Perché i muskiani attaccano Gaia-X?

A che punto è il progetto europeo Gaia-X che mira a creare un ecosistema di dati federato e affidabile? Se lo chiede Andrea Stroppa, principale collaboratore di Elon Musk in Italia, a quasi cinque anni dal suo lancio

Feb 12, 2025 - 17:28
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Perché i muskiani attaccano Gaia-X?

A che punto è il progetto europeo Gaia-X che mira a creare un ecosistema di dati federato e affidabile? Se lo chiede Andrea Stroppa, principale collaboratore di Elon Musk in Italia, a quasi cinque anni dal suo lancio

Che fine ha fatto Gaia-X, la piattaforma di cloud computing europea creata per ridurre la dipendenza dell’Ue dai giganti della Silicon Valley?

Se lo chiede il super muskiano Andrea Stroppa, informatico trentenne di Roma, principale collaboratore di Elon Musk in Italia.

Lanciata nel 2020 con la collaborazione degli Stati membri e delle aziende, l’obiettivo del progetto non è dare vita infatti a una nuova piattaforma con cui fare concorrenza a Microsoft o Google quanto prevedere una serie di regole comuni per gestire infrastrutture e data spaces per le imprese europee.

All’epoca della fondazione, l’allora ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, aveva proclamato l’importanza di Gaia-X per “costruire l’Europa dell’indipendenza digitale”. Secondo gli auspici dell’allora ceo Francesco Bonfiglio, nel 2022 Gaia-X avrebbe dovuto dare il via alla fase dell’adozione, con lo sviluppo e la crescita di progetti comuni.

Nel frattempo, erano cresciute le preoccupazioni sul fatto che il progetto, promosso in particolare da Francia e Germania per inaugurare l’era di sovranità digitale europea rispetto alle piattaforme e aziende extra-Ue, stesse aprendo la porta alle grandi tecnologie straniere.

Già nel 2021 il progetto è stato criticato da diversi dei suoi membri, che lo hanno accusato di essere lento, ricorda Politico. Basta guardare il sito italiano oggi, con l’ultimo articolo datato luglio 2023, che fa sembrare il progetto ormai arenato…

Tutti i dettagli.

IL POST DEL REFERENTE ITALIANO DI MUSK ANDREA STROPPA

Mentre l’Italia sta puntando a Starlink, il servizio di Internet satellitare di SpaceX di Musk, per le comunicazioni governative sicure, Stroppa (il referente italiano del magnate americano) sta usando la piattaforma X (ex Twitter oggi di proprietà di Musk) per fare il punto della situazione tra le tecnologie

Per esempio, il referente del patron di Tesla e SpaceX nel nostro paese, aveva spiegato in un post su X che l’accordo avrebbe fatto risparmiare all’Italia più di 8 miliardi di euro e sarebbe stato operativo in pochi mesi, rispetto agli 8-10 anni dei concorrenti che ancora non hanno il servizio. Il riferimento è a Iris2, l’iniziativa della Commissione europea con cui l’Ue mira a posizionarsi nella gestione dei sistemi satellitari in cui attualmente spadroneggia Starlink. Se SpaceX ha già dispiegato oltre 6mila satelliti Starlink nello spazio (la metà di quelli in orbita), per Iris2 si punta a raggiungere la piena operatività nei primi anni del 2030.

Dopo aver annunciato una pausa dal dibattito pubblico su Starlink, Stroppa ha colto ieri l’occasione per attaccare un altro progetto europeo: “Vi ricordate il cloud europeo Gaia-X? Progetto franco tedesco costato qualche miliardino dei cittadini europei. A cosa è servito? Mistero”.

https://twitter.com/andst7/status/1889200728469618947

COS’È GAIA-X

In effetti è da un po’ che non si parla del progetto di formulazione di norme europee sul cloud.

No, Gaia-X non è il cloud sovrano che molte aziende e osservatori stavano aspettando, ricorda Les Echos. Gaia-X fa parte del tentativo dell’Europa di controllare il modo in cui i suoi dati sono protetti e di contrastare le pratiche sleali nel settore del cloud, aggiunge Politico.

Dunque l’iniziativa europea mira a creare un ecosistema federato e affidabile di dati e servizi cloud. Fondata nel 2020 con l’obiettivo di garantire la sovranità dell’Europa nel settore dei dati, promuovendo l’indipendenza e l’interoperabilità.

L’obiettivo è quello di fornire un quadro di verifica della conformità che consente la valutazione e la certificazione di dati e servizi digitali, sulla base di valori europei comuni quali sicurezza, privacy e trasparenza. Inoltre, grazie a uno standard aperto, Gaia-X consente – secondo i promotori – l’integrazione e la federazione di dati e infrastrutture distribuite, migliorando l’utilizzo dei dati provenienti da molti settori, come l’industria, la sanità e l’energia.

Non si tratta quindi di parlare di tecnologia, ma piuttosto di definire le regole da applicare ai dati: quali dati condividere? Con chi, a quale scopo, per quale durata e con quale livello di sicurezza?

MICROSOFT, GOOGLE E AMAZON TRA I 300 MEMBRI DI GAIA-X

Dalla sua fondazione nel giugno 2020, Gaia-X ha aumentato i suoi membri dai 22 membri fondatori originali a 310, comprese le grandi aziende tecnologiche come Microsoft, Google, Amazon e IBM. Ciò ha suscitato polemiche quando aziende e attivisti digitali hanno avvertito che Gaia-X potrebbe finire per essere un “cavallo di Troia”.

Ricordiamo comunque che le aziende straniere possono aderire al consorzio, ma nel board non può sedere nessun esponente di aziende extra-Ue.

LA SPONSORIZZAZIONE DI HUAWEI E ALIBABA NEL 2021

Come ricordava Euractiv, con Huawei e Alibaba sponsor del vertice Gaia-X del 2021 sono cresciute le preoccupazioni sul fatto che l’Europa stia perdendo la presa sul suo progetto.

“Così com’è ora, Gaia-X non aiuterà a promuovere il passaggio al cloud e l’interoperabilità tra i fornitori di servizi cloud e non risolverà gli effetti di blocco”, aveva detto a Euractiv una fonte anonima che ha lavorato al progetto in passato.

A CHE PUNTO È IL PROGETTO OGGI?

A cinque anni dal suo lancio a che punto siamo? Come già detto, secondo l’allora ceo Bonfiglio, nel 2022 Gaia-X avrebbe dovuto dare il via alla fase dell’adozione.

“Siamo nella fase di adozione di Gaia-X” ha spiegato in una recente intervista Alberto Palomo, Chief Strategy Officer di, Gaia-X AISBL, l’associazione europea di Gaia-X.

Secondo Palomo, sono stati fatti grandi passi avanti dal 2020 con la costituzione dell’organizzazione e creazione del primo Proof of Concept nel 2021, lo sviluppo del Gaia-X Digital Clearing House (GXDCH), un componente tecnico centrale nel 2023 e l’espansione di GXDCH a 10 provider in Europa e Giappone nel 2024.

“La prossima sfida è quella di integrare il framework in grandi progetti di mercato, creando un “effetto volano”. Inoltre, gli obiettivi includono l’internazionalizzazione dello standard e l’ampliamento della base di utenti” sottolineava Palomo a inizio anno.

LE SFIDE

Nel frattempo, alla guida del consorzio Gaia-X a Bonfiglio è succeduto a fine 2023 Ulrich Ahle. Secondo Ahle una delle principali sfide è propri quella di “chiarire il valore dell’adesione a Gaia-X ai membri attuali e potenzia”.

“Forse c’era l’impressione che volessimo creare un concorrente per gli hyperscaler e creare il nostro cloud europeo”, ha affermato Ahle in un’intervista a margine del Gaia-X summit 2024 a Helsinki lo scorso novembre. “Ma la vera intenzione in quello che stiamo facendo è definire politiche e regole per l’Europa basate sui valori europei, e questi servizi possono anche essere forniti dagli hyperscaler”.

“È anche un’opportunità per i fornitori di servizi cloud europei perché possono fornirla in base ai loro servizi standard. Sono, per definizione, fornitori di servizi cloud europei, ed è molto più facile per loro poiché hanno un vantaggio di mercato nel fornire servizi sovrani. Sono i non europei che devono adattare i loro modelli di business nei loro dipartimenti e nelle loro organizzazioni” ha sottolineato il ceo di Gaia-X.

La sfida quindi resta l’adesione. Un esempio notevole può essere trovato in Airbus che sta sviluppando uno spazio dati aerospaziale che gli consentirà di scambiare dati con le sue migliaia di fornitori, appaltatori e Oem. La parte complessa del processo, come ha osservato Catherine Jestin, vicepresidente esecutivo del digitale presso Airbus e presidente del cda di Gaia-X, non è nella creazione dello spazio dati ma “nell’inserimento dei 10.000 fornitori”.

Come riporta la testata Datacenterdynimcs, si stima che se il 10% delle gare d’appalto cloud specificasse etichette Gaia-X, potrebbe creare un’opportunità annuale di 20 miliardi di euro per i provider cloud europei. Resta tutto in capo a quel “se”.