L’AgCom ora prende di mira gli e-commerce?

Le sempre più evidenti spaccature in seno all'AgCom sulle modalità e i poteri attribuiti al Piracy Shield non frenano l'autorità che va verso un ampliamento del raggio d'azione della piattaforma e mette nel mirino anche gli e-commerce

Mar 5, 2025 - 12:36
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L’AgCom ora prende di mira gli e-commerce?

Le sempre più evidenti spaccature in seno all’AgCom sulle modalità e i poteri attribuiti al Piracy Shield non frenano l’autorità che va verso un ampliamento del raggio d’azione della piattaforma e mette nel mirino anche gli e-commerce

Dopo aver preso a cannonate i siti che trasmettono illegalmente le partite pirata, tirando giù anche servizi estranei e lacerandosi platealmente al proprio interno sull’opportunità di perseverare con modalità di intervento tanto invasive, l’AgCom mette ora nel mirino le piattaforme di e-commerce. Lo suggerisce un post LinkedIn del commissario in quota Lega Massimiliano Capitanio, che ha scoperto quello che forse i più già sapevano, ovvero che “Basta digitare parole chiave come ‘abbonamento calcio’ o ‘streaming cinema’ per trovare diversi venditori che garantiscono l’accesso alle più svariate pay tv di tutto il mondo”.

L’ESPERIMENTO DI CAPITANIO

“Chiaramente – aggiunge il membro dell’autorità – a prezzo stracciato (non fatelo – si appresta a specificare Capitanio -, vi costerebbe una multa da 5.000 euro in base alla legge 93/2023). Una volta fatta la transazione (in questo modo si cedono i propri dati ai criminali), il venditore ti invia username e password in modo così immediato, che l’utente è quasi portato a credere che si tratti di un’alternativa legale all’acquisto sui siti ufficiali del titolare dei diritti”.

L’UE NON FA ABBASTANZA?

“Chiaramente – sottolinea Capitanio – non è così: è solo il mancato rispetto delle regole da parte della piattaforma di e-commerce a consentire una così ampia e facile diffusione di contenuti pirata”. Qui il post del commissario dell’Agcom inizia a svelare il reale obiettivo delle sue dichiarazioni: “Eppure, il Regolamento sui servizi digitali impone a tutti i marketplace di compiere il massimo sforzo possibile per valutare se i venditori offrono servizi conformi alle norme applicabili del diritto dell’Unione, compreso il copyright”.
Ci si aspetta, insomma, un intervento nazionale, stante l’appurata inefficacia nell’applicazione del Dsa: “Quelle piattaforme di e-commerce – continua sempre Capitanio – che rientrano tra le Very Large Online Platform perché hanno più di 45 milioni di utenti al mese nell’Ue, devono anche identificare, analizzare e valutare i rischi sistemici di diffusione di contenuti illegali, tra cui rientrano ovviamente i contenuti pirata”.

CONTRO GLI E-COMMERCE ORA SI MUOVE L’AGCOM?

“L’AgCom – conclude Capitanio -, per quanto in suo potere anche in qualità di Dsc, sta facendo di tutto per vigilare sui grandi player internazionali, sia rafforzando i suoi poteri contro la pirateria, sia attuando tutte le misure necessarie per implementare il Dsa. Anche la Commissione europea, che gioca un ruolo fondamentale nell’attuare il Dsa, deve fare il possibile per agire tempestivamente e far sì che, almeno in Europa, le big tech rispettino le regole”.

PIU’ POTERE AL PIRACY SHIELD?

Intanto l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha avviato una consultazione pubblica sulle modifiche al regolamento per la tutela del diritto d’autore online. Le proposte ampliano la sfera di intervento delle “ingiunzioni dinamiche”, includendo non solo le trasmissioni in diretta di eventi sportivi, ma anche le prime visioni di opere cinematografiche, programmi di intrattenimento e altri contenuti audiovisivi di rilevanza sociale o di grande interesse pubblico.
I titolari di tali diritti potranno quindi presentare istanza all’Autorità per richiedere l’oscuramento immediato dei contenuti trasmessi illegalmente e ottenere l’accesso alla piattaforma Piracy Shield che dunque sarà evocabile al di fuori delle giornate di Campionato.

LA SPACCATURA IN AGCOM

Di diverso avviso continua a essere la commissaria Elisa Giomi che su Facebook ancora una volta sottolinea: “Rimane sproporzionato il ruolo attribuito ai segnalatori privati che tramite piattaforma possono bloccare domini e indirizzi IP in automatico, senza adeguato accertamento da parte di AgCom”. “E cosa significa – aggiunge – che il blocco può scattare anche se i domini sono solo “prevalentemente” – non più “unicamente” – destinati alla violazione del copyright? Così si rischia di penalizzare contenuti leciti, incidendo sulla libertà di espressione e di impresa”.
“Non solo: il processo di ripristino di siti bloccati per errore – sottolinea Giomi – è lento e i fornitori di servizi di rete sostengono costi elevati senza indennizzi…”. La consultazione pubblica potrebbe consentire all’Autorità di raccogliere i pareri anche dei portatori di interessi che hanno già manifestato di non gradire l’attività del Piracy Shield. Resta da vedere se tali commenti saranno tenuti in considerazione, dato che al momento la strategia sembra essere quella di proseguire sulla strada intrapresa, intensificando gli interventi.