Startup, investitori, istituzioni: a Roma nasce la nuova economia dell’innovazione
Roma chiama il mondo delle startup per valorizzare talenti, connettere idee ed elaborare soluzioni per l’ecosistema degli innovatori italiani, in linea con l’economia del XXI secolo. Al Ministero delle Imprese e Made in Italy la giornata del 6, un Founder Summit alla sera all’ultimo piano di Stazione Termini, e poi al Gazometro il 7 e [...]

Roma chiama il mondo delle startup per valorizzare talenti, connettere idee ed elaborare soluzioni per l’ecosistema degli innovatori italiani, in linea con l’economia del XXI secolo. Al Ministero delle Imprese e Made in Italy la giornata del 6, un Founder Summit alla sera all’ultimo piano di Stazione Termini, e poi al Gazometro il 7 e 8 maggio, si terrà la seconda edizione della Rome Startup Week, organizzata da Roma Startup – il think & action tank senza scopo di lucro che da oltre tredici anni lavora per promuovere la nascita e lo sviluppo di nuove startup innovative in Italia – insieme a Future4Comunicazione, Orange Media Group e The Grothw Kitchen.
StartupItalia è media partner dell’evento. Proprio il Gazometro – sede di Rome Advanced District – è ormai uno spazio di valorizzazione dell’ecosistema delle startup italiane, avendo ospitato nei giorni scorsi SIOS Road di StartupItalia.
La Rome Startup Week è dedicata all’industria e alla società dell’innovazione, per favorire l’incontro tra capitale umano, finanziario e nuove idee. L’obiettivo è costruire fiducia, valorizzando una mentalità collaborativa per superare i localismi tra ecosistemi territoriali. Un’occasione per far crescere l’economia dell’innovazione italiana attraverso alleanze tra pubblico e privato.
Durante la Rome Startup Week si terrà anche il primo Policy Hackathon con il Governo Italiano, organizzato da Roma Startup e dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy: esperti, stakeholder e decisori lavoreranno insieme per proporre soluzioni legislative rapide e innovative. L’intenzione è di accelerare la crescita delle startup tecnologiche e degli investimenti in Venture Capital in Italia, proponendo idee e riflessioni da inserire in un percorso legislativo, in grado di adottare soluzioni funzionali all’economia dell’innovazione del XXI secolo.
Ne abbiamo parlato con Gianmarco Carnovale, Presidente di Roma Startup, che da svariate legislature collabora con referenti politici istituzionali, come esperto sui temi dell’innovazione e delle startup.
«La Rome Startup Week si rivolge a due livelli differenti di interlocutori: da un lato c’è l’industria dell’innovazione, formata da operatori, investitori e fornitori di servizi che animano i vari ecosistemi territoriali e facilitano l’incontro tra capitale umano e capitale finanziario. Dall’altro lato, c’è la società dell’innovazione composta da chi consuma innovazione e, grazie all’apertura culturale al ‘guardare avanti’, genera nuovi innovatori – commenta Carnovale –. Vogliamo dialogare con entrambi per favorire la crescita dell’economia dell’innovazione nel nostro Paese. Puntiamo a costruire fiducia, facendo emergere i player di valore da tutti gli ecosistemi territoriali italiani, selezionando chi ha una mentalità aperta e collaborativa. Vogliamo dare spazio a chi non vede l’innovazione come un gioco a somma zero – Torino contro Milano, Milano contro Roma – ma a chi crede in modelli di collaborazione, dove si lavora insieme per creare valore aggiunto e impatto. Alla Rome Startup Week sono di casa tutti quelli che credono nell’alleanza tra pubblico e privato, così come sono i benvenuti coloro che vedono founder, incubatori, acceleratori e investitori come membri di un’unica squadra che rema nella stessa direzione. È un’opportunità per l’ecosistema di far sentire finalmente la propria voce e provare ad avere un vero impatto. Se questa volta sapremo giocare bene, come una squadra, e sfruttare il fatto che anche il legislatore ha iniziato a fidarsi di questo percorso, potremo puntare a diventare grandi».
Il primo Policy Hackathon che cambia le regole dell’innovazione
er diventare grandi è necessario rimuovere ostacoli, mettendo a sistema risorse e sensibilità diverse, in un quadro nel quale pubblico e privato, istituzioni, associazioni, investitori e founder decidono finalmente di giocare nella stessa squadra. E la prima partita che verrà disputata da questa nuova collaborazione si giocherà proprio alla Rome Startup Week, lanciando il primo Policy Hackathon pubblico-privato con il Governo.
Anche StartupItalia sarà in campo, a fianco della Rome Startup Week, per contribuire a costruire un ecosistema più forte, inclusivo e interconnesso: fare sistema è la chiave per trasformare le buone idee in progetti concreti, capaci di generare innovazione e crescita.
«Alla Rome Startup Week lanceremo anche il primo Policy Hackathon sull’ecosistema, per elaborare proposte da inserire in un percorso legislativo a supporto dell’ecosistema startup che ci renda competitivi a livello globale – commenta Gianmarco Carnovale -. Il format dell’hackathon è innovativo: mette allo stesso tavolo legislatori e stakeholder, permettendo un confronto aperto e immediato. Così si può misurare subito il consenso sulle proposte, senza dover passare attraverso procedure lunghe e complesse. È un modo efficace per capire in tempo reale la solidità, la coerenza e la rilevanza di ogni idea. L’idea del Policy Hackathon è nata a Bruxelles, grazie al lavoro con Allied for Startups, l’associazione globale degli ecosistemi startup, di cui sono stato co-fondatore. Abbiamo iniziato a discuterne con la Commissione Europea all’inizio di gennaio costruendo un hackathon che si è svolto il 28 marzo e, in parallelo, ho proposto al Ministero delle Imprese e del Made in Italy di organizzare un’iniziativa speculare. Alla Rome Startup Week vogliamo generare idee di valore da condividere in sede istituzionale, per rimuovere i colli di bottiglia burocratici e favorire l’innovazione e la crescita delle startup italiane».
Paura di rischiare e pensare in piccolo: così l’Italia frena la sua innovazione
La Rome Startup Week si inserisce in un ecosistema – quello degli innovatori italiani – che alterna slanci di entusiasmo, creatività e balzi inattesi, a una bassa propensione al rischio e visione di breve periodo. Nel primo trimestre del 2025, in Italia sono stati investiti 270 milioni di euro in startup, contro i 355 milioni del quarto trimestre 2024, distribuiti in 88 round d’investimento. Nel 2024, le nostre startup non hanno perso la loro capacità di attrarre finanziamenti sia italiani che internazionali: il volume degli investimenti ha raggiunto 1.3 miliardi di euro raccolti. Numeri che mostrano un leggero miglioramento rispetto allo scorso anno, ma si deve (e si può) fare molto meglio.
«Uno dei limiti principali dell’ecosistema italiano è che spesso i protagonisti puntano al breve termine: cercano di ottenere il massimo subito, senza costruire basi solide, finendo per desertificare l’ambiente. A questo si aggiunge molta improvvisazione: c’è chi non capisce che oggi si compete su scala globale, con regole comuni. Certo, possiamo avere meno risorse rispetto agli Stati Uniti, ma le regole del gioco sono le stesse. È come nel calcio: se vuoi qualificarti alla Champions League o al Mondiale, devi giocare secondo le regole, costruendo squadre forti, selezionando talenti e lavorando con pazienza. Se localmente giochi con regole disallineate, non potrai mai competere davvero internazionalmente. In Europa, e in particolare in Italia, abbiamo una bassissima propensione al rischio, ed è un problema culturale profondo, così come è ancora forte l’idea che una startup sia l’inizio di una PMI, anziché un tentativo sperimentale di dar vita ad una grande impresa. L’avversione al rischio è ancora molto forte, soprattutto nell’Europa centro-meridionale, mentre i Paesi nordici stanno iniziando a comprendere meglio le dinamiche del rapporto rischio/rendimento del venture business. Negli Stati Uniti, invece, sanno bene che il rischio più grande, per gli investitori, è proprio quello di non rischiare: preferiscono puntare su molte startup ad altissima ambizione sapendo che, anche se otto su dieci falliranno, una o due potranno esplodere e ripagare tutti gli investimenti. Qui invece si ragiona all’opposto: l’obiettivo sembra essere evitare i fallimenti, si guarda ad attutire il rischio di perdita del singolo investimento quando invece il vero approccio dovrebbe essere investire su un ampio numero di progetti che ambiscano a trasformare settori e modelli di consumo, sapendo che il successo non si può prevedere in anticipo. Unire coraggio, talento, ambizione e capacità di guardare ad opportunità trasformative globali è il prerequisito sia per investire che per raccogliere capitale di rischio nell’innovazione».