Meloni da Trump. Il piano: un vertice Usa-Ue Sul tavolo Big Tech e gas

Senza negoziato, la Commissione vuole una stretta sulla Silicon Valley. Il nostro governo è contrario ed è pronto a dare battaglia in Europa.

Apr 12, 2025 - 05:53
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Meloni da Trump. Il piano: un vertice Usa-Ue Sul tavolo Big Tech e gas

Settimana piena. Giovedì 17 l’incontro alla Casa Bianca con il presidente Trump, venerdì 18 a Roma, a Villa Pamphilj, con il vice J.D. Vance, presenti anche Salvini e Tajani. Un’unica missione, che innumerevoli esponenti della maggioranza sintetizzano più o meno con le stesse parole: Meloni cerca di costruire un ponte tra Usa ed Europa. Ora: con un tipo "imprevedibile" come the Donald un certo grado di incertezza sulle modalità più o meno amichevoli del colloquio di Washington permane, ma molto limitato. C’è simpatia reciproca tra la premier italiana e il tycoon americano, su molti punti la vedono allo stesso modo: "Difficilmente l’Europa avrebbe potuto scegliere un’emissaria migliore", la sintesi della testata americana Politico.

Il delicato lavoro di ingegneria potrebbe però non vertere soprattutto sulla nota dolente dei dazi, benché lei sia il primo capo di governo europeo ad essere ricevuto da quando Trump ha annunciato le barriere commerciali sui prodotti europei. Il volubile americano ha cambiato idea, passando dal rifiuto di negoziare con la Ue alla ferma decisione di trattare "solo" con la Ue in blocco. Con la Commissione in campo, inevitabilmente il ruolo della premier italiana sul fronte dei dazi viene un po’ derubricato. Anche se, previa consultazione telefonica con l’amica presidente Ursula von der Leyen, Giorgia non mancherà di insistere sulla necessità di un vertice Usa-Ue (si potrebbe fare a giugno, in concomitanza con il summit Nato a L’Aia) per rimettere le cose a posto e resuscitare gli ottimi rapporti di sempre. Se però la trattativa dovesse naufragare e Trump tornasse alle tariffe, i pareri delle due amiche diventerebbero divergenti: Ursula parla per la prima volta esplicitamente di tassare Big Tech, l’Italia è contraria: se potrà farlo lo eviterà, altrimenti tenterà di dare battaglia all’interno della Ue.

Sul tavolo ci saranno anche, forse soprattutto, altri capitoli: la collocazione delle industrie italiane in America e viceversa, l’Ucraina – dove è data per certa una "differenza di toni" anche se l’obiettivo comune non potrà essere che la pace, giusta o no si vedrà –, il Medio Oriente, l’immigrazione, i rapporti con l’Africa (Libia in testa) e tutto lascia pensare che si parlerà pure di Starlink, il sistema di connessione satellitare di Elon Musk.

I punti nevralgici al momento sono le spese militari, l’acquisto di gas americano e i rapporti con la Cina. Trump chiederà un impegno, per ora solo verbale, ad innalzare il contributo Nato fino almeno al 3% del Pil. Nel concreto adesso è una chimera, ma come orizzonte l’Italia potrebbe concordare. Tutt’altro discorso per quanto riguarda il gas liquido: secondo le stime di Politico, il tycoon si aspetta dall’Europa acquisti per 350 miliardi di dollari (pari al deficit Usa con la Ue). Ma quello è il classico accordo capestro e Giorgia è decisa a non farsi intrappolare.

Il dossier più incandescente è quello cinese. Qui l’Europa appare infatti divisa: ieri il premier spagnolo, Pedro Sanchez, ha incontrato a Pechino il presidente Xi Jinping e ha detto chiaramente di vedere la Cina "come partner della Ue". Trump chiederà l’opposto: massima chiusura nei confronti del mercato cinese. L’Italia è attestata sulla stessa linea del presidente americano, ma la bilancia europea penderà da un lato o dall’altro a seconda dell’esito del negoziato con gli americani. Non a caso, del resto, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è impegnato a cercare nuovi sbocchi di mercato in India e in Giappone, ma non in Cina.

Pechino è un cruccio da più punti di vista per l’Italia. I timori per una possibile inondazione della sovrapproduzione cinese espulsa dai mercati americani è fortissimo. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, sta mettendo a punto un piano che proporrà poi al resto del governo e all’Europa. In prospettiva l’Italia spera anche nell’attivazione di un fondo europeo per supportare i settori eventualmente colpiti. Ma da questo punto di vista ieri dal solito falco europeo, il commissario all’Economia, Valdis Dombrovskis è arrivata una doppia doccia gelata. Sui ristori è più che dubbioso: "Dobbiamo essere molto prudenti, abbiamo già un deficit e un debito alti". Sull’altra proposta italiana, sospendere il Patto di Stabilità, invece è tassativamente negativo: "Per usare la clausola di salvaguardia generale deve esserci una grave recessione in tutta la Ue. Tale condizione non è ora soddisfatta". Per il momento il capitolo è chiuso.