Opposizione all’esecuzione: quando non rileva il fatto sopravvenuto
L’opposizione a esecuzione per obblighi di fare rappresenta uno strumento giuridico importante per garantire l’adempimento degli obblighi di fare. Tuttavia, in alcuni casi, il debitore può opporsi all’esecuzione adducendo fatti sopravvenuti che renderebbero impossibile l’adempimento coattivo, ossia fatti nati in un momento successivo rispetto a quello in cui si è formato il titolo azionato. La […] L'articolo Opposizione all’esecuzione: quando non rileva il fatto sopravvenuto proviene da Iusletter.

L’opposizione a esecuzione per obblighi di fare rappresenta uno strumento giuridico importante per garantire l’adempimento degli obblighi di fare.
Tuttavia, in alcuni casi, il debitore può opporsi all’esecuzione adducendo fatti sopravvenuti che renderebbero impossibile l’adempimento coattivo, ossia fatti nati in un momento successivo rispetto a quello in cui si è formato il titolo azionato.
La Suprema Corte è, quindi, intervenuta spiegando il concetto di “fatto sopravvenuto impediente”.
Il caso sottoposto alla valutazione degli Ermellini ha avuto origine da un contenzioso tra un Comune ed un Condominio, nel quale quest’ultimo sosteneva di aver subito dei danni dalla rottura del tratto fognario sottostante, di cui riteneva responsabile l’ente locale.
Il Giudice di primo grado dichiarava la responsabilità del Comune, condannandolo alla realizzazione di opere di rifacimento del tratto fognario pubblico a cura dell’ente di gestione del servizio idrico comunale (anch’esso parte del procedimento di merito).
Con atto di precetto notificato, il Condominio intimava al Comune di procedere all’esecuzione forzata delle opere indicate nel titolo esecutivo, rappresentato dalla sentenza del giudice di primo grado.
Avverso l’atto di precetto il Comune proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c. deducendo che l’obbligo di realizzazione del collettore fognario, derivante dalla sentenza, non era giuridicamente attuabile per il diniego opposto dalla società appaltatrice della gestione del servizio idrico, la quale sosteneva l’impossibilità materiale a realizzare le opere descritte nella relazione di consulenza tecnica e nel computo metrico, anch’esse, ovviamente, parti integranti della citata sentenza.
L’opposizione veniva rigettata (successivamente confermata in appello).
La Suprema Corte ha confermato quanto statuito nei precedenti gradi di giudizio, precisando che “in tema di opposizione a esecuzione per obblighi di fare, per “fatto sopravvenuto impediente” – tale da implicare la ineseguibilità del titolo esecutivo giudiziale opposto – non può intendersi né la condotta ostativa o renitente di un soggetto, che è stato parte del giudizio in cui si è formato il titolo giudiziale, giustificata da ragioni che quegli aveva l’onere di sottoporre al giudice di quel medesimo giudizio; ma nemmeno la condotta, ostativa o renitente, di un soggetto, sottoposto a precisi poteri di direzione dell’ente locale o, comunque, all’obbligo di conformarsi alle indicazioni che quest’ultimo, a sua volta legato da un provvedimento giudiziale, gli avesse impartito in concreto” (Cass. civ., sez. III, ord., 6 aprile 2025, n. 9063).
La partecipazione del debitore al giudizio di merito, quindi, rappresenta un elemento fondamentale per valutare la legittimità dell’opposizione all’esecuzione.
Simili condotte non possono essere considerate come “fatti sopravvenuti impedienti” e risultano, altresì, giuridicamente inidonee a fondare una legittima opposizione all’esecuzione, in quanto si tratta di circostanze che avrebbero dovuto essere dedotte nel giudizio di merito o che sono conseguenza diretta di obblighi e responsabilità già definite.
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