Palermo, una bambola decapitata nel cantiere dell’asilo mai nato: ancora minacce allo Sperone
Minacce pesanti e ripetute per la ditta che stava realizzando l’asilo allo Sperone, a Palermo. Alle quali adesso si aggiunge un inquietante messaggio: dell’installazione provocatoria fatta da “Le Rosalie Ribelli” per denunciare lo stato di abbandono dei lavori, sono state tolte tutte le bambole. Ne è rimasta una ed è stata decapitata. Un messaggio intimidatorio […] L'articolo Palermo, una bambola decapitata nel cantiere dell’asilo mai nato: ancora minacce allo Sperone proviene da Il Fatto Quotidiano.

Minacce pesanti e ripetute per la ditta che stava realizzando l’asilo allo Sperone, a Palermo. Alle quali adesso si aggiunge un inquietante messaggio: dell’installazione provocatoria fatta da “Le Rosalie Ribelli” per denunciare lo stato di abbandono dei lavori, sono state tolte tutte le bambole. Ne è rimasta una ed è stata decapitata. Un messaggio intimidatorio per chi ha voluto fare luce sullo stop ai lavori. L’installazione era stata realizzata lo scorso marzo da le “Rosalie Ribelli”, gruppo nato dopo la celebrazione del 400esimo anniversario di Santa Rosalia, composto da Claudia Pilato, Monica Garraffa, Bernardo Tortorici di Raffadali e Antonella Di Bartolo, nota per la sua energica attività nel quartiere dove è preside dell’istituto comprensivo Sperone-Pertini. Ai pali del cantiere il gruppo aveva piazzato delle bambole: lo sguardo dei bambini del quartiere sul degrado. Di quelle bambole ora ne resta una sola, ed è senza testa.
Un avvertimento che a Palermo acquisisce un significato particolare: dietro lo stop ai lavori per la realizzazione dell’asilo nido allo Sperone c’è probabilmente il condizionamento della criminalità organizzata. Si allunga dunque l’ombra di Cosa nostra sull’affare da più di 700mila euro di fondi del Pnrr. La ditta che aveva vinto l’appalto dei lavori ha denunciato i tentativi di estorsione e le intimidazioni. Quella che poteva sembrare inerzia amministrativa era, dunque, molto di più: “Appena appreso degli atti intimidatori ai danni della ditta che si sta occupando di realizzare l’asilo con fondi Pnrr, ho subito esposto il caso al Prefetto Mariani e alle forze dell’ordine al tavolo del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica della Prefettura”, ha spiegato il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla. Il primo cittadino è stato giovedì 24 aprile nel quartiere a sud del capoluogo siciliano e ha spiegato come all’origine dello stop ai lavori da parte della ditta, ci fosse il condizionamento mafioso: “Una situazione inaccettabile per la sicurezza dei lavoratori e per il fatto che i ripetuti episodi hanno costretto la ditta, che ha presentato due denunce, a bloccare le opere del cantiere di una struttura che vuole rappresentare un’affermazione di legalità, formazione e cultura nel quartiere”.
La ditta è stata ricevuta dal prefetto “che si è subito reso disponibile a ricevere i rappresentanti della ditta per elevare i livelli di sicurezza del cantiere e far ripartire i lavori”, ha raccontato Lagalla. I lavori erano partiti nel giugno del 2023 e dovevano terminare a giugno del 2025 ma dallo scorso novembre è tutto fermo. L’ennesimo stop, nonostante la lunga battaglia per ottenere “un luogo per i bambini e per alleggerire le mamme”, sottolinea Di Bartolo. Ma era solo l’ultima fase di una storia che parte da molto lontano: l’asilo era stato già realizzato negli anni ’70 ma non era entrato mai in funzione e la struttura era diventata un luogo di spaccio e degrado. Infine, dopo una lunga battaglia mediatica, era partita la demolizione prima e la progettazione del nuovo asilo, poi: “Ci sembrava ormai tutto fatto, sembrava un sogno, e invece…”, racconta la preside. Il nuovo stop lo scorso novembre e pian piano il cantiere è diventato una discarica: “Comprendo il dispiacere e il senso di frustrazione delle famiglie nel vedere il cantiere fermo, ma mi rivolgo a loro – continua il primo cittadino – dicendo che l’amministrazione, insieme alla Prefettura e alle forze dell’ordine, non ha intenzione di arretrare davanti a queste minacce e sta facendo tutto il possibile per far ripartire i lavori in sicurezza”. Un’occasione per dimostrare che lo Stato è presente per Di Bartolo: “Se la causa dell’interruzione dei lavori è il condizionamento mafioso, è ancora di più l’occasione per dimostrare con atti concreti che le istituzioni ci sono. Che non si fanno mettere all’angolo dalla mafia. Ovvero, quello che noi proviamo a insegnare ai nostri bambini e alle nostre bambine, quando subiscono o sono testimoni di prepotenze mancanza di rispetto della dignità altrui”.
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