La confusione sulla piazza per l’Europa e la propaganda bellicista che oscura la democrazia nell’Ue
Vivere con sconcerto, esitazione, confusione e incredulità è diventata ormai pratica quotidiana nei momenti in cui la gente si ritrova attorno alle tavole familiari per ascoltare le notizie dei telegiornali della sera. Ogni giorno sempre peggio, ogni giorno una frase in più e peggiorativa rispetto al giorno precedente, con parole pesanti: guerra, armamenti, scudo nucleare, […]

Vivere con sconcerto, esitazione, confusione e incredulità è diventata ormai pratica quotidiana nei momenti in cui la gente si ritrova attorno alle tavole familiari per ascoltare le notizie dei telegiornali della sera.
Ogni giorno sempre peggio, ogni giorno una frase in più e peggiorativa rispetto al giorno precedente, con parole pesanti: guerra, armamenti, scudo nucleare, Hitler, Napoleone. Oppure con gli eterni e sempre nuovi sinonimi dell’ipocrisia politica: invasore, invaso, peacekeeper, pace giusta, diplomazia e chiacchiere, chiacchiere infinite, in un mainstream di interventisti, parolai, pistoleri delle battute rapide e pericolose. E ancora pubblicità, e poi il calcio per dimenticare.
È questo il profondo senso di solitudine che punta all’isolamento della gente comune, all’alienazione, all’abbandono e al nichilismo intellettuale di un’intera cittadinanza. La propaganda prende per sfinimento, ripetizione fino all’ebetismo, riciclo di concetti e keywords, martellamento di una pluralità di soggetti che alternano stesse facce e stessi discorsi.
Di solito si tratta di una stuola di pochi (circa una ventina) di opinionisti e giornalisti, un pugno di privilegiati che continuano a percepire redditi a cinque zeri a patto di recitare linee editoriali in stretti solchi indicati dagli editori, a loro volta maggiordomi dei grandi gruppi finanziari e industriali delle proprietà.
Il resto è un esercito di giovani giornalisti precari e sottopagati, schiavi del nuovo millennio, senza possibilità alcuna di poter esprimere un concetto critico, una visione diversa e più articolata.
La costruzione del nemico interno
La tecnica è quella di far sentire l’eventuale ascoltatore scettico e critico come un povero disadattato, come se il suo pensiero fosse un pensiero lunare, talmente stupido da non essere neanche preso in considerazione. Il pensiero pacifista ridotto al ridicolo, i pacifinti…
Chiunque esprima un dissenso rispetto alle suicide scelte di un’Europa chiusa nella sua oligarchia, di un’élite politica che ieri ha deciso di non rimettere al Parlamento europeo la scelta di indebitare tutti gli Stati membri per 800 miliardi di euro per costruire armi micidiali, è un anti-europeista, è un Putiniano, un detrattore della democrazia.
Non raccontano che Macron, in stile imperialista, lo fa su una Francia preoccupata, in cui la destra di Le Pen e la sinistra di Mélenchon, che possono essere considerati i veri vincitori dell’ultima tornata elettorale, hanno una posizione nettamente contraria rispetto all’invio farneticante di truppe europee sotto il cappello della Nato in Ucraina, e che il presidente ha annunciato, con una fuga in vanti, non solo per il suo Paese, ma per tutta l’Europa. Pozione storicamente critica sull’intero impianto dell’invio di armi in Ucraina e fortemente contraria al rilancio della Francia come potenza nucleare da opporre alla Russia.
C’è fortissima preoccupazione tra i cittadini francesi, non racconta infatti il sondaggio in cui il 74% dei francesi dichiara “non efficaci” le sanzioni alla Russia e anzi le considera lesive degli interessi europei, e una cittadinanza fortemente scettica sulle proposte di Macron che infatti alle ultime politiche ha visto il suo partito cadere un una debacle con il risultato peggiore della sua storia.
Non raccontano di un’Italia in cui nessuno, neanche la presidente del Consiglio, sposa con convinzione la proposta della ex ministra della Difesa della Germania, oggi presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
Il Movimento 5 Stelle di Conte è fermamente contrario, così come Alleanza Verdi e Sinistra, la Lega di Salvini, contrarietà espressa anche dal Partito Democratico di Elly Schlein, e persino i tanti reticenti dentro Fratelli d’Italia. E Forza Italia, pur essendo presieduta da Tajani, non dimentica le profezie di Berlusconi, che sul tema dell’Ucraina non solo aveva capito tutto, ma lo aveva anche detto!
La piazza confusa del 15 marzo
Il Paese è attraversato da un senso di diffidenza e l’ambigua manifestazione del 15 marzo, a firma Michele Serra, sta lentamente trovando una sua via, trasformandosi da una manifestazione salutata come interventista – ovvero a favore di una Von der Leyen armata, rilanciata da Calenda, da Più Europa (orfana della Bonino) e dal Pd riformista – in una piazza contraddittoria.
L’Anpi ha dichiarato la sua partecipazione in seno a una richiesta di disarmo. La Cgil di Landini, da sempre critica sulla guerra in Ucraina, è incalzata dai suoi stessi Rsu, che in una lettera aperta ne hanno criticato l’adesione. E comunque, la Cgil ha tesi molto distanti (in senso pacifista) da quelle che l’Europa ha votato ieri.
E poi c’è la vera società civile: quella che parteciperà o non parteciperà alla manifestazione, ma che pone questioni di seria preoccupazione e di richiesta di diplomazia, comunque in disaccordo sulla linea del riarmo a oltranza. Insomma, una piazza confusa, che rischia di dire tutto e il suo contrario. Calcata da interventisti e pacifisti, un perfetto minestrone, emblema del principale partito di opposizione che tiene al suo interno Quartapelle insieme a Tarquinio, Picerno insieme a Cecilia Strada, Schlein insieme al controcanto di Gentiloni.
Più coerente la posizione del M5S, che lancia la piazza del 5 aprile, improntata sul disarmo, o della stessa Rifondazione Comunista, che nella stessa giornata lancia una contro-manifestazione. Avs, comunque nettamente contraria alla linea Ursula dell’Europa, non pervenuta.
Il caso tedesco e il riarmo forzato dell’Europa
La Germania, intanto, tramite il suo cancelliere in pectore Frederic Mertz, ha annunciato 900 miliardi di euro da investire in riarmo nei prossimi dieci anni. Una cifra enorme, talmente preoccupante sia per i conti pubblici che per l’esplosione del debito tedesco, che per far passare tale proposta sarà necessario un passaggio nel Bundestag per modificare la Costituzione tedesca, che vincola il deficit della Germania allo 0,35% del Pil (12-13 miliardi di euro).
Il passaggio implica un voto a maggioranza dei due terzi, che il nuovo Parlamento, appena eletto, difficilmente raggiungerà. Mertz deve quindi bypassare il Parlamento appena eletto e far votare la legge al Bundestag uscente, quello di Scholz, per intenderci.
Per tale ragione, l’operazione messa in campo da Mertz solleva dubbi di legittimità e di elusione della vita democratica della Germania, esponendo la cancelleria tedesca alle stesse critiche di maniere anti-democratiche di cui viene accusata Von der Leyen, che non ha intenzione di portare al voto del Parlamento europeo il piano di riarmo dell’Europa.
Come già visto in Francia e in Italia, anche in Germania il fronte politico è tutt’altro che compatto. L’opposizione è trasversale: Die Linke, la sinistra radicale, Bsw di Wagenknecht, e persino Alternative für Deutschland contestano il piano per ragioni diverse. Anche i Verdi e l’Spd sono divisi, incapaci di giustificare un simile azzardo finanziario.
L’opinione pubblica tedesca riflette questa spaccatura: il 51% dei cittadini ritiene inefficaci le sanzioni alla Russia, mentre solo il 48% è favorevole all’invio di armi e aiuti militari all’Ucraina.
Eppure, Merz insiste. Vuole inviare i missili Taurus a Kiev e rilancia il dibattito sulla leva obbligatoria in Germania
Un riarmo senza consenso, imposto dall’alto
Questa è la realtà dietro l’unanimità apparente con cui la Commissione europea ha dato il via libera al piano di riarmo da 800 miliardi di euro: un’apparenza che non trova riscontro né nel consenso popolare né nel panorama politico europeo, svelando invece una classe politica debole e in crisi nei propri Paesi, cosa che mette a rischio di sfiducia e strumentalizzazioni che arrivano da oltre oceano (si veda l’intervento del vicepresidente degli Stai Uniti JD Vance presso la conferenza di Monaco in cui ha accusato l’Europa di muoversi in senso antidemocratico. Il dibattito pubblico è ovattato, appiattito, privo di sfumature).
Le emittenti televisive evitano di raccontare questo quadro complesso, preferendo invece “educare l’opinione pubblica”. Il risultato? Sempre più cittadini cercano risposte altrove: su X, Meta, TikTok, in un oceano di informazioni affidabili mescolate a teorie estreme, fake news, complottismi e un malessere crescente.
Quando la propaganda si fa troppo ossessiva, e l’informazione diventa univoca e monolitica, la democrazia si svuota della sua essenza, il dissenso non si spegne: diventa sotterraneo, invisibile, pronto a emergere in forme pericolose, si veda il 20% di Afd in Germania. La storia insegna ma forse siamo noi ch non vogliamo imparare!