L’incoerenza come metodo | L’analisi di Giuseppe Sarcina

“La Casa Bianca” – scrive Giuseppe Sarcina sul Corriere della Sera – “resta il crocevia, piuttosto affollato, della politica e dell’economia mondiali“. Non solo proclami, minacce. Ma anche trattative e mediazioni concrete. La lista dei dossier è lunga. I dazi e la Cina; Putin e Zelensky; gli europei e la Nato; Gaza, Hamas e Netanyahu; […] L'articolo L’incoerenza come metodo | L’analisi di Giuseppe Sarcina proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Mag 14, 2025 - 07:50
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L’incoerenza come metodo | L’analisi di Giuseppe Sarcina

La Casa Bianca” – scrive Giuseppe Sarcina sul Corriere della Sera – “resta il crocevia, piuttosto affollato, della politica e dell’economia mondiali“.

Non solo proclami, minacce. Ma anche trattative e mediazioni concrete.

La lista dei dossier è lunga. I dazi e la Cina; Putin e Zelensky; gli europei e la Nato; Gaza, Hamas e Netanyahu; il nucleare e l’Iran; l’Arabia Saudita e, ancora, Israele; la Siria; l’India e il Pakistan.

Donald Trump si presenta come il leader dell’«America First»: prima di tutto gli interessi degli Stati Uniti.

Potrebbe, quindi, sembrare sorprendente ritrovarlo, dopo tre mesi al potere, non in uno splendido isolamento nello Studio Ovale, bensì invischiato in un groviglio internazionale che ha pochi precedenti.

Forse tutto ciò è proprio il risultato più logico della sua strategia, se così vogliamo chiamare la sequenza di strappi, oscillazioni, fughe in avanti e precipitose retromarce cui abbiamo assistito finora.

Con una morale semplice quanto evidente: nessuno, neanche il capo della maggiore potenza del pianeta può illudersi di poter controllare tutte le variabili in campo.

La versione trumpiana del pragmatismo, estremo fino a confinare con il cinismo, non considera l’incoerenza, la volubilità come prove di inaffidabilità, ma anzi, le interpreta come dei vantaggi competitivi.

L’Ucraina è un caso esemplare. Il percorso di «The Donald» è tuttora funambolico.

Prima ha maltrattato Zelensky a Washington, poi lo ha «confessato» a San Pietro e ieri gli ha intimato di andare senz’altro a Istanbul, giovedì 15 maggio, dove, ha fatto sapere, potrebbe palesarsi anche lui per incontrare Putin.

Trump sembra cercare un qualsiasi punto di equilibrio tra le parti.

Anche se gli ucraini dovranno rinunciare a territori sottratti con la forza e rimanere potenzialmente esposti ad altri attacchi russi.

Nessun americano accetterebbe una soluzione così iniqua.

Ma, visto che si parla degli ucraini, per Trump non è un problema.

A meno che Putin non tiri troppo la corda o gli europei non riescano a convincere l’ex costruttore newyorkese che la sicurezza futura dell’Ucraina è cruciale per l’interesse (questa è la parola magica) dell’intero Occidente“.

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