La COP16 sulla Biodiversità di Roma è stata un timido successo (e nessuno se lo aspettava)

L’obiettivo principale della COP16 è stato quello di valutare e promuovere l’attuazione del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework, adottato nel 2022, che mira a fermare la perdita di biodiversità entro il 2030, proteggendo il 30% delle terre e degli oceani. Un obiettivo che ha portato a un accordo per adottare una strategia che prevede di mobilitare […] The post La COP16 sulla Biodiversità di Roma è stata un timido successo (e nessuno se lo aspettava) appeared first on The Wom.

Mar 5, 2025 - 10:09
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La COP16 sulla Biodiversità di Roma è stata un timido successo (e nessuno se lo aspettava)
La 16ª Conferenza delle Parti (COP16) della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (CBD), svoltasi a Roma dal 25 al 28 febbraio 2025, è stata più turbolenta del previsto. Si è infatti dovuta svolgere in 2 sessioni perché con l’incontro di ottobre 2024, a Cali in Colombia, si era raggiunto il nulla di fatto. Fortunatamente però a Roma è stato raggiunto un accordo. Una sorpresa che riaccende la speranza

L’obiettivo principale della COP16 è stato quello di valutare e promuovere l’attuazione del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework, adottato nel 2022, che mira a fermare la perdita di biodiversità entro il 2030, proteggendo il 30% delle terre e degli oceani. Un obiettivo che ha portato a un accordo per adottare una strategia che prevede di mobilitare 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 per la conservazione della biodiversità. Questo include l’impegno a raccogliere 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2025, aumentando a 30 miliardi entro il 2030, con contributi da fonti pubbliche, private e filantropiche. ​Ma facciamo un passo indietro: perché è importante tutelare la biodiversità?

COP16: perché è necessario difendere la biodiversità

Per definizione, la biodiversità rappresenta la varietà della vita sulla Terra, a diversi livelli. Detto in parole povere, è la diversità di forme di vita che si trova in un ecosistema, all’interno di una specie o, più banalmente, all’interno del patrimonio genetico. Per quanto possa sembrarci qualcosa di poco tangibile, la biodiversità, o diversità biologica, è fondamentale per la sicurezza alimentare, poiché una maggiore diversità genetica nelle piante coltivate aumenta la resilienza delle colture alle malattie e ai cambiamenti climatici. Per quanto riguarda la salute, numerosi farmaci derivano direttamente o indirettamente da risorse naturali. Ad esempio, il mercato mondiale dei farmaci vale 650 miliardi di dollari e quasi la metà si basa su farmaci tratti, direttamente o indirettamente, dai regni vegetale e animale.

La perdita di biodiversità non è solo la perdita delle api sulle margherite ma consiste nella compromissione della nostra vita sulla terra, mettendo in difficoltà la scoperta di nuovi medicinali e la sicurezza alimentare globale

Il fallimento della COP16 di Cali, in Colombia

A ottobre 2024 si è svolta in Colombia la sedicesima COP sulla biodiversità che si sarebbe dovuta concludere con un accordo (ne avevamo scritto qui). Tuttavia, tra divisioni sui metodi di finanziamento, mancanza di consensi sulla necessità di monitorare i progressi e, non per ultimo, problemi logistici e organizzativi (la sessione plenaria finale è stata sospesa a causa della mancanza del quorum necessario, poiché molti delegati avevano già lasciato la conferenza) COP16 in Colombia può essere definita un quasi totale fallimento.

Alcuni aspetti, però, hanno funzionato:

  • L’istituzione del “Cali Fund”, fondo globale creato per garantire che le comunità indigene e locali ricevano una parte dei guadagni derivanti dall’uso delle informazioni genetiche digitali. Questi dati, ottenuti dal DNA di piante, animali e microrganismi, vengono usati da aziende farmaceutiche e biotecnologiche per creare nuovi prodotti, semi più resistenti e medicinali. Per rendere più equa la distribuzione dei benefici, le aziende possono contribuire volontariamente versando lo 0,1% dei ricavi o l’1% dei profitti. Il 50% dei fondi raccolti andrà direttamente alle comunità custodi di queste risorse. L’obiettivo è evitare che solo le grandi industrie traggano vantaggio dalla biodiversità, escludendo chi l’ha protetta per secoli.
  • Il riconoscimento delle popolazioni indigene e delle comunità locali: È stato istituito un organo permanente per garantire la loro partecipazione attiva nella conservazione della biodiversità. Inoltre, è stato riconosciuto il ruolo delle popolazioni di discendenza africana come custodi della biodiversità.
  • È stato adottato un accordo globale per identificare e conservare le aree marine essenziali per la salute degli oceani, favorendo la conservazione e la gestione sostenibile delle risorse marine.

Cosa è andato storto: nonostante i progressi, la conferenza non è riuscita a raggiungere un accordo su una strategia di finanziamento internazionale e ha rinviato la decisione.

COP16 di Roma: il raggiungimento dell’accordo

A rappresentare il successo di questa seconda sessione è stato il raggiungimento di un accordo sul finanziamento per la biodiversità. Ma non solo: c’è stato anche il lancio ufficiale del “Cali Fund”, che chiede alle aziende farmaceutiche e agroalimentari di contribuire volontariamente per sostenere la conservazione della biodiversità. Tuttavia, al momento del lancio, nessuna azienda aveva ancora effettuato contributi.

Inoltre, è stato sapientemente deciso di migliorare la collaborazione tra la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) e altre organizzazioni internazionali, come l’ONU, l’Organizzazione Mondiale del Commercio o accordi sul cambiamento climatico come l’Accordo di Parigi. Questo perchè finalmente si è arrivati a capire che la crisi della biodiversità (cioè la perdita di specie e habitat) e il cambiamento climatico sono problemi strettamente collegati. Serve un approccio olistico, coordinato e integrato, dove si lavora in concerto.

Nonostante l’accordo sul finanziamento, però, le ONG ambientali hanno espresso preoccupazioni riguardo alla chiarezza nella distribuzione dei fondi e all’accesso per le comunità indigene. Per quanto riguarda la creazione di un fondo dedicato alla natura, la decisione è stata posticipata al 2028, lasciando in sospeso alcune questioni chiave sul finanziamento a lungo termine.

Non possiamo dire quindi che COP16 sia stata un completo disastro, anzi! La sfida ancora da combattere, però, è quella legata all’effettiva mobilitazione e distribuzione dei finanziamenti necessari per raggiungere gli obiettivi prefissati entro il 2030. Ciò che possiamo fare ora è essere contenti del fatto che almeno alcuni dei nodi principali rimasti sospesi a ottobre siano stati sciolti.

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