Protesta a Parigi contro la fast fashion: tonnellate di rifiuti tessili scaricati davanti al Senato
Lo scorso 14 marzo il centro di Parigi è diventato il palcoscenico di una protesta visivamente impattante contro la fast fashion. Attivisti appartenenti alla coalizione Stop Fast Fashion, tra cui le organizzazioni Emmaüs France, Fairtrade Max Havelaar France e ZeroWaste France, hanno scaricato tonnellate di rifiuti tessili davanti al Senato francese per attirare l’attenzione su...

Lo scorso 14 marzo il centro di Parigi è diventato il palcoscenico di una protesta visivamente impattante contro la fast fashion. Attivisti appartenenti alla coalizione Stop Fast Fashion, tra cui le organizzazioni Emmaüs France, Fairtrade Max Havelaar France e ZeroWaste France, hanno scaricato tonnellate di rifiuti tessili davanti al Senato francese per attirare l’attenzione su un disegno di legge ambientale ancora in sospeso.
L’obiettivo della manifestazione era spingere i senatori a discutere e inserire nell’agenda legislativa una proposta approvata già nel marzo 2024, ma ancora in attesa di essere esaminata dal Senato. La legge mira a contrastare l’impatto ambientale della moda usa e getta, introducendo un sistema di penalizzazioni basato sul principio chi inquina paga. Secondo questo modello, le aziende che producono un numero eccessivo di capi ogni anno dovrebbero affrontare sanzioni economiche per compensare i danni ambientali e sociali causati dalla sovrapproduzione.
L’industria tessile è responsabile di circa il 10% delle emissioni di gas serra
La fast fashion è nota per il suo impatto negativo sull’ecosistema globale. L’industria tessile è responsabile di circa il 10% delle emissioni di gas serra e contribuisce alla produzione massiva di rifiuti difficilmente riciclabili. La scarsa qualità dei capi prodotti rende complesso il loro riutilizzo o riciclo, portando a un accumulo sempre maggiore di scarti tessili.
Durante la protesta, gli attivisti hanno lanciato sacchi pieni di vestiti di scarto davanti all’ingresso del Senato, accompagnando il gesto con cartelli che recitavano messaggi chiari: “Per fermare la sovrapproduzione tessile, chiediamo l’adozione della legge anti-fast fashion”. L’azione simbolica mirava a far emergere l’urgenza del problema e a sollecitare una presa di posizione da parte delle istituzioni.
Oltre all’inquinamento, la fast fashion è criticata per le condizioni lavorative nei Paesi produttori. Molti dei capi venduti a basso costo vengono realizzati in fabbriche dove i lavoratori ricevono salari minimi e operano in condizioni precarie. Regolamentare il settore significa anche garantire una maggiore tutela dei diritti umani e della dignità dei lavoratori coinvolti nella filiera produttiva. Gli attivisti sperano che il gesto simbolico serva a smuovere l’opinione pubblica e a spingere i legislatori ad agire prima che il problema diventi ancora più grave.
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