Stati all’arrembaggio del solito bene rifugio

Russia, Cina, Stati Uniti, Polonia... Contro il rischio di blocco delle proprie riserve valutarie, vengono incrementate le scorte di oro fisico L'articolo Stati all’arrembaggio del solito bene rifugio proviene da Economy Magazine.

Apr 7, 2025 - 02:37
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Stati all’arrembaggio del solito bene rifugio

Sale, sale senza soste. Non l’hanno fermato le tensioni sui tassi o le oscillazioni del dollaro. Anzi, nonostante i proclami del presidente, l’oro è senz’altro il grande vincitore di questa fase geopolitica, segnata dal ritorno alla ribalta di Donald Trump che ha addirittura scatenato un’incontenibile corsa al metallo giallo, capace di volare oltre ogni record a partire dalla barriera dei 3 mila dollari, superata di slancio nei primi giorni di primavera con un balzo a doppia cifra.  Meglio, assai meglio delle criptovalute, che hanno rapidamente ripiegato dai massimi toccati dopo le elezioni. O dei campioni del Nasdaq, compresa Tesla, che si sono rivelati assai  più fragili ed esposti ai rischi della congiuntura, a partire dai pericoli collegati alla guerra del dazi, l’incognita che minaccia di far esplodere la corsa dei prezzi.

In questo quadro drammatico l’oro si è confermato il bene rifugio per eccellenza, capace di rispondere alle esigenze sia delle banche centrali che degli investitori privati grazie alle sue caratteristiche. Innanzitutto, è un bene scarso: tutto l’oro estratto nella storia potrebbe riempire un cubo di soli 22 metri per lato. Ma in cambio, vanta un’elevata densità, il che lo rende facilmente trasportabile rispetto al suo valore, una caratteristica preziosa in tempi turbolenti.  Non a caso, la fortuna del metallo giallo, dopo una lunga fase di stabilità legata alla distensione, è tornata alla ribalta assieme ai venti di guerra, a partire dal conflitto in Ucraina. In parallelo ha perso appeal la compravendita di “carta” legata al valore del metallo giallo come gli Etf e gli Etc, che permettono di investire in oro senza possederlo fisicamente. 

Ma cosa ha ridato smalto all’oro dopo un letargo durato decenni? Già prima dell’invasione Ucraina  la Russia aveva iniziato a convertire le proprie riserve valutarie in oro, riducendo al minimo gli investimenti in titoli di Stato americani. Dopo l’inizio della guerra, i fondi russi detenuti all’estero sono stati congelati, aumentando il timore di possibili sanzioni simili per altri paesi. Molti Stati, temendo che le proprie riserve valutarie possano essere bloccate in caso di crisi geopolitiche, hanno iniziato a incrementare le proprie scorte di oro fisico. Questo ha generato un effetto scarsità sul mercato, contribuendo all’aumento dei prezzi. 

La Cina, in particolare, si è distinta nella corsa al metallo giallo. Il Paese del Drago ha invertito la propria politica: da grande acquirente di dollari destinati ad incrementare le proprie riserve valutarie a primo acquirente di oro, una scelta che potrebbe protrarsi per non pochi anni. Nonostante i recenti investimenti, infatti, la Cina detiene oggi solo il 6% delle sue riserve in oro, contro il 70% degli Stati Uniti, un tesoro di non poco conto in mano a Washington, oggi trattato in bilancio al prezzo storico di 42 dollari l’oncia.   

La Cina non è la sola a comprare. Tra i Paesi più attenti alla funzione protettiva delle riserve auree figura la Polonia, in prima fila negli acquisti degli ultimi anni. Ma sono molti gli Stati che temendo che le proprie riserve valutarie possano essere bloccate in caso di crisi geopolitiche, hanno iniziato a incrementare le proprie scorte di oro fisico. Questo ha generato un effetto di scarsità sul mercato, contribuendo all’aumento dei prezzi. Tra questi spicca l’India, fino al 2012 primo compratore mondiale, primato poi ceduto alla Cina. L’oro è del resto parte integrante della cultura e delle tradizioni indiane, specialmente nei matrimoni e nelle festività religiose. Questo porta a una domanda stagionale particolarmente forte, che può influenzare i prezzi globali. Insomma: la “corsa all’oro” ha avuto tanti fattori di spinta. E può continuare: ma nessuno sa fino a che punto

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