Sugar Tax: il grande inganno della tassa sullo zucchero

Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto, il 1° luglio prossimo dovrebbe entrare in vigore in Italia la «tassa sullo zucchero» (Sugar Tax). Forza Italia e Lega avevano chiesto di rinviarla al 2026, ma la proposta è stata respinta dalla Ragioneria dello Stato. Cos’è esattamente la tassa sullo zucchero? In realtà, il nome scelto per questa norma è […] The post Sugar Tax: il grande inganno della tassa sullo zucchero appeared first on L'INDIPENDENTE.

Mag 8, 2025 - 13:31
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Sugar Tax: il grande inganno della tassa sullo zucchero

Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto, il 1° luglio prossimo dovrebbe entrare in vigore in Italia la «tassa sullo zucchero» (Sugar Tax). Forza Italia e Lega avevano chiesto di rinviarla al 2026, ma la proposta è stata respinta dalla Ragioneria dello Stato. Cos’è esattamente la tassa sullo zucchero? In realtà, il nome scelto per questa norma è ingannevole, in quanto essa si applica solo alle bevande zuccherate e a quelle energetiche, ma non a tutti i cibi e prodotti che contengono zucchero aggiunto, come ad esempio merendine, brioche, caramelle, ecc. Una denominazione precisa sarebbe quindi «tassa sulle bibite zuccherate», non «tassa sullo zucchero». Ma sorvoliamo su questo e concentriamoci sulla sostanza.

Che cos’è la Sugar Tax italiana

La sugar tax (tassa sulle bevande zuccherate) è una misura fiscale introdotta da diversi Paesi europei e nel mondo, con l’obiettivo di ridurre il consumo di zucchero aggiunto nelle bevande e promuovere comportamenti alimentari più sani. In Italia, questa tassa si applica alle bevande zuccherate, incluse quelle energetiche, tè freddi, cedrate, chinotto, bitter, succhi di frutta con zucchero aggiunto e altre bevande dolcificate con edulcoranti artificiali.

La cosiddetta «tassa sullo zucchero» nasce con diversi obiettivi. In primis, quello di tutelare la salute pubblica, riducendo l’incidenza di malattie croniche come obesità, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e tumori, fortemente correlate al consumo eccessivo di zuccheri. A questo si aggiungono obiettivi economici, ovvero generare entrate fiscali da reinvestire in programmi di salute pubblica e di educazione alimentare. Un ulteriore obiettivo è incentivare i produttori a riformulare ricette e ingredienti dei loro prodotti, riducendo il contenuto di zucchero e offrendo ai consumatori alternative più salutari.

Inizialmente, l’aliquota prevista era di 10 centesimi di euro per litro e, per i prodotti in polvere da diluire, di 0,25 euro per kg. Tuttavia, a seguito dei vari emendamenti introdotti dal governo dal 2020 a oggi, l’aliquota è stata dimezzata: per il primo anno sarà pari a 5 centesimi di euro al litro per le bibite zuccherate e 13 centesimi al chilogrammo per i prodotti da diluire (es. tè in polvere in bustina). Dal 2026, salirà rispettivamente a 10 e 25 centesimi.

La legge era stata varata dal Governo Conte II, nell’ambito della manovra finanziaria (Legge di Bilancio) del 2020, quando ministra della Salute era Giulia Grillo. Successivamente, anche a causa della forte opposizione del ministro Antonio Tajani, la sua entrata in vigore è stata rinviata otto volte, fino a quando, nel maggio scorso, è stata fissata al 1° luglio 2025.

Prima di attribuire però dei meriti — del tutto ingiustificati, come vedremo tra poco — al governo Conte, è bene ricordare che nel 2019 la testata Il Fatto Alimentare aveva promosso una raccolta firme a favore di una sugar tax del 20% sulle bibite zuccherate, sostenuta da dieci società scientifiche italiane operanti in ambito nutrizionale e diabetologico, e da 340 nutrizionisti, pediatri e medici. La proposta fu ignorata dal governo. E chi c’era al governo nel 2019? Nel corso di quell’anno si sono succeduti due esecutivi guidati da Giuseppe Conte: il Conte I, fino a settembre, e il Conte II, in carica dal 5 settembre 2019 al 13 febbraio 2021.

Il risultato netto finale: è stata ignorata una proposta seria per contenere i consumi di zucchero, ed è stata invece varata una misura giudicata alquanto irrilevante, che difficilmente potrà avere effetti concreti nella riduzione del consumo di bevande zuccherate e nella tutela della salute pubblica.

Critiche alla Sugar Tax italiana

Per rendersi conto della completa irrilevanza di questo provvedimento normativo in Italia, basta il semplice buon senso e un minimo di spirito critico. Da quando entrerà in vigore la tassa, un litro di Coca-Cola o Fanta costerà, ai prezzi correnti, 1,85 euro anziché 1,80, mentre una bibita alla cola o un’aranciata a marchio del supermercato costerà 0,85 euro invece di 0,80.

Si tratta di aumenti irrilevanti, che potrebbero non portare a una diminuzione dei consumi. La riduzione dei consumi si è verificata nei Paesi dove la tassa è elevata, attorno al 20% del prezzo base, e soprattutto progressiva, cioè cresce con l’aumentare della concentrazione di zucchero in un prodotto (come nel Regno Unito, Ungheria, Messico e Cile). La sugar tax italiana non possiede nessuna di queste due caratteristiche.

Questa misura è dunque destinata al fallimento già in partenza, ma potrà servire per offrire un’immagine di facciata di attenzione alla salute da parte del governo, e per venire incontro alle esigenze dell’industria delle bibite e dello zucchero. Quest’ultima ha più volte protestato e ottenuto tavoli di confronto col governo italiano, prospettando un futuro disastroso per il settore e per l’occupazione, riuscendo a ottenere ripetute dilazioni per una tassa che si ha il coraggio di presentare come un provvedimento a tutela della salute pubblica.

Persino Coldiretti e Confagricoltura si sono detti contrari, sostenendo che la tassa sullo zucchero scoraggerebbe il consumo di prodotti Made in Italy come chinotti e cedrate.

La Sugar Tax degli altri

In Europa, la sugar tax è presente in Norvegia, Finlandia, Francia, Spagna, Polonia e Ungheria. In Cile e Messico, dove la sugar tax è elevata e progressiva, i consumi sono calati del 12%. In Danimarca, invece, la tassa è stata ritirata perché era facile procurarsi bevande non tassate in Germania o Svezia.

Il Belgio (dal 2016) applica un’imposta fissa per litro di bevande, così come l’Ungheria (dal 2011), dove la tassa è estesa anche a numerosi alimenti solidi. La Norvegia ha introdotto un’imposta fissa per litro sulle bevande zuccherate oltre un secolo fa, nel 1922, aumentandola nel 2018.

Laddove l’incremento di prezzo ha raggiunto il 20–30%, si è registrato un vistoso calo dei consumi, soprattutto quando i ricavi statali non sono stati destinati solo a fare cassa, ma reinvestiti in campagne di educazione alimentare e promozione della salute. Senza un contemporaneo investimento in programmi educativi e in robuste campagne di sensibilizzazione ai corretti stili di vita, può verificarsi uno spostamento dei consumi verso altre fonti di zucchero o calorie.

Secondo dati aggiornati al 2023, la sugar tax è presente in 105 Paesi, coprendo il 51% della popolazione mondiale: in particolare, il 67% nei Paesi a basso reddito e il 29% in quelli ad alto reddito.

Quanto è grave il problema dello zucchero?

A conclusione di questo articolo, è importante offrire un quadro, seppur sintetico, del grave problema alla base di queste misure statali contro le bevande contenenti zucchero o dolcificanti artificiali. Secondo gli ultimi dati disponibili del Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione del CREA, in Italia consumiamo in media 83 grammi di zuccheri semplici al giorno pro capite, contro i 25 grammi massimi raccomandati per una dieta da 2.000 calorie.

Percentuale di bambini di 8-9 anni che consuma ogni giorno bevande zuccherate (Fonte: Osservatorio Okkio alla salute ISS)

Ogni anno beviamo 54 litri di bevande gassate e zuccherate a testa, equivalenti a 5 kg di zucchero pro capite. L’ultimo dato elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità indica che il 24,6% dei bambini italiani consuma bibite zuccherate e/o gassate tutti i giorni. Si tratta di dati di estrema gravità, che impongono una riflessione seria e lo studio di misure realmente efficaci volte a cambiare i comportamenti alimentari.

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