Pubblicati online i numeri privati di Mattarella, Meloni e ministri: indaga la Polizia Postale
Ci sono alcune piattaforme online sulle quali è possibile accedere ai numeri di telefono privati di alcune fra le più importanti cariche dello Stato, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, fino a ministri della Difesa e degli Interni, Guido Crosetto e Matteo Piantedosi. Lo ha scoperto l’esperto di informatica […]

Ci sono alcune piattaforme online sulle quali è possibile accedere ai numeri di telefono privati di alcune fra le più importanti cariche dello Stato, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, fino a ministri della Difesa e degli Interni, Guido Crosetto e Matteo Piantedosi. Lo ha scoperto l’esperto di informatica Andrea Mavilla, che ha subito informato le autorità.
L’Agenzia nazionale per la Cybersicurezza sembra sottovalutare il caso, mentre la Polizia Postale ha avviato un’indagine e l’autorità del Garante per la protezione dei dati personali ha aperto un’istruttoria.
A ricostruire la vicenda è il Fatto Quotidiano, secondo cui Mavilla ha avvertito tutti il 17 marzo, dopo aver scoperto le piattaforme durante una consulenza. In rete si trovano almeno otto piattaforme – di cui tre hanno sede in Russia, Israele e Stati Uniti – sulle quali sono reperibili facilmente migliaia di contatti personali di rappresentanti delle istituzioni a vari livelli. Per accedere ai numeri di telefono basta registrarsi con un indirizzo mail aziendale e pagare un abbonamento annuale da 600 euro, ma è anche possibile accedere gratis per un limitato periodo di tempo e con un numero di ricerche ristretto.
Oltre ai contatti di Mattarella, Meloni e di alcuni ministri, le piattaforme in questione hanno in rubrica, fra gli altri, 2.125 contatti della Presidenza del Consiglio, 13.822 del ministero della Giustizia. 4.871 del ministero degli Interni, 11.688 del ministero della Difesa. Ma ci sono anche contatti di dipendenti dell’Inps, di agenzie governative, di Regioni e Comuni. E poi quelli di 3.805 dipendenti della Polizia di Stato, 6.301 dell’Arma dei Carabinieri e 6.018 della Guardia di Finanza.
Si tratta di portali di lead generation, ovvero piattaforme online per raccogliere contatti qualificati interessati a prodotti o servizi: contatti che poi vengono trasmessi o venduti ad aziende.
Eppure l’Agenzia per la Cybersicurezza, dipendente dalla Presidenza del Consiglio, non sembra dare molto peso alla vicenda. Dopo una segnalazione telefonica, Mavilla aveva contatto la struttura tramite Linkedin ricevendo come risposta un veloce “Bah, a noi pare una bufala. Saluti”. In seguito l’agenzia ha fatto sapere. “Allo stato attuale delle nostre conoscenze non c’è alcun data base con i dati dell’Agenzia per la Cybersicurezza. E quindi, per quello che riguarda i dati su Acn, non ravvisiamo alcun pericolo per la sicurezza nazionale. Per quanto riguarda l’Acn, c’è soltanto un signore che ha fatto un commento su Linkedin. Se questo signore ritiene di avere qualcosa da mostrarci, esistono i canali ufficiali per comunicarcelo. E se li utilizzerà, se ci mostrerà qualcosa che mette in pericolo la sicurezza nazionale, sarà ben accolto. Deve esistere un tema di sicurezza nazionale”.
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