Petrolio, così Trump scombina i piani della Cina e di Chevron in Venezuela

Gli Stati Uniti metteranno un dazio del 25 per cento ai paesi che acquistano petrolio e gas dal Venezuela: la Cina è di gran lunga la maggiore importatrice. La società americana Chevron dovrà lasciare il paese, ma Trump le ha dato più tempo. Cosa cambia per Eni?

Mar 25, 2025 - 13:02
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Petrolio, così Trump scombina i piani della Cina e di Chevron in Venezuela

Gli Stati Uniti metteranno un dazio del 25 per cento ai paesi che acquistano petrolio e gas dal Venezuela: la Cina è di gran lunga la maggiore importatrice. La società americana Chevron dovrà lasciare il paese, ma Trump le ha dato più tempo. Cosa cambia per Eni?

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per imporre un dazio commerciale del 25 per cento a tutti i paesi che acquistano petrolio o gas naturale dal Venezuela.

L’IMPATTO SU CHEVRON, SULLA CINA E SUL REGIME DI MADURO

La mossa colpisce soprattutto la Cina, la principale acquirente del greggio venezuelano. E colpisce anche la compagnia petrolifera statunitense Chevron, che opera nel paese dal 2022 ma che dovrà abbandonare le sue attività entro il 27 maggio, quando scadrà la licenza governativa.

Trump ha accusato il regime del presidente Nicolas Maduro di aver inviato negli Stati Uniti “decine di migliaia” di persone dalla “natura molto violenta”: una decina di giorni fa sono stati espulsi oltre duecento venezuelani accusati di appartenere a due organizzazioni criminali.

Il Venezuela, già sotto sanzioni e dipendente dalle rendite petrolifere, ha parlato dell’ordine esecutivo sui dazi come di una “nuova aggressione” da parte di Washington.

LE CONSEGUENZE DEI DAZI SUL PETROLIO DEL VENEZUELA

Il dazio del 25 per cento sui paesi acquirenti di petrolio venezuelano, anche da terze parti, entrerà in vigore il 2 aprile, scadrà un anno dopo l’ultima importazione e si sommerà alle tariffe già imposte.

L’annuncio di Trump ha provocato un modesto aumento dei prezzi del petrolio, subito moderato però dall’estensione della finestra temporale per l’uscita di Chevron dal Venezuela (27 maggio, anziché 3 marzo).

Il petrolio è importantissimo per la fragile economia del Venezuela, di cui rappresenta l’esportazione principale. Più della metà del greggio venduto dal paese finisce in Cina, che a febbraio ne ha acquistati oltre 500.000 barili al giorno. La Cina, peraltro, è già soggetta ai dazi commerciali americani del 20 per cento.

Anche l’India e Cuba acquistano petrolio venezuelano, oltre agli stessi Stati Uniti, vista la collaborazione tra Chevron e la compagnia statale Pdvsa: il Venezuela produce una qualità di petrolio pesante ricercata dai raffinatori americani.

E L’ITALIA?

Nel 2022, grazie all’alleggerimento delle sanzioni statunitensi, Eni e la società petrolifera spagnola Repsol avevano ripreso a importare petrolio dal Venezuela, dopo due anni di pausa. Stando agli ultimi dati di Unem, non risulta che nel 2025 l’Italia abbia ricevuto greggio dal paese sudamericano.

IL PETROLIO RUSSO E LE NUOVE SANZIONI SULL’IRAN

Anche se non è chiaro in che modo l’amministrazione Trump monitorerà i flussi di petrolio venezuelano per imporre i dazi, già si pensa che l’ordine esecutivo potrebbe creare degli spazi sul mercato per il greggio russo.

La settimana scorsa, inoltre, gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni sull’industria petrolifera dell’Iran, cercando di colpire soprattutto le esportazioni verso le piccole raffinerie indipendenti cinesi, che sono pressoché slegate dal sistema finanziario statunitense e dunque poco vulnerabile alle sanzioni.

Pur possedendo grandi riserve (circa il 17 per cento del totale globale), il Venezuela produce poco petrolio a causa delle condizioni critiche della sua industria: nel 2024 il suo output è stato di 875.000 barili al giorno, meno dell’1 per cento di tutta la produzione petrolifera mondiale.