Luciano Spalletti vuota il sacco su Aurelio De Laurentiis: «Ecco perché ho lasciato il Napoli»
L'allenatore della Nazionale in un libro va all'attacco del presidente del Napoli. E spiega il suo addio dopo lo scudetto. Ma ne ha anche per Totti e Ilary. Definita "piccola donna" L'articolo Luciano Spalletti vuota il sacco su Aurelio De Laurentiis: «Ecco perché ho lasciato il Napoli» proviene da Open.

Luciano Spalletti aveva evidentemente molti sassolini da togliersi dalle scarpe. Oggi 6 maggio esce per Rizzoli il suo libro autobiografico Il Paradiso esiste… ma quanta fatica, scritto con Giancarlo Dotto. E in due anticipazioni dal Corriere e da Repubblica si parla di temi molto caldi. Come il rapporto con Aurelio De Laurentiis all’epoca dello scudetto con il Napoli. E quello con Francesco Totti e Ilary Blasi all’epoca in cui allenava a Roma. Spalletti ha lasciato la società di De Laurentiis subito dopo la storica vittoria del terzo scudetto. In chiara polemica con il presidente. E oggi spiega quali fossero i motivi del contendere.
Le verità nascoste del Sultano
Non a caso il capitolo dedicato al presidente si chiama Le verità nascoste. E lo chiama Sultano. Scrive l’attuale commissario tecnico della Nazionale: «Sono andato via perché non avevo più la voglia di sostenere questo continuo conflitto caratteriale con un imprenditore capace, a cui la città deve tanto, ma con un ego molto, forse troppo grande. Aurelio De Laurentiis. Il presidente era quello che metteva la ceralacca sulle cose, su tutto, che certificava se una scelta era giusta o meno. Ero stanco di fare battaglie per ogni questione. Che fosse dare una maglia ai giocatori che la chiedevano per i loro figli o il dover cambiare gli alberghi di continuo per i motivi più disparati. Anche in questo, il Sultano sapeva sorprenderci».
La storia degli alberghi
Poi Spalletti racconta la disfida degli alberghi: «Il nostro albergo abituale era in corso Vittorio Emanuele. Arriva la Juventus e ci viene comunicato che dobbiamo cambiare «casa». Uno sfratto esecutivo. Noi veniamo dirottati in un altro hotel in centro, scomodo per lo spostamento verso lo stadio, con i naturali dubbi che una mossa del genere può far nascere nei calciatori. Tipo quello che sulle nostre abitudini comandino gli avversari».
E conclude: «In tutta la mia storia a Napoli, ho giocato due partite contemporanee: quella con gli avversari e l’altra con il presidente». Con il quale doveva usare l’ironia: «La stagione dello scudetto, alla vigilia di una partita difficile, il presidente mi scrisse, secondo lui per motivarmi: “Puoi andare dodici punti da solo in testa, carica i ragazzi!”. Aveva aperto il rubinetto dell’acqua calda. Gli risposi: “Grazie del prezioso consiglio, presidente, ne terrò conto”».
Il silenzio stampa
Spalletti dice che De Laurentiis dimostrò il suo amore per il Napoli… stando zitto. «Fu un silenzio che fece rumore. Il più grande sacrificio per uno come lui, intrattenitore e uomo di spettacolo che ama occupare il centro della scena. Il Napoli stava marciando alla grande, giocava un calcio bellissimo e riconosciuto nel mondo, tutto filava alla perfezione e lui, uomo arguto come pochi, capì in fretta che tanta bellezza avrebbe trascinato altrettanta economia», racconta. Poi parla della sparizione del presidente dopo la vittoria. Ironizzando anche qui: «L’eccesso di riservatezza lo indusse a non farsi vivo nemmeno con una telefonata per condividere se non altro l’impresa, mentre la città intera impazziva di gioia».
Una partita personale
Perché, secondo Spalletti, De Laurentiis era «troppo impegnato a giocare la sua partita personale sul prato festante del Maradona. Tutte quelle sterzate nel giro di campo in solitaria lo avevano distrutto». Poi arriva al punto del rinnovo del contratto: «Esauriti in una riga e mezzo i formali complimenti per lo scudetto, mi sottoponeva la necessità di attenermi al contratto, rispettando il suo prolungamento automatico per un altro anno. C’era un’opzione che gli riconosceva il diritto unilaterale di avvalersene. Lui, alla firma del contratto, si era fissato che voleva fare due anni più due di opzione».
La risposta
Spalletti racconta di aver risposto in un’altra lettera, scritta a mano, per dirgli che era necessario parlarsi prima di annunciare il rinnovo. E questo ha portato alla definitiva rottura tra i due. Infine, chiosa: «Se ci fosse stato più rispetto umano, più dialogo e più apertura su cosa ci volesse per rivincere, alla fine sarei rimasto. In ogni caso, lo ringrazierò sempre per avermi permesso di allenare il Napoli. Nell’anticipazione pubblicata da Repubblica invece Spalletti parla della gestione dell’ultimo anno di attività con Francesco Totti. «Il nostro è stato uno scontro non fra due persone (personalizzarlo è stato, forse, un errore nostro, e soprattutto una perversione dei giornali) ma fra due prospettive opposte. Io dovevo pensare al bene della squadra. Lui, come tanti altri campioni prima e dopo di lui, non riusciva ad accettare che fosse messa la parola fine a quella storia grandiosa», commenta.
Ilary Blasi
Ma se al giocatore riserva belle parole, Spalletti si vendica sull’ex moglie Ilary Blasi. Che all’epoca lo definì «piccolo uomo» per aver maltrattato – a suo dire – il marito. «Francesco per me sarà sempre come un figlio, allo stesso tempo la sua ex moglie non sarà mai per me come una nuora. Quando lei mi offese gratuitamente presi ancora più consapevolezza di quanto fossi un uomo fortunato ad avere al mio fianco una compagna molto intelligente, che mai mi ha messo in imbarazzo intromettendosi con così tanta arroganza e maleducazione nel mio lavoro. Può capitare, nel corso di una vita, di essere un piccolo uomo o una piccola donna. Certamente lo è stata lei quando si è permessa di rivolgersi a me in quel modo», chiude Spalletti.
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