Perché Volvo della cinese Geely avvia la produzione di auto elettriche in Belgio
La decisione di Volvo (e della controllante Geely) di portare la produzione della Suv elettrica da Zhangjiakou al Belgio pare una vittoria insperata della Ue in casa propria. Ma la situazione è un po' più complessa: la Cina sta infatti vietando ai propri marchi come ritorsione di investire nei Paesi che hanno votato per i dazi Ue sulle auto elettriche. E il Paese fiammingo si era astenuto

La decisione di Volvo (e della controllante Geely) di portare la produzione della Suv elettrica da Zhangjiakou al Belgio pare una vittoria insperata della Ue in casa propria. Ma la situazione è un po’ più complessa: la Cina sta infatti vietando ai propri marchi come ritorsione di investire nei Paesi che hanno votato per i dazi Ue sulle auto elettriche. E il Paese fiammingo si era astenuto
Una vittoria, almeno in apparenza, in casa per Bruxelles. Questa la sintesi politica che si potrebbe fare in riferimento alla decisione industriale della svedese Volvo di avviare la produzione della propria automobile elettrica EX30 nelle Fiandre orientali. A un primo sguardo distratto non sembra esserci alcuna notizia di rilievo circa la volontà di un marchio europeo di produrre vetture nel cuore del Vecchio continente. Non bisogna però dimenticare che alla guida di Volvo da oramai 15 anni ci sono i cinesi di Geely, azionisti di maggioranza anche di Polestar, Lynk&Co e Lotus. E così alla luce dei dazi fortemente voluti dalla Ue lo scorso ottobre contro il parere di alcuni Paesi membri (su tutti la Germania, con la scontata opposizione dell’Ungheria di Viktor Orban) la Ue pare incassare una piccola ma significativa vittoria proprio in Belgio, cuore dell’Europa politica, con Volvo che vi avvierà la produzione della sua Suv compatta a batterie.
VOLVO PORTA LA EX30 DALLA CINA AL BELGIO
Il motivo è scontato: evitare i balzelli doganali eretti dagli europei alla frontiera lo scorso autunno. Finora, il modello elettrico era prodotto solo nell’impianto che Geely ha a Zhangjiakou, nella provincia dell’Hebei. La decisione di Volvo di trasferire la EX30 in Belgio porterà alla creazione di circa 350 nuovi posti di lavoro e all’incremento degli organici a quasi 6.600 dipendenti. Senza considerare che per dare attuazione al trasloco Volvo ha investito circa 200 milioni di euro così da ammodernare l’impianto in Belgio e adeguarlo allo sviluppo della relativa piattaforma.
LA CINA NON DIMENTICA
Geely è dunque tra le prime Case cinesi ad avviare la produzione in Europa per sfuggire ai dazi: una sterzata sul proprio piano industriale concessa da Pechino che parallelamente sta disincentivando altri marchi a effettuare analoghi investimenti in Paesi che hanno votato a favore dei dazi (Italia, Francia, Polonia, Paesi Bassi, Irlanda, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Lituania e Lettonia).
Che la Cina abbia segnato i 10 Stati sulla propria agenda nera lo proverebbe il recentissimo e a tratti inspiegabile dietrofront di Stellantis in Polonia, col gruppo italo-francese che di colpo ha interrotto la produzione delle Leapmotor cinesi che distribuisce nell’impianto di Tychy per trasferirle altrove, forse in Spagna.
IL “SACRIFICIO” DEI DIECI
Al contrario il Belgio sulla questione dei dazi alla Cina aveva preferito astenersi assieme a Repubblica Ceca, Finlandia, Grecia, Spagna, Croazia, Cipro, Lussemburgo, Austria, Portogallo, Romania e Svezia. Un atteggiamento prudenziale subito premiato da Pechino che ha così acceso il semaforo verde a Geely per l’investimento dell’impianto nei pressi della città di Gand.
Parallelamente, dopo che il premier spagnolo Pedro Sanchez a settembre si era speso a favore di un dialogo commerciale con la Cina (“Non abbiamo bisogno di un’altra guerra, in questo caso una guerra commerciale. Penso che dobbiamo costruire ponti tra l’Unione europea e la Cina, e dalla Spagna quello che faremo è essere costruttivi e cercare di trovare una soluzione, un compromesso, tra la Cina e la Commissione europea”) a fine novembre è partita la joint-venture tra la cinese Chery ed EV Motors. Un’alleanza annunciata ad aprile, certo, ma a quanto pare incerta fino all’ultimo.
Chi è dunque intenzionato a far passare l’arrivo delle auto elettriche Volvo in Belgio per una vittoria politica della Ue sulla Cina dovrà ricredersi: le carte continuano a darle i cinesi e i prossimi investimenti asiatici in un Vecchio continente mai così in affanno sul fronte industriale seguiranno con ogni probabilità l’elenco dei Paesi che non hanno voluto chiudere le porte in faccia a Pechino, premiando anzitutto i contrari (Germania, Ungheria, Malta, Slovenia e Slovacchia). Grazie al “no” sacrificale dei 10 Stati (tra cui il nostro) quelli che hanno votato per la Cina beneficeranno delle iniezioni di liquidità che provengono dall’Estremo oriente, producendo per Pechino auto cinesi che invaderanno le strade comunitarie mettendo comunque in difficoltà i produttori autoctoni. L’argine dei dazi insomma sembra essere servito a poco: i Paesi Ue che ci hanno creduto dovranno augurarsi che il Dragone non abbia la memoria lunga.