El Niño in Europa, meteo subito sconvolto in Italia

Il passaggio da una fase di La Niña a un evento di El Niño rappresenta uno degli snodi più delicati per l’intero sistema climatico globale. Questo cambiamento, che si origina nel Pacifico equatoriale, ha ripercussioni significative anche sull’assetto meteorologico europeo, in particolare sull’area del bacino del Mediterraneo e sull’Italia. Comprendere le dinamiche di questa transizione […] El Niño in Europa, meteo subito sconvolto in Italia

Apr 29, 2025 - 19:06
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El Niño in Europa, meteo subito sconvolto in Italia
Il passaggio da una fase di La Niña a un evento di El Niño rappresenta uno degli snodi più delicati per l’intero sistema climatico globale. Questo cambiamento, che si origina nel Pacifico equatoriale, ha ripercussioni significative anche sull’assetto meteorologico europeo, in particolare sull’area del bacino del Mediterraneo e sull’Italia. Comprendere le dinamiche di questa transizione è cruciale per interpretare fenomeni meteo estremi, variazioni stagionali e tendenze a lungo termine. L’analisi si basa su fonti scientifiche accreditate come la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), il Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine (ECMWF) e diverse pubblicazioni su riviste peer-reviewed come Nature Climate Change e Geophysical Research Letters. La Niña e El Niño sono due fasi opposte del fenomeno noto come ENSO (El Niño-Southern Oscillation), che influisce fortemente sull’equilibrio termico e sulla circolazione atmosferica del pianeta. La Niña raffredda le acque superficiali dell’Oceano Pacifico centro-orientale, mentre El Niño produce un marcato riscaldamento. Questa variazione termica altera la circolazione di Walker, con effetti a cascata che si propagano ben oltre i confini del Pacifico. Secondo la NOAA, il 2024 ha visto concludersi una delle fasi di La Niña più persistenti degli ultimi decenni, durata tre inverni consecutivi. A partire dalla metà del 2024, le anomalie termiche nel Pacifico hanno indicato una progressiva transizione verso una condizione El Niño moderata, confermata anche dal Copernicus Climate Change Service. L’Europa, pur non trovandosi direttamente nel raggio d’azione dell’ENSO, subisce gli effetti teleconnessi di questi eventi tramite modifiche alla circolazione atmosferica planetaria, in particolare al getto polare e all’Oscillazione Nord Atlantica (NAO). Quando si passa da La Niña a El Niño, si osservano i seguenti effetti medi su scala europea: Durante El Niño:
  • L’alta pressione delle Azzorre tende a spostarsi verso nord-est.
  • Si indebolisce il getto zonale atlantico, con un’ondulazione più accentuata.
  • Le perturbazioni atlantiche possono penetrare più frequentemente verso l’Europa meridionale, intensificando fenomeni precipitativi.
  • Gli inverni risultano spesso più miti e umidi nella fascia centro-meridionale del continente, inclusa l’Italia.
Uno studio pubblicato su Climate Dynamics da Brönnimann et al. (2015) ha evidenziato come gli inverni europei durante El Niño presentino temperature superiori alla media e un aumento della piovosità in Europa sudoccidentale, con una relativa siccità nel Nord Europa e in Scandinavia. Il bacino del Mediterraneo, considerato un hotspot climatico dalla comunità scientifica, risponde in maniera amplificata ai cambiamenti di ENSO. In condizioni di El Niño, il Mediterraneo centro-occidentale sperimenta una maggiore instabilità atmosferica, con un aumento delle piogge autunnali e eventi temporaleschi più intensi, in particolare tra Settembre e Novembre. Secondo quanto riportato dallo studio di Mariotti et al. (2002) pubblicato su Geophysical Research Letters, durante El Niño la circolazione atmosferica nella regione mediterranea favorisce l’afflusso di aria umida subtropicale, che si scontra con masse d’aria più fredde in arrivo da nord. Questo contrasto intensifica la genesi ciclonica nel Mar Tirreno e nel Mar Ligure, aumentando la frequenza di alluvioni lampo e fenomeni di medicane (uragani mediterranei). In Italia, l’effetto di un El Niño in fase attiva tende a manifestarsi con inverni più piovosi e miti al Centro-Sud, mentre il Nord può rimanere parzialmente protetto da barriere orografiche e anticicloniche. Durante le fasi transitorie verso El Niño, in particolare nei primi mesi di consolidamento del fenomeno, l’Italia centro-meridionale è spesso sede di un’attività ciclonica intensa, soprattutto nelle zone di Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania e Puglia. Le precipitazioni possono risultare al di sopra della media del periodo, con accumuli anche superiori ai 100 mm in 24 ore, come già osservato durante eventi El Niño passati, ad esempio nel 1997-1998 e nel 2009-2010. Uno studio del CNR-ISAC (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima) condotto nel 2019 ha confermato che le anomalie positive delle SST (Sea Surface Temperature) nel Mediterraneo associate a El Niño intensificano l’evaporazione e la convezione atmosferica, alimentando temporali autorigeneranti e fenomeni di flash flood. Man mano che l’evento El Niño progredisce, la stagione primaverile e soprattutto l’estate vedono un maggiore contributo dell’anticiclone subtropicale africano, che può estendersi con maggiore frequenza e intensità verso l’Europa meridionale, determinando ondate di calore estreme con temperature che possono superare facilmente i 40°C nelle aree interne della Sardegna, della Puglia e della Basilicata. Questa configurazione è ben documentata anche nei report del Copernicus Climate Bulletin, che ha rilevato negli anni caratterizzati da El Niño un’anomalia termica positiva media tra +1,5°C e +2,5°C sulle regioni meridionali italiane nei mesi estivi. L’influenza del passaggio da La Niña a El Niño si riflette anche nei regimi eolici e nella stabilità dell’aria. Il vento di scirocco, caldo e umido, tende a presentarsi con maggiore frequenza lungo il versante adriatico e sul basso Tirreno, mentre il maestrale è meno dominante a causa del rallentamento del flusso atlantico. Nel complesso, l’atmosfera risulta più instabile, con un maggiore indice CAPE (Convective Available Potential Energy), che misura il potenziale convettivo. Valori di CAPE superiori ai 1000 J/kg, più comuni durante i periodi El Niño, sono un indicatore di una maggiore propensione allo sviluppo di supercelle temporalesche, con rischio di grandinate e downburst. Le implicazioni non si limitano al breve termine. Il cambiamento del regime meteo causato da El Niño può avere ripercussioni a lungo termine sulla disponibilità idrica e sulla produttività agricola. Le coltivazioni tipiche del Mezzogiorno, come olivo, vite, agrumi e ortaggi, risentono della variabilità idrica: abbondanza di piogge in inverno seguita da siccità e calore estivo può causare stress idrico e fitopatologie. Il CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria) ha più volte sottolineato come eventi ENSO possano compromettere la stabilità del raccolto, modificando anche i calendari di semina e raccolta. Monitorare con precisione la transizione da La Niña a El Niño è fondamentale per mettere in atto strategie di mitigazione del rischio meteo. In Italia, l’integrazione dei dati provenienti da Copernicus, NOAA e le previsioni stagionali di ECMWF permette una sempre maggiore accuratezza nella previsione di scenari meteo a medio e lungo termine. L’impiego combinato di modelli dinamici e modelli statistici consente di anticipare le tendenze meteo stagionali con mesi di anticipo, fornendo indicazioni cruciali per la protezione civile, la gestione delle risorse idriche, la pianificazione agricola e il settore energetico.

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