabilità di guarigione. E grazie ai progressi che abbiamo fatto, ormai i tassi di sopravvivenza hanno raggiunto livelli importanti. La prevenzione e l’innovazione l’hanno resa una malattia da cui si può guarire”. Franceschini racconta da dove si è partiti: “Negli anni ’80\’90, il tumore era visto come un tabù. Non se ne parlava e le donne avevano paura ad andare a fare gli esami. Nel corso degli anni le cose sono cambiate”. E questo anche grazie alle iniziative di Komen Italia, il cui impegno acquista sempre più importanza in un contesto di sanità pubblica in crisi. “Il problema delle liste d’attesa c’è”, continua Franceschini, “le difficoltà ci sono. E per questo ci impegniamo tutti i giorni. Perché arrivare in tempo fa la differenza”. Il tumore della mammella, ricorda Franceschini, “è il tumore più frequente nelle donne. In Italia ogni anno ci sono circa 56.000 nuovi casi di tumore al seno, il che vuole dire una che una donna su 8 rischia di essere colpita. Ma grazie alla prevenzione, in questo momento in Italia sono quasi un milione le donne che si sono confrontate con la malattia e sono in vita”. L’obiettivo è, quindi, far capire “l’importanza della prevenzione “alle nuove generazioni. Una ragazza consapevole oggi, sicuramente è una donna più protetta e più sana domani”. Per questo il Villaggio della Salute è rivolto anche a loro, perché “bisogna prendersi cura della persona in tutti i suoi lati”. E la Race for the Cure, chiude Franceschini, è stata ed è innovativa: “All’inizio associare una gara sportiva alla malattia veniva visto come qualcosa di assurdo, invece il Professor Masetti è stato visionario. Far sì che le donne si rendano visibili è stato un messaggio potentissimo”.
Leone: “Noi dalle donne in rosa impariamo tantissimo” – Infine, la Race for the Cure è anche e soprattutto un momento di incontro tra persone. Lo racconta la Dottoressa Alba Di Leone, chirurga senologa del Policlinico Gemelli ed esponente di Komen Italia: “È bello che si crei una cordata rosa di istituzioni, operatori sanitari, donne operate al seno, donne in rosa, famiglie. Ci dicono: verrò con mia figlia, verrò con la mia famiglia, porterò il mio cane. È una boccata di energia un po’ per tutte. E, a me piace sempre dirlo, è una sferzata di energia anche per i medici e gli infermieri che respirano un’aria diversa. È un empowerment pure per chi tutti i giorni sta accanto alle persone che si devono curare, le affianca, le accompagna”. Perché a volte, gli operatori sanitari “sviluppano dei meccanismi di difesa. Ma in questi contesti cadono perché ci si sente in questo abbraccio rosa vicendevole. Si è tutti dalla stessa parte e le energie si moltiplicano. Gli operatori sanitari si sentono più forti, ma anche le donne”. E, non da ultimo, “è un bel modo di coinvolgere le istituzioni che poi prendono impegni da mantenere”. E proprio il ruolo delle Donne in Rosa, in questo contesto, è fondamentale: “È di grandissimo aiuto perché diventa un arricchimento per tutte. Ognuna vive la malattia a suo modo, ma c’è un modo di riconoscersi negli sguardi che si scambiano: ognuna probabilmente ha in mente esattamente le emozioni, il percorso che ha vissuto l’altra”. Ma non solo. “C’è anche tantissima voglia di lasciarsi tutto alle spalle e andare avanti, ricostruire. Noi dalle donne in rosa impariamo tantissimo: forse la cosa più bella che ci insegnano è la capacità proprio di rigenerare: il modo con cui riescono a cambiare le certezze, a rimettersi in gioco. Molto spesso, ci insegnano che anche dopo questa esperienza si può migliorare la propria vita. È un grande privilegio stare accanto a queste donne rosa”.
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