“La mia vita è sopravvivenza”: il Primo Maggio di chi lavora per 950 euro al mese. In un ente pubblico

Il carrello della spesa” dell’Istat, misura del costo della vita, oggi è più caro del 25% rispetto al 2021. Ma la busta paga di Maurizio Locatelli da addetto al servizio di portierato della Provincia di Lodi da allora è rimasta uguale: poco più di mille euro netti al mese. Con la differenza che all’epoca aveva […] L'articolo “La mia vita è sopravvivenza”: il Primo Maggio di chi lavora per 950 euro al mese. In un ente pubblico proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 1, 2025 - 08:30
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“La mia vita è sopravvivenza”: il Primo Maggio di chi lavora per 950 euro al mese. In un ente pubblico

Il carrello della spesa” dell’Istat, misura del costo della vita, oggi è più caro del 25% rispetto al 2021. Ma la busta paga di Maurizio Locatelli da addetto al servizio di portierato della Provincia di Lodi da allora è rimasta uguale: poco più di mille euro netti al mese. Con la differenza che all’epoca aveva un part time da 20 ore a settimana a cui sommava qualche straordinario, mentre oggi di ore ne fa 8 al giorno. In mezzo c’è stato un cambio di appalto con il passaggio al Ccnl dei servizi fiduciari, famigerato per le paghe da fame ma poi rinnovato su spinta di numerosi interventi della magistratura sulle aziende del comparto. Non è bastato per allontanarlo dalla soglia della povertà. La sua storia è quella di molti lavoratori che – proprio negli anni in cui gli occupati aumentavano costantemente, per la soddisfazione del governo – a causa dell’inflazione hanno perso tanto potere d’acquisto da scivolare in una vita che, dice Locatelli, “è sopravvivenza“. È l’emergenza evocata ieri dal capo dello Stato Sergio Mattarella, mentre l’istituto di statistica rilevava che a marzo le retribuzioni contrattuali reali erano ancora sotto dell’8% rispetto a quelle del gennaio 2021. In questo caso c’è un’aggravante: il datore di lavoro è un ente pubblico.

“Sto in una stanza con bagno al Collegio vescovile di Lodi perché, dopo il divorzio, non ho potuto permettermi un monolocale in affitto”, racconta. “Ci sono stati mesi in cui per le prime due settimane facevo un pasto al giorno alla mensa del collegio (costa 5 euro), poi mi arrangiavo mangiando una scatoletta di tonno o dei fagioli. Non ho più la macchina, ma tanto per me fare non dico una vacanza ma anche solo un weekend fuori città è escluso. L’anno scorso mi sono concesso due uscite in moto in giornata, quest’anno spero di riuscire a fare almeno lo stesso”.

Locatelli ha lavorato per anni nel settore della cartotecnica: azionava le grandi macchine che tagliano i materiali con cui si fanno opuscoli e cartelloni pubblicitari. Il contratto era buono. “Poi lo sforzo fisico di quel lavoro si è fatto sentire: ho subìto due interventi alle spalle che mi hanno reso invalido all’80%. A quel punto mi hanno lasciato a casa”. Segue la disoccupazione, accompagnata dalla separazione dalla moglie. Per rientrare nel mercato fa per un po’ l’addetto alle pulizie, “fino a quando, finita la Naspi, il centro per l’impiego mi ha proposto un incarico da custode e sorvegliante per gli eventi estivi della provincia di Lodi. A fine stagione la cooperativa mi ha assunto con un part time a 20 ore a settimana”. Il contratto era quello delle cooperative sociali: paga oraria di 7,5 euro. “Facendo anche molti eventi extra, a fine mese portavo a casa fino a 1.100 euro“.

Nel 2023 il servizio di portierato viene rimesso a gara. Al massimo ribasso, come spesso avviene in questi casi. Vince la Holding service di Modugno (Bari), che sceglie di applicare ai lavoratori non il contratto Multiservizi ma il vecchio Ccnl Servizi fiduciari. “Ci avevano promesso che la paga sarebbe rimasta la stessa, e visto che il nuovo presidente della Provincia aveva prolungato gli orari di apertura avevo sperato di vedere qualche soldo in più. Poi apro la prima busta e scopro che il compenso orario è sceso a 5,5 euro. Chiedo conto e mi dicono: sì, è legale”. Ma con il suo part time al 90% più un 10% di straordinari, l’esonero contributivo per i redditi bassi e l’ex bonus Renzi significa ritrovarsi in tasca “900-950 euro al mese“.

Un incontro in Prefettura con i rappresentanti della provincia, organizzato attraverso il sindacato, finisce in nulla. Locatelli decide di far causa, una delle tante che contestano l’adeguatezza di quel contratto applicato a circa 100mila lavoratori anche se giudicato incostituzionale dalla Cassazione. Nel frattempo, complici i tanti commissariamenti di gruppi del settore, arriva l’atteso rinnovo che prevede progressivi aumenti di stipendio (ma la maggiorazione per straordinari e lavoro estivo cala a sua volta progressivamente) e l’introduzione della quattordicesima. “Ma l’azienda ha continuato ad applicare i vecchi compensi”, racconta l’avvocato Alessandro Villari che ha seguito la vicenda. “Lo scorso settembre, per via giudiziale, siamo riusciti a ottenere l’adeguamento con effetto retroattivo fin dall’inizio del rapporto utilizzando le nuove tabelle retributive come parametro di retribuzione proporzionata e sufficiente. Del resto ora sono in linea con gli altri contratti del settore, per quanto pessimi”. Risultato: oggi “la retribuzione lorda tabellare” di Locatelli è di “1.240 euro mensili“, che si abbassano a causa del part time.

“La provincia ci ha fregati, messi alla fame”, ragiona Locatelli. “Quasi tutti i colleghi hanno un disagio psicologico per la situazione di incertezza in cui ci ritroviamo. Sto cercando di ricostruirmi una vita dopo il divorzio ma non ho una casa, mi sento disumanizzato. Per fortuna mancano sei anni alla pensione: c’è chi è messo peggio”.

Immagine realizzata con l’Intelligenza artificiale

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