Niente contratto per metà dei lavoratori in Italia, aspettano il rinnovo

Nel primo trimestre 2025, 6 milioni di dipendenti aspettano ancora un contratto rinnovato, e mentre i salari nominali salgono, il potere d’acquisto resta ben lontano dal recupero reale

Apr 30, 2025 - 09:35
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Niente contratto per metà dei lavoratori in Italia, aspettano il rinnovo

Nel primo trimestre del 2025, le relazioni industriali in Italia provano a rimettersi in moto. Ma per chi lavora, la sensazione è che l’accelerazione sia più una promessa che una realtà. I contratti si rinnovano, sì, ma a passo lento. A fine marzo, quasi la metà dei dipendenti è ancora senza un contratto aggiornato. L’Istat scatta la solita fotografia puntuale: la tensione non cala, le trattative arrancano, e intanto il potere d’acquisto continua a scivolare.

A pagare l’attesa non sono certo i tavoli della contrattazione, ma oltre sei milioni di lavoratrici e lavoratori che vedono allungarsi i tempi e accorciarsi il salario reale.

Contratti collettivi 2025, mancano 6 milioni di rinnovi all’appello

Nonostante l’accelerazione dei rinnovi contrattuali registrata nel primo trimestre 2025, il quadro delle relazioni industriali in Italia resta caratterizzato da un’elevata tensione. Alla fine di marzo, solo 40 contratti collettivi nazionali risultano in vigore per la parte economica, coprendo il 52,7% dei dipendenti, circa 6,9 milioni di lavoratori, e poco più della metà (50,7%) del monte retributivo complessivo.

Nel periodo gennaio-marzo 2025 sono stati firmati nove rinnovi, tra cui quelli della logistica, dell’edilizia, dei ministeri, delle agenzie fiscali, dell’energia elettrica, degli autoferrotranvieri, della Rai e del settore socio-assistenziale Uneba. Una lista dignitosa, certo, ma che non basta a scrollarsi di dosso l’impressione di una contrattazione che procede col contagocce. Nel privato qualcosa si muove: solo tre dipendenti su dieci sono ancora in attesa. Il che suona come un mezzo successo.

E ora il dato dolente. Il 47,3% dei lavoratori italiani, pari a circa 6,2 milioni di persone, è ancora senza contratto aggiornato, e la quota è pari al 100% nella pubblica amministrazione, dove i rinnovi 2022-2024 risultano già scaduti. Nel privato la situazione è meno grave: il 32,6% dei dipendenti è in attesa, ma resta comunque più del doppio rispetto a un anno fa (16,7%).

Contratti scaduti e mesi d’attesa: il conto lo pagano i lavoratori

L’Istat registra un dato quasi positivo, ma solo in termini di numeri: l’attesa media per chi ha il contratto scaduto scende da 29 a 23 mesi. Ma per chi guarda l’intero quadro, la musica cambia. Anche includendo chi ha un contratto formalmente in vigore, i mesi di attesa salgono a 10,9. Non una buona notizia.

Aumenti salariali nel privato, ma il potere d’acquisto resta giù

Sul fronte retributivo, i dati Istat mostrano un incremento delle retribuzioni contrattuali orarie del 3,9% nel primo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2024. A marzo, l’indice segna +0,4% sul mese precedente e +4,0% su base annua.

I settori con gli aumenti maggiori sono alimentari (+7,8%), metalmeccanico (+6,3%) e commercio (+6,1%), mentre rimangono fermi comparti come farmacie private, telecomunicazioni e sanità pubblica.

Nonostante la dinamica positiva, il potere d’acquisto dei lavoratori resta ancora penalizzato: le retribuzioni contrattuali reali di marzo 2025 sono circa l’8% inferiori a quelle di gennaio 2021. L’erosione avvenuta durante il biennio inflattivo 2022-2023 non è stata ancora pienamente recuperata, soprattutto nei servizi privati e nella pubblica amministrazione.

Cosa succede se i contratti non si rinnovano nei prossimi mesi: proiezioni Istat

Se non ci saranno nuovi rinnovi nei prossimi mesi, la quota di contratti in vigore è destinata a scendere: secondo le proiezioni, dal 50,5% di aprile 2025 si passerà al 48,4% a settembre. A ciò si accompagna una previsione di crescita moderata delle retribuzioni: +2,6% per il semestre aprile-settembre, +2,7% nella media annua.