Lo sapete che con i soldi statali stiamo per salvare pure Coin? Il caso Invitalia
Coin ha bisogno di soldi per ripartire: i soci ne hanno messo sul piatto 21, 15 il dicastero dell'Economia attraverso Invitalia. Ma non bastano. E le passività sono aumentate ulteriormente. Ma Invitalia non doveva agevolare soprattutto startup innovative? E che ci azzeccano le magliettine della Coin? Fatti, nomi, numeri e domande

Coin ha bisogno di soldi per ripartire: i soci ne hanno messo sul piatto 21, 15 il dicastero dell’Economia attraverso Invitalia. Ma non bastano. E le passività sono aumentate ulteriormente. Ma Invitalia non doveva agevolare soprattutto startup innovative? E che ci azzeccano le magliettine della Coin? Fatti, nomi, numeri e domande
Coin, catena italiana di grandi magazzini d’abbigliamento da quasi 1400 dipendenti, non ha più un coin in tasca e va salvata. La ristrutturazione potrebbe essere operata da Generalfinance, intermediario finanziario specializzato nel factoring alle PMI distressed guidato dall’ad Massimo Gianolli con una capitalizzazione di 200 milioni (utile netto pari a 21,1 milioni di euro, in crescita del 40% rispetto al 2023), che – scrive oggi Repubblica – si sarebbe proposto come partner finanziario al fianco di Invitalia, holding controllata dal ministero dell’Economia presieduta da Rocco Sabelli e guidata dall’amministratore delegato Bernardo Mattarella (nella foto).
QUINDICI MILIONI LA QUOTA PUBBLICA?
Gli attuali soci di Coin, e in particolare la Mia srl del proprietario di Liu Jo Marco Marchi (già presidente di Coin dal 2019 al febbraio del 2023 quando poi è arrivato Ugo Turi), Sagitta sgr (veicolo di Europa Investimenti), l’ex ceo Stefano Beraldo attraverso Red Navy ed Enzo de Gasperi attraverso Hi Dec – sottolinea il quotidiano del gruppo Gedi – si sono impegnati a sottoscrivere un aumento di capitale da 21,2 milioni, l’obiettivo è di trovare almeno 50 milioni di risorse di cui 15 milioni sarebbero la quota parte di Invitalia, e il resto potrebbero essere iniettati da Generalfinance, il gruppo che è presieduto da Maurizio Dallocchio.
COME SI MUOVERA’ COIN
Sarà con l’aumento di capitale che verrà data attuazione al piano industriale elaborato dal nuovo amministratore delegato Matteo Cosmi, nominato sul finire della scorsa estate al posto di Ugo Turi (un passato in Montedison e Fininvest), che siede comunque tutt’ora nel CdA.
Cosmi, che fino al maggio scorso era l’amministratore delegato della bresciana Industrie Saleri, ha programmi ambiziosi che prevedono il pareggio già a partire dal prossimo anno. Come? Attraverso la chiusura di otto punti vendita su 34, nel dettaglio quelli di Roma Lunghezza, Bufalotta a cui si sono aggiunti gli store di Termini, Latina, di San Donà di Piave e di Milano City Life, che non sono profittevoli da anni e che occupano un centinaio di persone che, d’intesa col Mimit (ultimo incontro al dicastero a inizio febbraio) e coi sindacati, anziché essere lasciate a casa saranno ricollocate all’interno del gruppo. Ancora in bilico, scrive Repubblica, i destini del grande magazzino di Firenze, Bologna e Vicenza.
IL BUCO S’E’ ALLARGATO
Negli scorsi mesi la catena di grandi magazzini aveva annunciato di avere raggiunto un accordo di ristrutturazione dei debiti: nel complesso circa 200 milioni, contando sia quelli bancari sia quelli verso altri creditori, anche se, avverte ora la testata romana, “le passività sono lievitate a quota 240 milioni: ormai i debiti sono di poco inferiori al fatturato, e quindi difficilmente sostenibili”. Per questo “I sacrifici che devono fare fornitori e creditori potrebbero essere significativi, e una composizione degli interessi non sarà facile”. I coin mancanti li metterà Pantalone?
E le magliettine della Coin sono basilari per il tessuto italiano tanto da scomodare capitali dello Stato? E Invitalia non doveva investire per lo più in startup innovative?
Ma di sicuro se l’holding statale interviene lo può fare e forse, allora, c’è da cambiare lo statuto di Invitalia. Prima che si spendano e spandano così risorse pubbliche