Processo penale telematico ancora in tilt: la “App” del ministero non funziona in tutto il Nord Italia. E da aprile diventerà obbligatoria
Malfunzionamenti anche su archivio intercettazioni, portale notifiche atti e banche dati. Nelle chat dei magistrati si accavallano le testimonianze frustrate: "È dalle 9:30 che non riesco a firmare nulla" L'articolo Processo penale telematico ancora in tilt: la “App” del ministero non funziona in tutto il Nord Italia. E da aprile diventerà obbligatoria proviene da Il Fatto Quotidiano.

Giustizia penale in tilt in tutto il Nord Italia a causa dei malfunzionamenti informatici. A intralciare il lavoro di giudici e pm, in particolare, è ancora una volta “App“, il software sviluppato dal ministero per gestire il processo telematico, che dovrebbe diventare obbligatorio su larga scala dal 1° aprile. Intorno alle 12 di mercoledì, i magistrati hanno ricevuto una mail da Roma in cui li si informava che, “a causa di una problematica circoscritta alle sale server di Milano e al momento in fase di analisi”, il programma è fuori uso negli uffici dei distretti di Corte d’Appello di Ancona, Bologna, Torino, Genova, Milano, Brescia, Venezia, Trento e Trieste: cioè in tutto il territorio dell’Italia settentrionale più le Marche. Nelle stesse zone è impossibile pure iscrivere le notizie di reato sul registro online “Regeweb” – un’altra innovazione che verrà imposta a tutti dal mese prossimo – e accedere all’archivio digitale delle intercettazioni. In tutto il Paese, infine, si segnalano malfunzionamenti alla piattaforma per le notifiche degli atti e alla banca dati per consultare le sentenze di merito (cioè di primo e secondo grado).
Nelle chat dei magistrati si accavallano le testimonianze frustrate: “È dalle 9.30 che non riesco a firmare in App le schede iscrizioni (che la segreteria non riesce a caricare) né alcune archiviazioni e alcuni decreti di citazione diretta. “Documento attualmente in pubblicazione, non è momentaneamente disponibile per la firma, attendere qualche minuto prima di riprovare”: riprovato più volte dopo minuti e ore, il messaggio è sempre quello”, si sfoga il procuratore di Ascoli Umberto Monti. Anche quando funziona, sottolinea, il software “rallenta comunque e non di poco tutte le attività dell ufficio”: per questo servirebbe “lasciare fisso il doppio binario”, cartaceo e digitale, per il deposito degli atti, e “non assuefarsi – né noi né il personale amministrativo – a compiti che non ci competono e che non dovremmo svolgere, di fare i tester per questo malfunzionante sistema”.
Al momento, in quasi tutta Italia, l’uso del software è obbligatorio solo per le richieste di archiviazione: da aprile, però, si dovranno caricare e gestire su App tutti i documenti dell’udienza preliminare, del dibattimento di primo grado e dei riti speciali (abbreviato, immediato, direttissimo, patteggiamento e così via). Per molti di questi atti, in realtà, l’obbligo è entrato in vigore già dal 1° gennaio, nonostante gli avvertimenti del Consiglio superiore della magistratura sul rischio di “paralisi” del sistema: una paralisi che si è puntualmente verificata nei primi giorni di utilizzo, costringendo i presidenti di ben 87 Tribunali a mantenere per tre mesi il “doppio binario” per evitare di bloccare le attività degli uffici. Ora però l’avvicinarsi del nuovo redde rationem terrorizza le toghe di tutta Italia. All’inaugurazione dell’anno giudiziario di fine gennaio, il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva rassicurato: “Attivato le opportune verifiche per riscontrare le problematiche, identificarne le cause e individuare i rimedi”. Al momento i risultati non si vedono.
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