Perché i dazi Usa in Giappone non fanno paura

Il Giappone dovrebbe essere una delle grandi economie meno colpite dalla minaccia dei dazi. L'analisi di Daisuke Nomoto di Columbia Threadneedle Investments.

Mar 16, 2025 - 11:02
 0
Perché i dazi Usa in Giappone non fanno paura

Il Giappone dovrebbe essere una delle grandi economie meno colpite dalla minaccia dei dazi. L’analisi di Daisuke Nomoto di Columbia Threadneedle Investments

Per la prima volta dal 1905, tutti i partiti politici in carica nelle economie sviluppate candidatisi alla rielezione nel 2024 hanno perso consensi. In Giappone, il Partito Liberal Democratico (LDP) al governo ha perso la maggioranza alle elezioni, ma la coalizione di governo resta il blocco più grande alla Camera dei rappresentanti. Possiamo mettere in conto una certa volatilità di mercato dovuta all’incertezza; tuttavia, riteniamo altamente improbabile che l’agenda di misure pro-mercati venga compromessa. Per fornire un po’ di contesto, l’LDP ha conferito stabilità alla politica giapponese per tutto il decennio precedente e ha attuato una serie di riforme della corporate governance e del lavoro (tramite leggi strutturali irreversibili) che cambieranno il volto dell’imprenditoria nipponica nel prossimo decennio.

Dall’altra parte del Pacifico, le elezioni statunitensi hanno dominato la scena politica nel quarto trimestre del 2024, con gli investitori intenti a soppesare le implicazioni di un secondo mandato Trump. Storicamente, investire in Giappone significa puntare sulla crescita globale, e l’indice dovrebbe mettere a segno performance soddisfacenti in caso di ripartenza dell’economia statunitense – una delle priorità di Trump. La ripresa della spesa in conto capitale negli Stati Uniti, la riaccelerazione della produzione americana e una crescita più sostenuta a livello globale dovrebbero favorire le imprese nipponiche. Tuttavia, l’entità della ripartenza statunitense dipenderà sicuramente dalla portata dei dazi statunitensi, che l’amministrazione entrante utilizzerà come strumento di negoziazione.

A prescindere da ciò, il Giappone dovrebbe essere una delle grandi economie meno colpite dalla minaccia dei dazi, grazie all’ampio ricorso alla delocalizzazione e alle sue relazioni geopolitiche. Per esempio, la casa automobilistica giapponese Honda ha costruito il suo primo stabilimento negli Stati Uniti nel 1981 e rifornisce il mercato statunitense prevalentemente con prodotti fabbricati localmente. All’incirca nello stesso periodo Toyota ha aperto degli impianti di assemblaggio negli Stati Uniti e produce tuttora i suoi celebri modelli ibridi in America. Se consideriamo i rincari percentuali necessari per coprire i dazi automobilistici di Trump, i produttori giapponesi Honda e Toyota risulterebbero meno colpiti della casa automobilistica statunitense Ford. Questa stima si basa sull’ipotesi di dazi del 25% su auto e componenti provenienti da Messico e Canada, del 60% sulla Cina e del 20% sul resto del mondo.

Un ciclo virtuoso di crescita salariale e inflazione

L’impegno della Bank of Japan (BoJ) nel conseguire un ciclo positivo di crescita dei salari e dell’inflazione ha il potenziale per dare il via alla nuova era di espansione economica del Giappone. Molti scettici dubitavano che un simile obiettivo potesse essere raggiunto, ma negli ultimi 12 mesi abbiamo assistito a un tasso d’inflazione sostenibile superiore al 2% e a un tasso di crescita salariale di poco superiore al 3%. Abbiamo ora buone ragioni per ritenere che l’inflazione giapponese non sia un fenomeno temporaneo, ma stia assumendo contorni più duraturi grazie a un circolo virtuoso tra salari e prezzi, indicante una crescita sostenuta del PIL nominale. Ciò dovrebbe continuare a sostenere un ciclo economico positivo in quanto spronerà le aziende a potenziare gli investimenti nella crescita e a migliorare l’efficienza del capitale. Alcuni investitori sostengono che uno yen più forte nel 2025 (scenario probabile) minerà il trend favorevole dell’inflazione nipponica. A nostro avviso è improbabile. L’offerta di lavoro in Giappone è limitata – l’età pensionabile è stata alzata, il tasso di partecipazione femminile al lavoro è cresciuto e una riforma radicale della politica sull’immigrazione è altamente improbabile – per cui l’offerta di lavoro dovrebbe rimanere inferiore alla domanda. Prevediamo che ciò renderà possibile una crescita sostenuta di salari e inflazione anche in caso di rafforzamento dello yen, che difficilmente riporterà la tendenza di fondo dei prezzi alla deflazione. Il PIL nominale del Giappone è sfuggito all’equilibrio deflazionistico e ha avviato una traiettoria di crescita moderata, supportato da una crescita sostenibile dei salari.

Le favorevoli dinamiche salari-prezzi sottostanti dovrebbero comportare un’ulteriore normalizzazione delle politiche della BoJ, e prevediamo rialzi incrementali nel corso del 2025. In un contesto i cui le banche centrali degli altri Paesi allentano la politica monetaria, ciò dovrebbe provocare un rafforzamento dello yen. Sebbene le scommesse sui cambi non rientrino nelle nostre competenze, siamo consapevoli che lo yen giapponese è un fattore che incide sui fondamentali societari, in quanto uno yen più debole avvantaggia i settori orientati alle esportazioni e mette sotto pressione le imprese dipendenti dal mercato interno, mentre uno yen più forte ha l’effetto contrario. Durante gli anni della deflazione, le aziende giapponesi hanno compiuto uno sforzo notevole per ridurre il punto di pareggio del fatturato, per cui oggi sono in grado di generare utili stabili anche quando i fattori esterni, come il tasso di cambio, oscillano.

Conclusioni

Riteniamo che il 2025 abbia in serbo una riaccelerazione per l’economia nipponica, grazie all’enfasi su fattori quali la reflazione, gli aumenti salariali, il miglioramento della governance aziendale e la ripartenza delle attività di fusione e acquisizione. A differenza del passato, anche la crescita degli utili delle aziende dipendenti dalla domanda interna dovrebbe sostenere il mercato giapponese.

A livello macro, riteniamo che il Giappone sarà una delle grandi economie meno colpite dalla minaccia dei dazi statunitensi, grazie all’ampio ricorso alla delocalizzazione e alle sue relazioni geopolitiche. Anche la tesi di lungo termine rimane intatta, in quanto l’imprenditoria nipponica è andata incontro a una trasformazione, passando dal modello dominante negli anni ’80, caratterizzato da una ricerca affannosa di quote di mercato, margini ridotti e investimenti elevati, a un approccio incentrato sui rendimenti e sull’efficienza del capitale.

Riteniamo che le aziende giapponesi versino in condizioni decisamente migliori rispetto ai decenni precedenti. Inoltre, il mercato conserva valutazioni interessanti in termini storici e rispetto alle medie globali. In sintesi, sono tempi decisamente entusiasmanti. Abbiamo un mercato guidato da fondamentali solidi, in cui si prevede un’accelerazione della crescita, e che offre un ampio ventaglio di opportunità interessanti dal punto di vista valutativo per gli investitori attivi come noi.