L’esemplare ordinanza del gip di Milano che ordina nuove indagini sugli odiatori social di Liliana Segre

Accusare “di nazismo una reduce dai campi di sterminio integra di per sé” la diffamazione ed è “uno sfregio alla verità oggettiva” e “la più infamante delle offese per la reputazione di chi ha speso la propria vita per testimoniare gli orrori del regime e per coltivare la memoria dell’olocausto”. Così il giudice per le […] L'articolo L’esemplare ordinanza del gip di Milano che ordina nuove indagini sugli odiatori social di Liliana Segre proviene da Il Fatto Quotidiano.

Apr 28, 2025 - 13:26
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L’esemplare ordinanza del gip di Milano che ordina nuove indagini sugli odiatori social di Liliana Segre

Accusare “di nazismo una reduce dai campi di sterminio integra di per sé” la diffamazione ed è “uno sfregio alla verità oggettiva” e “la più infamante delle offese per la reputazione di chi ha speso la propria vita per testimoniare gli orrori del regime e per coltivare la memoria dell’olocausto”. Così il giudice per le indagini Alberto Carboni nell’ordinanza con cui, respingendo in gran parte le richieste della Procura, ha ordinato di andare avanti con le indagini su 86 account per gli insulti a Liliana Segre, di indagare altre nove persone e di disporre l’imputazione coatta per sette. Il “web”, scrive il gip, non può essere una zona franca. La senatrice a vita, da tempo e anche nei giorni scorsi travolta dall’odio e dai insulti sui social, anche il 25 aprile è entrata nel mirino di chi sulle pagine del Comune di Pesaro l’hanno offesa per la sua partecipazione alla Festa della Liberazione del 25 aprile scorso. Un’ordinanza storica perché va oltre il caso specifico rammentando a chi indaga che anche se le piattaforme non aiutano chi indaga, dai profili social si può desumere l’identità e quindi procedere.

L’ordinanza – L’ordinanza del giudice riguarda il procedimento con al centro “246 messaggi apparsi su internet che sono stati portati all’attenzione” dei pm “con 27 querele presentate dalla senatrice Liliana Segre dal 6.12.2022 al 10.7.2024”. Numerosi post “accostano in vario modo la senatrice Segre al nazismo”. Ma nella richiesta di archiviazione, riassume il gip, “si sostiene che è frequente nel dibattito politico l’utilizzo, per contrastare e stigmatizzare l’avversario politico, del termine ‘nazista’, ovviamente in un senso differente rispetto a quello proprio e storico”. Tesi del pm non condivisa dal gip. Accusare di nazismo una sopravvissuta alla Shoah è diffamazione “sia nei casi in cui tale epiteto viene esternato in modo apodittico e non argomentato, sia quando esso si accompagna a riferimenti che richiamano con spregevole ironia la vita nei lager”. Espressioni simili, spiega il gip, “non possono essere considerate forme di manifestazione di un pensiero critico che, per quanto discutibile, sarebbe comunque legittimo nel dibattito democratico”.

Il “tragico vissuto personale della senatrice Segre”, si legge, “e l’incidenza che l’ideologia nazista ha avuto nella sua esistenza sono circostanze che erano ben conosciute agli autori dei post, i quali hanno accostato il termine nazista alla sua immagine proprio in ragione della speciale carica offensiva che ne sarebbe derivata“. Basti notare che “nella maggior parte dei casi l’accusa di nazismo è stata veicolata mediante il richiamo a immagini o figure, come quella del kapò, che rievocano in maniera inqualificabile il passato della senatrice Segre al fine di strumentalizzarlo con chiari intenti denigratori”.

Diffamatori anche gli insulti gratuiti – Anche tutti gli insulti “gratuiti” in decine di post vanno considerati diffamatori per la “estrema diffusività dello strumento informatico” che “genera spirali di odio e violenza che sono alimentate proprio dalla inescusabile leggerezza con cui gli utenti si lasciano andare a commenti” di quel genere. E su questo non può esserci “una sorta di assuefazione”, il web non può essere “un terreno franco dove ogni insulto è consentito e dove la reputazione degli individui può essere calpestata impunemente”. Lo “schermo di un computer non è una barriera che assicura l’anonimato” e “la tastiera non è un’arma contro la quale non ci sono difese”. Va “ribadito”, conclude il gip, “che lo Stato è presente e che è pronto ad andare fino in fondo per tutelare i diritti di chi invoca il suo intervento”. Il pm di Milano Nicola Rossato aveva chiesto l’archiviazione per 17 indagati, di formulare l’imputazione coatta, ossia il decreto di citazione diretta a giudizio, per sette persone (non Chef Rubio la cui posizione viene archiviata).

“Nel 90 per cento dei casi gli insulti che riceve sono nazisti, è questo il punto, non sono insulti alla sua veneranda età o alle sue posizioni politiche, ma sono insulti nazisti”, aveva spiegato l’avvocato Vicenzo Saponara, legale della senatrice a vita e sopravvissuta alla Shoah. Avvocato che il 27 marzo aveva discusso davanti al gip l’opposizione alla richiesta del pm Rossato di archiviare la posizione. Il pm a gennaio aveva chiuso le indagini per la richiesta di rinvio a giudizio solo nei confronti di dodici persone, tra cui No vax e Pro Pal, anche residenti all’estero, accusate di diffamazione e minacce online, con l’aggravante della discriminazione dell’odio razziale. Il legale Vincenzo Saponara aveva depositato al gip una tabella contenente 246 account social e i relativi insulti e offese rivolti alla sopravvissuta alla Shoah.

L’archiviazione di Chef Rubio – È stata archiviata la posizione di Chef Rubio. “Le frasi riportate, per quanto aspre, rappresentano una manifestazione argomentata del pensiero dell’autore in ordine a un tema politicamente sensibile. I termini usati sono continenti e non si risolvono in espressioni offensive” ritiene il gip. La posizione di Gabriele Rubini, anche noto personaggio tv, è una delle dieci archiviate dal giudice. Nei vari post sul tema della causa palestinese Rubini scriveva, tra le altre cose, “condanni il sionismo” e frasi con una “forma di aspra critica su temi politicamente sensibili”. E usava pure espressioni di “pessimo gusto”, che comunque non assumono “valenza diffamatoria”. Nell’ordinanza di 75 pagine il giudice riporta una maxi tabella con tutti i 246 messaggi riportati nelle querele della senatrice a vita. Tabella in cui vengono elencati uno ad uno il “nickname” dell’account, la eventuale “individuazione” dell’autore, il “contenuto della querela” e poi la “decisione” del gip su ogni singolo messaggio postato.

I social – In relazione alle indagini per arrivare alla identificazione dei vari profili, il gip spiega che “Facebook e Instagram hanno comunicato di aver assunto in carico le richieste e hanno risposto solo su base discrezionale”. Google ha “comunicato che il diritto dell’utente di avere opinioni e diffondere idee libere da interferenze dell’autorità pubblica prevale sul legittimo interesse delle Forze dell’Ordine nelle indagini”. Twitter ha risposto “su base discrezionale ritenendo di poter comunicare i dati in possesso, sia di registrazione sia di connessione, solo per alcuni degli account richiesti”. E Telegram “non ha fornito alcuna risposta”.

Il gip, però, chiarisce che “nella maggior parte dei casi gli utenti Facebook”, ma anche dell’ex Twitter e di Instagram, “registrano il profilo con il proprio nome reale e inseriscono numerose informazioni personali” e, dunque, “la possibilità di identificare gli autori dei post è realistica“. Da qui le nuove indagini, che non sono state effettuate prima e che ora sono state ordinate al pm. Per quanto riguarda un post pubblicato nel 2022 da Nicola Barreca – segretario all’epoca della Lega a Reggio Calabria e che ora deve essere iscritto nel registro degli indagati – il gip parla di un “messaggio” che “si riduce a espressioni di scherno e derisione gratuite” anche sulla “dolorosa pratica di radere il capo alle donne che venivano internate nei lager”. Un “dileggio” di Segre “tramite la derisione fisica e la strumentalizzazione del suo doloroso passato”.

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