Lojudice conosce da tempo Papa Leone XIV: “Incontri al dicastero dei vescovi. ‘Che bella Siena’, le sue parole”
Il cardinale svela che portava alle riunioni i dolci senesi, molto apprezzati da tutti i fratelli. “Nel conclave si percepisce quasi fisicamente un’azione dello spirito santo che guida tutti”

Siena, 10 maggio 2025 – Si conoscevano ormai da tempo il cardinale Augusto Paolo Lojudice e il nuovo Papa Leone XIV. Si erano incontrati perché Papa Francesco aveva assegnato il pastore della chiesa senese al dicastero dei vescovi. “Le riunioni si tengono due volte al mese, anche tre. A questo consesso, dopo un po’ di tempo – spiega Lojudice – arrivò anche Robert Prevost che era ancora vescovo della sua diocesi in Perù. Questo ci ha consentito di conoscerci in quelle occasioni, un po’ come con gli altri. Poi due anni fa venne nominato prefetto. E’ continuato questo contatto. Ho notato da subito la sua affabilità, la sua delicatezza. La moderazione nei toni, nell’atteggiamento, nei saluti”. Poi svela un retroscena. “Prima di Natale e di Pasqua di solito porto per accompagnare la pausa caffè dei dolcetti senesi che tutti attendono ormai quasi stabilmente. Ricordo, forse la prima volta, che disse ’Che bella Siena’ perché essendo agostiniano aveva frequentato abbastanza abitualmente il monastero di Lecceto. Quindi anche ieri (giovedì, ndr) mentre lo salutavo ci siamo detti reciprocamente ’ma adesso che faranno le monache?’ E lui mi fa’ Salteranno di gioia’. E io: ’Non ho dubbi, sicuramente quando lo vedrò darò loro un braccio da parte sua. E comunque pregheranno per lei e per questa sua nuova missione. E per quello che l’aspetta”.
Il cardinale non svela retroscena del conclave. Della partecipazione al lavoro delle congregazioni sottolinea “che la prima sensazione è stata di essere in tutto il mondo. La Chiesa cattolica è universale, appartiene a tutti e non è chiusa nell’ambito di una provincia, di una città, neppure di una nazione. Poi è cominciato questo confronto molto sereno, libero, presieduto dal cardinale Re. Siamo andati avanti fino a quando siamo giunti al fatidico 7 maggio che avevamo fissato insieme. Poi è iniziata l’ultimissima fase. Due giorni. Ognuno di noi in coscienza ha espresso quello che, l’ho detto dall’inizio e pensato, lo spirito santo ha suggerito”. Non può negare, ammette, che in passato visitando la Cappella Sistina “mi venne spontaneo pensare che un giorno, a Dio piacendo, sarei entrato lì per un altro motivo. Non per una visita artistica o culturale. E’ accaduto”. Spiega che “la ritualità antica dell’extra omnes, dell’essere chiusi dentro, la famosa fumata che tutto il mondo attende hanno un significato particolare e fascino. Ma al di là di questo aspetto, per quanto importante, quel che conta è veramente una presenza che si percepisce quasi fisicamente di un’azione dello spirito santo che guida tutti quanti, ognuno con le sue caratteristiche, a pensare quale potrebbe essere il meglio per il bene della Chiesa. Questo poi si deve tradurre in un nome. Piano piano emerge con grande naturalezza”.