Pio IX, quasi un re. Dalle riforme alla fuga: il pontificato più lungo
Protagonista, suo malgrado, del Risorgimento. Si definì "prigioniero politico". Proclamò i dogmi dell’Immacolata Concezione e dell’infallibilità papale.

Roma, 4 maggio 2025 – Spesso il Papa ha rappresentato anche un attore politico nella storia italiana, ma certo nessuno quanto papa Pio IX, al secolo Giovanni Maria Battista Mastai-Ferretti, è stato al centro di straordinari cambiamenti nella storia del Paese. Eletto nel 1846 a soli 54 anni, scelse il suo nome in onore del Papa precedente Pio VIII, avviando il più lungo pontificato nella storia della Chiesa (31 anni, 7 mesi e 23 giorni) con evidenti intenzioni riformatrici: insieme a un’amnistia generale per i colpevoli di atti di violenza politica (sono anni di fermento "liberale" anche all’interno dello Stato della Chiesa) Pio IX concesse la libertà agli Ebrei, fino a quel momento segregati nel ghetto, una certa libertà di stampa e l’attenuazione della censura preventiva. La proposta che lo consacrò come figura progressista nell’immaginario dei progressisti e liberali italiani fu tuttavia quella di una "Lega doganale" tra gli Stati italiani preunitari, che si ispirava direttamente al progetto dello "Zollverein" tedesco di dieci anni prima. L’idea incontrò il favore dei Borbone e, con qualche difficoltà, del granducato di Toscana; re Carlo Alberto del Regno di Sardegna prese tempo, confermando il nomignolo di "re tentenna". Ma fu il duca di Modena, ispirato dagli austriaci, a condannare il progetto, concedendo solo una ipotetica libertà di transito sul suo territorio alle merci della futura Confederazione.
La proposta ebbe ampia risonanza e, alla vigilia del 1848, garantì al Papa una notevole notorietà come figura progressista a favore di progetti unitari. Il risveglio per i patrioti italiani fu quindi molto duro quando Pio IX si oppose fermamente alla proclamazione della Repubblica romana del 1848, scegliendo la fuga nel Regno delle due Sicilie presso il sovrano cattolico Ferdinando. Nel contempo, il Papa si appellò alle potenze cattoliche europee, chiedendo la restituzione del potere temporale, trovando il sostegno del francese Luigi Napoleone. La Repubblica romana, diretta dai triumviri Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, che pure aveva garantito ampie tutele al ruolo religioso del pontefice, cadde nel giugno 1849 sotto i colpi dei francesi e il Papa, tornato dopo 17 mesi di esilio, annullò quasi tutti gli atti della Repubblica, compresa ovviamente la Costituzione; ripristinò la pena di morte e, per buona misura, ristabilì l’obbligo di segregazione degli Ebrei all’interno del ghetto. Cercò nel contempo di ammodernare lo Stato, che restava uno dei più arretrati (e popolosi) della penisola, favorendo una discreta crescita economica basata principalmente sulle esportazioni agricole e iniziò opere di bonifica dell’agro romano che successivamente il fascismo si sarebbe intestato.
Sul piano dottrinale nel 1854 proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione e, pochi mesi prima di Porta Pia, quello dell’infallibilità papale. La lotta per l’unità italiana tra il 1859 e il 1861 travolse lo Stato della Chiesa causandone un drastico ridimensionamento: nel 1859 si ebbe l’annessione della Romagna al Regno di Sardegna e, nello stesso anno, anche Perugia si rivoltò instaurando un governo provvisorio. La repressione papale contro Perugia fu terribile: duemila mercenari svizzeri riportarono la città e il suo territorio sotto il controllo pontificio mettendola a ferro e fuoco. Fu l’ultima repressione papale nei territori dello Stato della Chiesa: nel settembre 1860 le truppe piemontesi sconfissero le truppe pontificie a Castelfidardo conquistando Marche e Umbria e lasciando al papa solo il Lazio.
La proclamazione del Regno d’Italia il 17 Marzo 1861 vide l’aperta opposizione del Papa che definì l’iniziativa "propagatrice di infiniti errori e di massime opposte alla fede cattolica". Seguì poi la pubblicazione del "Sillabo" l’8 dicembre 1864, testo con cui il Papa condannava 80 proposizioni, divise in 10 rubriche, contrarie secondo lui alla fede cattolica. La presa piemontese di Roma, il 20 settembre 1870, approfittando del fatto che la Francia era impegnata nello scontro con la Prussia di Bismarck, vide una sessantina di vittime a Porta Pia e un solo, eminente, "prigioniero politico": fino alla sua morte nel 1878 Pio IX si definì tale, rifiutando di riconoscere la conquista di Roma da parte del Regno d’Italia. Nasceva la "Questione romana" che avrebbe avvelenato la politica italiana del Regno e caratterizzato, con le sue conseguenze, anche la politica repubblicana fino a oggi.
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