Porsche taglia l'outlook 2025: margini sotto pressione tra dazi Usa ed EV in crisi

Porsche in frenata: il colosso tedesco taglia le stime per il 2025, con margini operativi in calo fino al 6,5% e utile operativo crollato del 40% nel primo trimestre. Tra dazi Usa, adozione EV più debole e mercato cinese in crisi, la casa di Stoccarda rivede i ricavi a un minimo di 37 miliardi di euro, affrontando uno degli scenari più difficili degli ultimi anni.

Apr 29, 2025 - 10:32
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Porsche taglia l'outlook 2025: margini sotto pressione tra dazi Usa ed EV in crisi

Le azioni di Porsche sono crollate oggi a Francoforte fino al 7,6%, la peggior seduta da febbraio, dopo che la casa automobilistica di lusso tedesca ha lanciato un nuovo profit warning. Porsche ha rivisto al ribasso le proprie previsioni, segnalando una serie di difficoltà: dai dazi statunitensi sui veicoli europei al rallentamento della domanda di auto elettriche, passando per l'aumento dei costi di produzione.

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Per il 2025, Porsche stima ora un ritorno operativo sulle vendite compreso tra il 6,5% e l'8,5%, contro un precedente range del 10%-12% e una stima Bloomberg di circa 9,36%. I ricavi sono attesi tra 37 e 38 miliardi di euro, in calo rispetto alla precedente forchetta di 39–40 miliardi. Anche il margine Ebitda per il settore automotive è stato ritoccato verso il basso, ora previsto tra il 16,5% e il 18,5%, rispetto al 19–21% precedentemente stimato. La quota di veicoli full electric (BEV) sulle vendite complessive dovrebbe restare tra il 20% e il 22%.

La società ha inoltre abbandonato i piani di espansione autonoma per la produzione di batterie tramite la controllata Cellforce Group, che contribuirà a spese straordinarie per 1,3 miliardi di euro nel 2025, rispetto agli 800 milioni originariamente stimati.

Il gruppo si trova quindi a fronteggiare una serie di sfide complesse: il rallentamento della domanda di veicoli elettrici (EV), il crollo delle vendite in Cina e l’inasprimento dei dazi statunitensi voluti dal presidente Donald Trump. Sebbene gli Stati Uniti abbiano recentemente superato la Cina come primo mercato di riferimento, Porsche importa tutti i suoi veicoli dall’Europa, rendendosi particolarmente vulnerabile all'aumento delle tariffe.

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Gli effetti dei dazi Usa sono già evidenti sulle vendite di aprile e maggio, ma Porsche avverte che al momento non è possibile stimare l'impatto annuale completo. Secondo i calcoli di Citi, il costo potenziale annuo dei dazi potrebbe sfiorare i 2 miliardi di euro.

Sul fronte cinese, il primo trimestre è stato disastroso: le vendite sono crollate del 42%, il peggior dato dal 2013. La competizione feroce dei marchi domestici, guidati da BYD, sta erodendo rapidamente la quota di mercato dei produttori occidentali. Porsche ha confermato di aver intrapreso una ristrutturazione interna con il cambio di alcuni membri del consiglio e tagli di posti di lavoro in Germania.

A livello operativo, i numeri parlano chiaro: l'utile operativo del primo trimestre è sceso del 40% a 760 milioni di euro, segnando il primo ritorno a una singola cifra del margine operativo trimestrale (8,6%).

In risposta alla crisi, Porsche ha deciso di riorganizzare la propria governance e ridurre i costi operativi, avviando una serie di tagli occupazionali in Germania.

Jochen Breckner, cfo del gruppo, ha ammesso che "la situazione macroeconomica rimarrà sfidante" e che Porsche "non può sfuggire completamente a queste pressioni esterne."

Dopo il nuovo profit warning di Porsche, diversi analisti hanno aggiornato le loro valutazioni sulla casa automobilistica tedesca, sottolineando criticità e prospettive future.

Morgan Stanley ha confermato il rating "underweight" su Porsche. Secondo gli analisti della banca Usa, "il nuovo taglio della guidance, dopo quello di febbraio, presenta un outlook sull'Ebit circa 13% inferiore rispetto al consenso di mercato". Morgan ha evidenziato che "l'attuale revisione tiene conto solo dell’impatto negativo delle tariffe per i mesi di aprile e maggio, lasciando spazio a ulteriori peggioramenti nel caso in cui i dazi automobilistici dovessero protrarsi. Porsche, particolarmente esposta al mercato statunitense e con produzione concentrata in Europa, si trova quindi ad affrontare sfide operative significative".

JPMorgan ha mantenuto una valutazione "overweight" ma ha abbassato il target price da 78 a 64 euro per azione. La banca Usa ha tagliato le stime sugli utili del 20% in media per gli esercizi 2025 e 2026, osservando che "gli investitori potrebbero interrogarsi su quanti dei problemi che affliggono Porsche siano realmente eventi una tantum, limitati al solo 2025". JPMorgan ha inoltre suggerito che "il gruppo potrebbe aver scelto di concentrare tutti i problemi ora per facilitare un ritorno a margini a doppia cifra nel 2026".

Citi mantiene una raccomandazione "buy", pur riconoscendo una serie di criticità. Gli esperti hanno sottolineato che "il gruppo ha ancora molto lavoro da fare per dimostrare un maggiore controllo sui propri problemi, segnalando anche l'aumento dei costi straordinari dovuti alla sospensione degli investimenti nelle batterie e all'impatto delle tariffe Usa".

Jefferies mantiene un rating "hold", evidenziando come "la principale sorpresa sia rappresentata dalla svalutazione da circa 500 milioni di euro relativa alla controllata Cellforce, che porta il totale delle spese straordinarie previste per il 2025 a 1,3 miliardi di euro. Nonostante parte delle problematiche fosse già in parte anticipata, la nuova guidance implica comunque rischi di ulteriori ribassi rispetto alle attuali stime di consensus".

Infine, Bernstein ha confermato il rating "market-perform". Gli analisti hanno dichiarato di voler rivedere le proprie previsioni dopo la conference call sui risultati, rilevando che "i dati del primo trimestre non hanno riservato particolari sorprese. Tuttavia, la revisione al ribasso delle previsioni di margine operativo e la decisione di fermare l'espansione della produzione di batterie tramite Cellforce confermano l’attuale fase di difficoltà per Porsche".