Migranti e criminalità, in Germania l’Istituto conservatore Ifo nega che esista un nesso. Vale anche per l’Italia? I dati del Viminale
Secondo i dati del ministero di Piantedosi, gli stranieri denunciati/arrestati sul territorio nazionale da gennaio a settembre 2024 sono in totale 586 mila. Di questi, 41 mila sono extracomunitari regolari, mentre 98 mila sono gli irregolari, con un'incidenza rispettivamente del 7,1% e del 16,7%. L'articolo Migranti e criminalità, in Germania l’Istituto conservatore Ifo nega che esista un nesso. Vale anche per l’Italia? I dati del Viminale proviene da Il Fatto Quotidiano.

Se non decisivo, il tema dei migranti sarà tra quelli determinanti nelle elezioni in Germania. L’estrema destra dell’AfD non ha dubbi sulla relazione tra criminalità e immigrazione, tema rilanciato con insistenza anche dal nuovo presidente americano Donald Trump: “I media corrotti sono indignati perché io continuo a parlare di criminalità dei migranti e dell’epidemia di crimini dei migranti”, si è lamentato pochi giorni prima di essere rieletto. Lunedì scorso, per sottolineare la necessità di aumentare i rimpatri, il ministro dell’Interno italiano, Matteo Piantedosi, ha spiegato che, in base ai dati del Viminale, tra gli irregolari ci sarebbe una delittuosità maggiore rispetto agli stranieri regolari o agli italiani. Gli stranieri sono quasi sempre sovra-rappresentati nelle statistiche criminali e nelle carceri rispetto alla loro percentuale sulla popolazione totale. Significa che esiste un nesso tra migranti e maggiore delittuosità? Gli studi sul sembrano dire il contrario, compreso quello appena pubblicato dall’Ifo di Monaco di Baviera, istituto di ricerca liberale e conservatore.
In base ai dati della polizia criminale (PKS) tedesca tra il 2018 e il 2023, l’Istituto spiega che la sovra-rappresentazione è attribuibile a fattori specifici del luogo in cui gli stranieri vivono, come l’alta densità di popolazione, la situazione economica e l’elevato tasso di illegalità, fattori che influenzerebbero il rischio di criminalità indipendentemente dall’origine. Poiché gli stranieri tendono a vivere più spesso in aree ad alta illegalità, si crea una correlazione statistica tra la loro presenza e i tassi di criminalità locali. Secondo l’Ifo, le analisi condotte negano che un aumento della quota di immigrati porti a un aumento della criminalità. Si sottolinea invece l’importanza di considerare i fattori locali e le politiche di integrazione, come i corsi di lingua e l’accesso al mercato del lavoro, che possono ridurre il rischio di criminalità tra i migranti. Al contrario, si avverte, limitazioni nell’accesso a documenti, istruzione e mercato del lavoro per i richiedenti asilo possono avere conseguenze negative a lungo termine sulla loro integrazione economica e sociale. Da ultimo, l’istituto mette in guardia contro le errate percezioni sulla migrazione, spesso alimentate “da una rappresentazione mediatica distorta e da fattori psicologici e socioculturali”, suggerendo di incentivare una maggiore comprensione del ruolo degli immigrati nella società per sviluppare politiche efficaci e promuoverne l’integrazione.
Analisi che, a quanto pare, concordano coi risultati di altre ricerche internazionali sul tema, comprese quelle che riguardano l’Italia e gli Stati Uniti. Uno studio internazionale su 23 paesi europei firmato da Olivier Marie dell’Università di Maastricht e Paolo Pinotti della Bocconi non ha trovato alcun collegamento significativo tra immigrazione e criminalità. “Utilizzando metodi statistici rigorosi, emerge che, anche in aree con un’immigrazione sostanziale, i tassi di criminalità non aumentano. In alcuni casi, addirittura diminuiscono leggermente”, è stato poi riportato. Tra le ragioni per cui si ritiene che l’immigrazione alimenti la criminalità c’è, secondo gli autori, l’influenza dei media e della retorica politica. Secondo le ricerche citate, permessi di lavoro legali e impieghi stabili sono direttamente collegati alla riduzione dei tassi di criminalità. Anche in Italia: “Quando ad alcuni immigrati dell’Europa orientale sono stati concessi permessi di lavoro legali, i loro tassi di criminalità sono scesi di oltre il 50%”, spiegano in un articolo per la Rivista Il Mulino Paolo Pinotti e Daniele Gianmarco dell’Università di Milano.
Tuttavia, la percentuale di stranieri nelle statistiche sulla delinquenza e nelle carceri rilancia la questione. Durante la Conferenza dei prefetti e questori, il ministro Piantedosi ha evidenziato la necessità di incrementare il numero di rimpatri per coloro che non hanno diritto a stare in Italia. Rispetto al 2023, quando erano stati 4.700, il Viminale ha rivendicato un aumento del 14% nel 2024. Rispetto ai soli sbarchi, 67 mila l’anno scorso, e al numero di irregolari che l’ultimo rapporto di Fondazione Ismu stima in 321 mila al primo gennaio 2024, i rimpatri fatti restano poca cosa. Secondo i dati del ministero di Piantedosi, gli stranieri denunciati/arrestati sul territorio nazionale da gennaio a settembre 2024 sono in totale 586 mila. Di questi, 41 mila sono extracomunitari regolari, mentre 98 mila sono gli irregolari, con un’incidenza rispettivamente del 7,1% e del 16,7%. Un altro 9% è rappresentato da apolidi, mentre il gruppo più consistente è rappresentato da stranieri provenienti da altri Paese Ue: i comunitari sono 391 mila con un’incidenza del 66,8%. Certo, i comunitari non si possono rimpatriare. Quanto agli extracomunitari irregolari, anche a triplicare i rimpatri i numeri non sarebbero tali da incidere sugli oltre 300mila stranieri privi di permesso di soggiorno. Che restano in Italia e, dicono i dati del Viminale, hanno più del doppio della probabilità di mettersi nei guai rispetto a chi è regolare. Percentuali che sembrano avere senso anche per gli studi internazionali, che concordano nel suggerire “politiche che garantiscono uno status legale agli immigrati“, perché facilitano l’integrazione economica e sociale, portando a una riduzione oggettiva dei comportamenti devianti.
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