“Mandiamo gli studenti come ‘ambasciatori dell’Ue’ tra i banchi di scuola. In nome di Antonio Megalizzi”
Affidarsi ai giovani per rendere accessibile un tema complesso come la cittadinanza europea. Con questa convinzione la Fondazione Megalizzi ha creato il Progetto Ambasciatori, cuore pulsante di un’attività educativa che da cinque anni porta l’Unione europea tra i banchi di scuola, dalle primarie alle superiori, in tutta Italia. E lo fa tramite “ambasciatori” volontari che […] L'articolo “Mandiamo gli studenti come ‘ambasciatori dell’Ue’ tra i banchi di scuola. In nome di Antonio Megalizzi” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Affidarsi ai giovani per rendere accessibile un tema complesso come la cittadinanza europea. Con questa convinzione la Fondazione Megalizzi ha creato il Progetto Ambasciatori, cuore pulsante di un’attività educativa che da cinque anni porta l’Unione europea tra i banchi di scuola, dalle primarie alle superiori, in tutta Italia. E lo fa tramite “ambasciatori” volontari che devono essere studenti universitari o aver conseguito la laurea da massimo un anno. Antonio Megalizzi era un giovane giornalista trentino, vittima di un attentato terroristico a Strasburgo l’11 dicembre 2018. Ma soprattutto era un cittadino europeo appassionato, convinto che la conoscenza fosse il primo passo per costruire un’Europa più giusta e più vicina alle persone. La Fondazione nata in suo nome ne porta avanti i valori e la visione, partendo proprio da quell’intreccio tra informazione e formazione che Megalizzi aveva coltivato nel suo lavoro giornalistico.




“Abbiamo scelto di partire dalle scuole perché crediamo che sia proprio lì, tra i banchi, che si formano cittadini consapevoli. Antonio pensava che l’educazione civica e la comprensione dell’Unione europea dovessero iniziare fin da piccoli, anche alle elementari, ovviamente con un linguaggio adatto. È lì che nasce il legame tra informazione e formazione, ed è da lì che ha preso vita il nostro primo progetto”, racconta Federica Megalizzi, sorella di Antonio e oggi presidente della Fondazione.
In cinque anni, la Fondazione ha compiuto passi importanti: “Siamo una realtà giovane, ma la crescita è stata incredibile. La Fondazione è nata per portare avanti la voce e i valori di Antonio, e una delle cose più emozionanti è rivedere in tanti ragazzi e ragazze lo stesso entusiasmo, la stessa sete di conoscenza che lo animavano”, continua Federica Megalizzi. Il lavoro è pensato per stimolare curiosità e senso critico: “Cerchiamo di trasmettere consapevolezza e coscienza civica con strumenti adeguati, calibrati sull’età degli studenti. Raccontiamo come è nato il progetto europeo, dal Manifesto di Ventotene in poi, e mostriamo che l’Unione è un processo in divenire, che possiamo contribuire a costruire anche noi. Spieghiamo le competenze dell’Ue, dove la troviamo nella vita quotidiana, quali benefici produce – anche quelli che spesso diamo per scontati. E lo facciamo anche con giochi, simulazioni del Parlamento europeo, podcast e attività interattive, perché i ragazzi possano immedesimarsi e comprendere il ruolo delle istituzioni”.
Ma non si tratta di un racconto edulcorato: “Affrontiamo anche le criticità e i limiti dell’Unione, ragionando sui valori su cui è nata. E soprattutto educhiamo al partecipazione e al voto, qualsiasi esso sia, perché è l’esercizio democratico più prezioso per essere protagonisti della nostra storia”. Nel raccontare l’Unione europea, Federica Megalizzi spiega, c’è anche spazio per parlare dei conflitti sempre più accesi nel mondo: “Facciamo ascoltare Cielo d’acciaio, il racconto scritto da Antonio per denunciare l’atrocità della guerra. Perché parlare d’Europa significa anche confrontarsi con le sfide del presente, in un contesto globale che cambia e chiede nuovi strumenti di comprensione”.
Al centro di tutto questo, c’è anche un’idea molto precisa di informazione secondo Federica Megalizzi: “Abbiamo scelto di occuparci di comunicazione di qualità, contrastando la disinformazione, cercando di raccontare l’Europa in modo corretto, accessibile, completo. Antonio pensava che fosse fondamentale formare prima di informare, e che ognuno dovesse poi sviluppare il proprio pensiero. Questo approccio nasceva proprio dalla sua esperienza: visitando Bruxelles durante una summer school, si rese conto di quanto fosse grande il divario tra le istituzioni europee e il modo in cui venivano raccontate. E lì decise che quella sarebbe stata la sua sfida giornalistica: spiegare l’Ue nella sua complessità, nei suoi punti di forza ma anche nelle sue criticità, con un approccio storico, politico, economico. Da questa intuizione nacque anche Europhonica, il format radiofonico che oggi trasmette proprio dalle istituzioni europee”.
“Il nostro lavoro nelle scuole non si limita a raccontare la storia dell’Europa, ma punta a far comprendere che l’Europa è un progetto vivo, che possiamo tutti contribuire a costruire,” spiega ancora Federica Megalizzi. “E tutto questo è stato possibile grazie alla rete di amici, genitori, volontari, ma soprattutto a Luana Moresco, che ha guidato la Fondazione per cinque anni come presidente fino a pochi mesi fa, con grande dedizione e passione, e a Caterina Moser, responsabile del Progetto Ambasciatori, che ha saputo dargli forma e continuità in modo straordinario.”
Negli anni, il Progetto Ambasciatori è cresciuto e ha ricevuto diversi riconoscimenti: il patrocinio del Ministero dell’Università e della Ricerca per la prima edizione, la selezione tra i finalisti del Premio Carlo Magno. “Andare nelle scuole è fondamentale. È lì che si formano le coscienze, che si pongono le prime domande, che si impara a leggere la complessità del mondo. E se vogliamo costruire un’Europa più consapevole, dobbiamo partire proprio da lì” racconta Chiara Peverelli, Ambasciatrice della Fondazione Antonio Megalizzi. “L’esperienza come Ambasciatrice della Fondazione è stata per me un’occasione di crescita enorme, sia personale che professionale. Entrare nelle scuole, parlare con studenti e studentesse di ogni età — dalle elementari alle superiori — mi ha posto davanti a una sfida: trovare il linguaggio giusto per trasmettere valori comuni e contenuti complessi, mantenendo intatto il messaggio. E tra questi contenuti, il tema della pace è stato centrale”.
“Parlare di guerra in classe non è semplice. Si rischia di semplificare, di polarizzare. Eppure, con la Fondazione, abbiamo scelto un’altra strada: presentare i fatti, offrire strumenti di comprensione, dati oggettivi, chiavi di lettura. È fondamentale far comprendere che l’Unione Europea nasce proprio da lì, dal bisogno di evitare che l’orrore si ripeta. È un progetto costruito dal nulla, su rovine di conflitti che hanno segnato l’Europa nel profondo, e che oggi esiste grazie a un impegno collettivo per la pace”. Peverelli sottolinea quanto sia urgente parlare di Ue nelle scuole. “Spesso si affronta l’Europa solo dal punto di vista geografico, raramente si parla di istituzioni, valori e diritti. Eppure, riguarda la nostra quotidianità, le scelte politiche e le opportunità dei giovani. Io nella mia esperienza ho visto studenti curiosi, attenti e pronti a riflettere. Non sono affatto passivi: fanno domande, discutono e raccontano esperienze personali”. Il progetto li raggiunge proprio lì, nel loro linguaggio e nella loro realtà: “Non siamo professori. Siamo giovani che parlano ad altri giovani”. “In alcuni casi, dopo i miei interventi, le scuole hanno continuato il lavoro da sole. Una classe, ad esempio, ha presentato i risultati del percorso proprio il 9 maggio, durante la Festa dell’Europa. Lì ho capito che il progetto funziona: forma cittadini consapevoli, che poi diventano a loro volta ambasciatori” conclude Peverelli.
Le Summer School della terza e quarta edizione hanno ottenuto la Medaglia del Presidente della Repubblica. La quarta edizione ha ricevuto anche il patrocinio del Parlamento europeo ed è stata inserita nel programma di Trento Capitale Europea del Volontariato. L’impegno della Fondazione si è progressivamente ampliato, portando attività educative anche fuori dai confini nazionali – in Francia, Spagna, Austria, Slovenia, Romania, Polonia e Svizzera – e coinvolgendo giovani studenti europei sui temi della partecipazione democratica e della cittadinanza attiva.
Nel corso degli anni sono state realizzate numerose iniziative per onorare la memoria di Antonio Megalizzi. Diverse università italiane – come Trento, Macerata e Verona – hanno istituito premi di laurea e borse di studio a suo nome. Sono state inoltre installate nove panchine europee dedicate ad Antonio in tutta Italia, simbolo di dialogo, memoria e solidarietà. A lui e al collega Bartek Orent-Niedzielski, anch’egli scomparso nell’attentato, è stato intitolato anche lo studio radiofonico del Parlamento europeo a Strasburgo.
Quest’anno, inoltre, ha preso il via il primo progetto europeo della Fondazione, You-Pod, che coinvolge scuole italiane, francesi e polacche, con l’obiettivo di promuovere la cittadinanza europea e creare un dialogo tra giovani di Paesi diversi, stimolandoli a confrontarsi sui temi della partecipazione e dell’impegno civico. Intanto, proseguono le attività dei volontari: redazione di articoli, creazione di podcast e tanti altri progetti. Il filo conduttore resta sempre lo stesso: formare e informare: “Antonio diceva che l’Unione europea va raccontata tutta, con le sue forze e le sue criticità. E che per farlo bisogna partire dalla scuola. Noi, con la Fondazione, cerchiamo di continuare quel lavoro. Spiegare, raccontare l’Europa significa educare alla cittadinanza. E dare voce a chi vuole costruire un futuro migliore” conclude Federica Megalizzi.
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