Post-Trump, come riposizionarsi in un mercato in evoluzione secondo Flossbach von Storch

A cura di Bert Flossbach, co-fondatore di Flossbach von Storch La politica “America First” della nuova amministrazione statunitense ha accentuato l’incertezza e offuscato le prospettive di crescita. Per ora, il sentiment nei mercati azionari sembra essere “America Last”. La scarsa performance delle azioni statunitensi nel primo trimestre potrebbe essere temporanea, ma mette in discussione la... Leggi tutto

Apr 24, 2025 - 13:10
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Post-Trump, come riposizionarsi in un mercato in evoluzione secondo Flossbach von Storch

A cura di Bert Flossbach, co-fondatore di Flossbach von Storch

La politica “America First” della nuova amministrazione statunitense ha accentuato l’incertezza e offuscato le prospettive di crescita. Per ora, il sentiment nei mercati azionari sembra essere “America Last”. La scarsa performance delle azioni statunitensi nel primo trimestre potrebbe essere temporanea, ma mette in discussione la tradizionale percezione del mercato USA come fonte di rendimento costante. Ironia della sorte, l’Europa è andata molto meglio.

 Negli ultimi anni, gli investitori esteri hanno riversato ingenti capitali nell’azionario statunitense, raggiungendo, secondo Goldman Sachs, una quota intorno al 18% nel mercato USA – il doppio rispetto a vent’anni fa. Molti di questi investitori includono probabilmente milioni di risparmiatori europei che hanno allocato i propri fondi in prodotti d’investimento a vocazione globale. Di conseguenza, le azioni Usa ormai dominano gli indici globali: raggiungendo alla fine del 2024, una quota record del 73% nell’indice MSCI World. Questo squilibrio rappresenta un rischio potenziale ora che il mercato statunitense mostra segnali di debolezza.

Il “Trump put” è più lontano di quanto sembri

Dopo l’elezione di Donald Trump, molti operatori del mercato si aspettavano un proseguimento del rally azionario statunitense. Il boom dell’IA ha alimentato ambiziose aspettative di crescita per le aziende tecnologiche, mentre le promesse di Trump di revocare un’eccessiva regolamentazione hanno fatto sperare in un contesto più favorevole alle imprese. Da allora, tuttavia, l’ottimismo ha lasciato il posto alla disillusione. Le politiche di Trump stanno causando caos e maggiore incertezza. La prospettiva di una recessione statunitense non può più essere esclusa, ed è ormai evidente che il presidente non si lascia scoraggiare facilmente dal calo dei prezzi delle azioni. Sembra disposto a tollerare un certo grado di sofferenza del mercato pur di perseguire un riallineamento strategico dell’economia statunitense.

Dopo la correzione registrata nel primo trimestre, la capitalizzazione di mercato delle società statunitensi è diminuita, mentre le previsioni sugli utili sono rimaste invariate. Ciò implica che, almeno secondo le stime degli analisti, l’azionario USA è diventato “più conveniente”. Tuttavia, con un rapporto prezzo/utili (P/E) di poco inferiore a 21 per l’S&P 500, le valutazioni rimangono ben al di sopra della media storica, che si aggira intorno a 18.

Un ritorno ai livelli di valutazione storici medi collocherebbe l’indice S&P 500 intorno ai 4.860 punti – circa il 13% in meno rispetto alla fine del trimestre e il 21% al di sotto del picco di febbraio. Se il rapporto prezzo/utili (P/E) scendesse a 16, un livello comunemente considerato come un punto di ingresso interessante, l’indice scenderebbe a 4.320 punti, segnando una flessione del 30% rispetto al picco. Se però gli utili aziendali dovessero deludere le aspettative – a causa di interruzioni legate ai dazi commerciali o di una successiva recessione – anche la soglia di valutazione considerata “di base” potrebbe scendere ancora di più.

Il free cash flow risente del boom degli investimenti

L’ottimismo resta alto grazie al continuo boom dell’IA. Questa prospettiva sostiene le previsioni rialziste degli analisti sugli utili delle aziende tecnologiche per quest’anno. Tuttavia, il rovescio della medaglia di questo entusiasmo è la sostanziale spesa in conto capitale necessaria per sostenere la crescita – un boom degli investimenti che pesa fortemente sul flusso di cassa libero, ovvero quella parte degli utili che si traduce effettivamente in liquidità nel bilancio.

L’analisi dei rapporti di conversione della liquidità dei quattro maggiori giganti tecnologici – Alphabet, Amazon, Meta e Microsoft – evidenzia come, negli ultimi cinque anni, solo il 50% degli utili netti è stato convertito in flusso di cassa libero, un netto calo rispetto ai cinque anni precedenti (85%). Sebbene gli utili netti siano triplicati, i flussi di cassa liberi sono aumentati solo del 68%. Ciò non implica necessariamente una sopravvalutazione di questi leader tecnologici, ma suggerisce che potrebbero essere più costosi di quanto appaia a prima vista. Considerato il loro peso – pari al 13% nell’S&P 500 e a quasi il 10% nell’MSCI World Index – le valutazioni degli indici più ampi potrebbero essere leggermente gonfiate rispetto ai rapporti P/E dichiarati.

Le prospettive moderate del mercato azionario delineate nel 2024 – un decennio all’insegna di rendimenti più contenuti per il mercato nel suo complesso e per l’indice MSCI World – potrebbero già iniziare a concretizzarsi. Gran parte dell’ottimismo che ha sostenuti i titoli statunitensi è probabilmente già stato incorporato nei prezzi. Sebbene questo difficilmente altererà la posizione dominante del mercato Usa, l’era della chiara sovraperformance statunitense rispetto al resto del mondo potrebbe essere giunta al termine.