L’Italia precipita nella classifica sulla libertà di stampa: è il fanalino di coda dell’Europa occidentale

Tra leggi bavaglio e intercettazioni, c’è un dato che dovrebbe farci riflettere profondamente: l’Italia è scesa al 49° posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa pubblicata da Reporters Sans Frontières (RSF), registrando il peggior risultato tra tutti i Paesi dell’Europa occidentale. Una caduta di ben tre posizioni rispetto al 2023, che non è solo...

Mag 14, 2025 - 17:10
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L’Italia precipita nella classifica sulla libertà di stampa: è il fanalino di coda dell’Europa occidentale

Tra leggi bavaglio e intercettazioni, c’è un dato che dovrebbe farci riflettere profondamente: l’Italia è scesa al 49° posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa pubblicata da Reporters Sans Frontières (RSF), registrando il peggior risultato tra tutti i Paesi dell’Europa occidentale.

Una caduta di ben tre posizioni rispetto al 2023, che non è solo un numero, ma un segnale d’allarme sulla salute del nostro sistema informativo e, più in generale, sulla tenuta democratica.

Leggi anche: La libertà di stampa è in uno stato disastroso in tutto il mondo, anche in Paesi che non ti aspetti (Italia compresa)

D’altronde che bisogna aspettarsi qui, nel Belpaese, dove a pesare è senza dubbio l’ingerenza crescente della classe politica nei media pubblici: dalla cosiddetta “legge bavaglio”, che limita la pubblicazione degli atti giudiziari, all’aumento delle pressioni economiche sui giornalisti, tra tagli e concentrazione della proprietà editoriale. Senza parlare del precariato che non ha più limiti.

La libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata

Basta cliccare sul nostro Paese nella mappa interattiva di RSF, per leggere una descrizione allarmante della situazione:

La libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, in particolare nel sud del Paese, nonché da vari gruppi estremisti che commettono atti di violenza. I giornalisti lamentano anche il tentativo della classe politica di ostacolare la libera informazione in materia giudiziaria attraverso una ‘legge bavaglio’ che si aggiunge alle procedure SLAPP diffuse nel Paese.

libertà stampa italia

@RSF

Le SLAPP, acronimo di Strategic Lawsuit Against Public Participation, sono azioni legali pretestuose, intentate con l’obiettivo di intimidire e mettere a tacere chi fa informazione scomoda. In Italia, queste pratiche si stanno diffondendo, aggravando il già fragile sistema mediatico.

Ne abbiamo parlato sulla scia della notizia di Greenpeace condannata a pagare 600mila dollari a una multinazionale del petrolio.

Tra mafie, minacce e pressioni politiche

Secondo RSF, i giornalisti italiani lavorano in un clima sempre più ostile: minacce fisiche e digitali, intimidazioni e pressioni economico-legislative compromettono la possibilità di fare informazione libera e indipendente. Un quadro drammatico soprattutto per chi indaga sulla criminalità organizzata e la corruzione, tanto che sono le Regioni del Sud quelle che risultano essere le più pericolose per chi fa questo mestiere.

Ma non è solo una questione di criminalità. Il report mette in evidenza anche il ruolo della politica, accusata di voler limitare la trasparenza su procedimenti giudiziari attraverso proposte di legge che mirano a “imbavagliare” i media.

Giornalismo ambientale, questo sconosciuto

La stampa italiana è libera almeno di parlare di crisi climatica? Si parla più spesso, questo sì, di temi ambientali e riscaldamento globale, ma le reali cause spesso censurate. La colpa è delle lobby dei combustibili fossili, che inquinano anche l’informazione, e spesso senza che i lettori se ne accorgano. Attraverso sponsorizzazioni e denunce per diffamazione, le società petrolifere e le altre aziende continuano a tenere sotto scacco la stampa e la tv, anche in Italia.

A dirlo è il secondo rapporto annuale sull’informazione dei cambiamenti climatici nel nostro Paese, realizzato per Greenpeace Italia dall’Osservatorio di Pavia, che ha esaminato i cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), i telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 e 20 testate di informazione più seguite su Instagram. Nel 2023 è stato più marcato l’aumento delle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche: i cinque quotidiani presi in esame hanno ospitato 1.229 inserzioni pubblicitarie (nel 2022 erano erano 795). Ecco spiegato perché si parla così poco dei veri responsabili di ciò che sta accadendo alla Terra.

Insomma, anche se il riscaldamento globale sia considerato dalla comunità scientifica la più grave emergenza ambientale della nostra epoca (e più del 99% degli studi scientifici riconduca la responsabilità della crisi climatica a cause antropiche), sui nostri media siamo ancora ben imbavagliati, come dimostrano i risultati del monitoraggio periodico realizzato dall’Osservatorio di Pavia sui principali quotidiani e telegiornali nazionali.

Se cade la libertà di stampa? Cade tutto il resto

La libertà di stampa è un termometro preciso della salute di una democrazia: dove l’informazione è condizionata, intimidita o censurata, i cittadini perdono il diritto di sapere, di scegliere consapevolmente, di denunciare le ingiustizie. Non si tratta solo di un problema per i giornalisti, ma per ogni persona che crede in una società giusta e trasparente. Non possiamo più girarci dall’altra parte.
Servono leggi che proteggano davvero chi fa informazione, un contrasto serio alle mafie, e un impegno concreto — anche da parte nostra come cittadini — per difendere quel bene prezioso e fragile che è la libertà di stampa.

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