Gaza: alla vigilia della “soluzione finale” di Israele, l’ONU condanna il silenzio globale

Un gruppo di oltre 20 esperti e relatori dell’ONU ha condannato il silenzio complice degli Stati sul genocidio in Palestina, lanciando un appello globale perché si muovano per fermarlo. Giusto qualche giorno prima, il Parlamento Europeo ha rigettato due mozioni di modifica dell’agenda che chiedevano di inserire un dibattito assembleare sull’attacco alla nave Conscience della […] The post Gaza: alla vigilia della “soluzione finale” di Israele, l’ONU condanna il silenzio globale appeared first on L'INDIPENDENTE.

Mag 8, 2025 - 13:31
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Gaza: alla vigilia della “soluzione finale” di Israele, l’ONU condanna il silenzio globale

Un gruppo di oltre 20 esperti e relatori dell’ONU ha condannato il silenzio complice degli Stati sul genocidio in Palestina, lanciando un appello globale perché si muovano per fermarlo. Giusto qualche giorno prima, il Parlamento Europeo ha rigettato due mozioni di modifica dell’agenda che chiedevano di inserire un dibattito assembleare sull’attacco alla nave Conscience della Freedom Flotilla, e uno sul piano israeliano di occupare militarmente la Striscia di Gaza. Durante quella stessa sessione, gli europarlamentari sono stati impegnati a parlare di riarmo e ad approvare con procedura d’urgenza il passaggio immediato al voto per la revisione dei fondi di coesione prevista dal piano von der Leyen. «Mentre gli Stati dibattono sulla terminologia – si tratta o non si tratta di genocidio? – Israele continua la sua incessante distruzione della vita a Gaza, massacrando impunemente la popolazione sopravvissuta». A permetterlo, denunciano gli esperti, è proprio l’omertà generale; come nel caso degli Stati europei, che quotidianamente ignorano la distruzione, lo sfollamento, i massacri, e la carestia che Israele sta portando avanti e provocando in Palestina.

La lettera dei relatori ed esperti ONU è stata condivisa ieri, mercoledì 7 maggio. Siamo davanti a un bivio, scrivono gli esperti: «Agire ora per porre fine alla violenza o assistere all’annientamento della popolazione palestinese a Gaza». È arrivato il momento di «superare la retorica e adottare misure coercitive per porre immediatamente fine alla carneficina», tenendo a mente che chiunque continui «a sostenere Israele materialmente o politicamente, in particolare tramite trasferimenti di armi e la fornitura di servizi militari e di sicurezza privati, rischia di rendersi complice di genocidio e altri gravi crimini internazionali». La lettera vuole condannare e spezzare il clima di omertà generale sulla questione palestinese e arriva proprio due giorno dopo la decisione di ignorare il piano di occupazione della Striscia e l’attacco alla nave Conscience da parte del Parlamento europeo. Contro il primo, l’UE si è limitata a rilasciare la solita dichiarazione di circostanza, in cui si professa «preoccupata». Sul secondo, non ha rilasciato alcun commento.

«La decisione è netta: rimanere passivi e assistere al massacro di innocenti o partecipare alla creazione di una giusta soluzione», scrivono i relatori. Per farlo, gli strumenti a disposizione degli Stati ci sono, e sono diversi, come già espresso dalla relatrice speciale Francesca Albanese svariate volte: fermare il commercio di armi con Israele, prendere misure di natura politica ed economica – come le sanzioni – per esercitare pressioni su Tel Aviv, supportare il Sudafrica nella sua causa contro Israele per genocidio, costringere Israele ad ammettere i propri crimini e a ripagare per i danni causati, continuare a fornire aiuto economico alle organizzazioni presenti sul posto. Alcuni Stati europei, come Spagna e Irlanda, si sono effettivamente mossi per provare a esercitare pressioni sullo Stato ebraico, chiedendo di rivedere l’accordo UE-Israele. Esso sta alla base delle relazioni economiche dell’Unione con Tel Aviv, e si fonda sul rispetto dei principi democratici e dei diritti umani. Recentemente anche l’Olanda, finora uno dei Paesi membri dell’UE che ha mostrato più supporto a Israele, ha richiesto una revisione dell’accordo.

Come sottolineano i relatori, mentre il mondo ignora quello che succede in Palestina, a Gaza, la gente inizia a morire di fame: dopo oltre due mesi di blocco totale dell’entrata degli aiuti umanitari, World Central Kitchen ha affermato di avere terminato le scorte di cibo. L’annuncio di WCK fa seguito a quello del Programma Alimentare Mondiale, che ha dichiarato di aver ormai terminato le scorte di cibo per le famiglie, mentre la maggior parte degli altri magazzini nella Striscia sono già chiusi da tempo. Parallelamente, il prezzo dei beni alimentari è aumentato a dismisura, con la farina che ha raggiunto i 72,60 dollari al chilo (contro i 6,70 dollari al chilo di ottobre 2023) e l’olio i 12,60 dollari al litro (prima di ottobre 2023 il prezzo era di 1,90 dollari al litro); le cucine comuni stanno chiudendo e hanno finito il carburante, mentre i cittadini che provano a cucinare per sé stanno facendo ricorso alla combustione dei rifiuti e dei resti di cibo deteriorati. In un video pubblicato sui social, la giornalista Bisan Owda ha rilasciato una video-testimonianza in cui racconta che «la gente, la mia gente, cammina per le strade senza essere in grado di riconoscere cosa ha attorno» a causa della fame. «Israele sta usando la fame come strumento di guerra».

Il genocidio continua anche a colpi di bombe. Ieri Israele ha lanciato intensi bombardamenti in tutta la Striscia sullo sfondo del nuovo piano approvato per occupare militarmente Gaza che dovrebbe entrare in vigore dopo la visita di Trump in Medio Oriente tra il 13 e il 16 maggio. Ieri, l’aviazione israeliana ha colpito la scuola Abu Hamisa nel campo profughi di Bureij, situato nel Governatorato di Deir al-Balah, uccidendo almeno 32 palestinesi. Israele ha bombardato anche Gaza City, colpendo un ristorante thailandese e la scuola di al-Karama, uccidendo rispettivamente 33 e 15 persone. Altri attacchi sono stati registrati nel Governatorato di Nord Gaza, dove Israele sta portando avanti il piano di demolizione degli edifici, e a sud, a Khan Younis, dove Israele ha bombardato una residenza familiare, uccidendo 8 persone. Solo nella giornata di ieri Israele ha ucciso almeno 102 persone, ferendone altre 193.

Dall’escalation del 7 ottobre, Israele ha distrutto o danneggiato il 92% delle case (l’ultimo aggiornamento risale a prima del cessate il fuoco del 19 gennaio), l’82% delle terre coltivabili (i dati più recenti sono di ottobre 2024), l’88,5% delle scuole (dato del 25 febbraio 2025) e, in generale, il 69% di tutte le strutture della Striscia (1 dicembre 2024). Il 59% del territorio della Striscia risulta sotto ordine di evacuazione o interdetto ai civili. In totale, l’esercito israeliano ha inoltre ucciso direttamente almeno 52.653 persone, anche se il numero totale dei morti potrebbe superare le centinaia di migliaia, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet e da una lettera di medici volontari nella Striscia.

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