L’abolizione del reato di abuso d’ufficio è incostituzionale? Oggi la Consulta esamina la legge di Nordio e Meloni
Ricordate? Con l’abolizione dell’abuso d’ufficio, decisa dal governo Meloni contro l’Europa e contro i migliori giuristi italiani – e con il Guardasigilli Carlo Nordio come maggiore sponsor – 3.600 condanne definitive stanno via via andando in fumo. E infatti il giudice di Locri, che il 5 dicembre 2024 ha fatto ricorso alla Consulta contro la […] L'articolo L’abolizione del reato di abuso d’ufficio è incostituzionale? Oggi la Consulta esamina la legge di Nordio e Meloni proviene da Il Fatto Quotidiano.

Ricordate? Con l’abolizione dell’abuso d’ufficio, decisa dal governo Meloni contro l’Europa e contro i migliori giuristi italiani – e con il Guardasigilli Carlo Nordio come maggiore sponsor – 3.600 condanne definitive stanno via via andando in fumo. E infatti il giudice di Locri, che il 5 dicembre 2024 ha fatto ricorso alla Consulta contro la soppressione dell’abuso d’ufficio, parte proprio da qui, e segnala che un condannato definitivo ha chiesto la revoca della sua condanna.
Oggi, alla Corte costituzionale, grande giornata di spolvero. La legge più bandiera di tutte dell’asse FdI, Fi, Lega, arriva al redde rationem. Quattordici uffici giudiziari le hanno dichiarato guerra. Ben 37 avvocati, tra cui nomi notissimi del foro, come gli anche professori di diritto Vittorio Manes, Vincenzo Maiello, Giovanni Grasso, Giovanni Flora, saranno lì a sostenere la legittima eutanasia del reato soppresso che però, col numero 323, “viveva” già nel codice fascista firmato nel 1930 da Alfredo Rocco. Lo faranno davanti a un giudice relatore di tutto rispetto, il vicepresidente della stessa Corte Francesco Viganò, che nella sua storia personale può vantare di essere stato allievo di un giurista come Giorgio Marinucci all’università Statale di Milano.
In compenso, nell’emiciclo dei giudici, ci sarà anche Francesco Saverio Marini, il figlio d’arte per eccellenza, visto che suo padre Annibale è stato presidente della Consulta in quota Alleanza nazionale, ma che al suo attivo ha l’essere stato consigliere giuridico della premier Giorgia Meloni. Decisamente un unicum questo, che gli farà recitare due parti in commedia tra il suo passato di suggeritore di leggi al governo, e il suo presente di chi è chiamato anche a bocciarle in quanto incostituzionali.
Come finirà alla Corte, e che destino avrà l’abuso d’ufficio, è ancora presto per dirlo. Ma due fatti, negli interna corporis della stessa Consulta, sono ben accreditati. Il primo: a far colpo è stata soprattutto la portata dei singoli 14 casi sul tappeto e la contezza giuridica che i medesimi potrebbero finire tutti nel nulla. Sono stati commessi tutti questi abusi d’ufficio e di potere via via documentati e raccontati nei minimi dettagli nelle 14 ordinanze? Probabile. Ma, checché ne abbia detto Nordio, quando in più di un’occasione ha sostenuto che “il codice è pieno di possibili reati da contestare in luogo dell’abuso d’ufficio”, i processi potrebbero finire in fumo se la Corte dovesse schierarsi per un’inammissibilità oppure un’infondatezza.
Ed è proprio questa la consapevolezza di giudici che in più di un caso saranno costretti a guardarsi in faccia null’altro pensando che a quel buco nel codice penale, venutosi a creare con la legge che ha soppresso l’abuso d’ufficio. Una “abolizione” dunque. È questa la parola chiave che rappresenterà un ulteriore elemento di riflessione. Perché, per la Consulta, ripristinare e far rivivere un reato che ormai non esiste più è davvero un bel problema. Può non essere possibile. Nel 2010, l’allora giudice Gaetano Silvestri, poi divenuto presidente della Corte, ha riallargato una norma in materia di rifiuti. Il solo caso di “reviviscenza” a seguito di un obbligo internazionale. Il che potrebbe costituire un bel precedente visto che il nostro abuso d’ufficio soppresso ha fatto inviperire i giuristi internazionali e chi sostiene che ciò è vietato dalla convenzione di Merida sulla corruzione, sottoscritta all’Onu nel 2003.
È dunque con questa consapevolezza che la Corte va in scena per una decisione che almeno al 50% avrà un sapore inevitabilmente politico. Ma partendo dai fatti, come l’ordinanza del tribunale di Firenze del 24 settembre 2024, la prima in ordine di tempo, che solleva una questione di legittimità costituzionale contro l’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Alle spalle, per tre anni, ci sono state le 40 udienze già svolte, e le 80 persone ascoltate tra testimoni, periti, consulenti. Chiamati sul caso della ex pm e poi procuratore aggiunto Antonella Duchini della procura di Perugia, accusata, in concorso con dei carabinieri nella veste di ufficiali di polizia giudiziaria, di avere adottato un decreto di sequestro preventivo di quote sociali al di fuori dei presupposti di legge per danneggiare alcuni imprenditori, e favorendone altri.
Un caso che ci dimostra, come ha detto più volte il professore di diritto penale dell’Università Statale di Milano Gian Luigi Gatta, che nell’abolizione dell’abuso d’ufficio “non c’è nulla, ma proprio nulla a che vedere con la paura della firma di sindaci e amministratori pubblici, evocata come uno spettro per cancellare proprio questo reato”.
Proprio Gatta, in più di un’occasione, ha segnalato come la soppressione dell’abuso incida anche sui commissari di concorso. Ed eccolo un caso, l’ordinanza romana del 5 febbraio, dove il gip solleva la questione di costituzionalità per via di un candidato al concorso e di un componente della commissione esaminatrice che avrebbe alterato l’andamento e l’esito del concorso stesso per 500 posti da magistrato ordinario. Dai fatti emerge con evidenza una stretta relazione tra il commissario e il concorrente, tale da alterare la necessaria imparzialità.
Se ci buttiamo sui sindaci, scopriamo quanto l’abolizione dell’abuso d’ufficio sia stata un vero disastro. Ecco l’ordinanza dell’11 novembre 2024 del tribunale di Bolzano, sull’illegittimo rilascio di una concessione edilizia in assenza dei presupposti di legge, sulla base di una motivazione ideologicamente falsa in quanto fondata su un’inesistente delibera della giunta provinciale che l’autorizzava. Di mezzo c’è la legale rappresentante di una società beneficiaria del provvedimento, nonché assessore alla Cultura dello stesso Comune e dello stesso partito di chi si è battuto per approvare il provvedimento, violando una legge urbanistica provinciale. Il tutto per realizzare un parcheggio a pagamento, in aperto contrasto con gli obblighi urbanistici e paesaggistici.
Aver soppresso l’abuso d’ufficio consente, come dimostra il caso sollevato dal tribunale di Busto Arsizio il 21 ottobre, che in un Comune la componente di una commissione per selezionare il direttore di una municipalizzata possa non astenersi anche se dovrebbe essere nelle condizioni di farlo. E non va diversamente nel caso del ricorso alla Corte del tribunale di Modena del 12 novembre, quando l’abuso d’ufficio viene contestato alla dirigente del servizio valutazioni, autorizzazioni e controlli ambientali della Provincia di quella città per via del rinnovo di un’autorizzazione per gestire una discarica, nonostante i dati rivelassero che il limite massimo di contenimento era già stato raggiunto.
Ma proprio i professori universitari sono i protagonisti di almeno due Concorsopoli, quelle di Firenze e quella di Catania. Entrambi arrivano alla Corte tra ottobre e novembre e hanno per oggetto concorsi universitari truccati. Dulcis in fundo, anche chi si occupa dei servizi veterinari può godere per l’abuso d’ufficio che non c’è più. Come documenta il ricorso alla Consulta dello scorso gennaio in arrivo da un gup di Locri, sul caso di chi, con un incarico pubblico e un figlio titolare di un ambulatorio, può impedire l’apertura di un nuovo centro non rilasciando le necessarie certificazioni. Alla faccia del conflitto d’interessi che gli italiani giusti vogliono punire chiedendo una legge sin dai tempi di Berlusconi.
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