Jazz dal vivo e cinema sovietico muto: “Arsenale” di Dovzenko rivive al Festival Parma Frontiere
Il cinema staliniano è stato anche il protagonista dell’iniziativa del Festival Parma Jazz Frontiere andata in scena la sera del 30 aprile, alla Casa per celebrare la giornata internazionale della musica Afro americana nel mondo. L'articolo Jazz dal vivo e cinema sovietico muto: “Arsenale” di Dovzenko rivive al Festival Parma Frontiere proviene da Globalist.it.

Nei giorni scorsi Globalist ha pubblicato un interessante articolo di Marcello Cecconi sulle lotte operaie nel cinema muto, sia sovietico che tedesco.
Il cinema staliniano è stato anche il protagonista dell’iniziativa del Festival Parma Jazz Frontiere andata in scena la sera del 30 aprile, alla Casa per celebrare la giornata internazionale della musica Afro americana nel mondo. Un’esperienza artistica, tipica, come d’altronde il cinema, nata e cresciuta nei primi anni del ventesimo secolo, come ha sottolineato Roberto Bonati, direttore del Festival e conduttore dell’evento.
Su un grande schermo della sala è stato proiettato un film del 1929, Arsenale, di Alexandr Dovzenko, che racconta un episodio della prima guerra russo Ucraina del 1918- 1921. Sotto lo schermo una piccola orchestra jazz, che dava le spalle allo schermo stesso, ha improvvisato, basandosi su indicazioni gestuali che venivano dallo stesso Bonati, che a sua volta guardava lo scorrere della pellicola. Più che di una pratica d’avanguardia estrema, parlerei della ricostruzione di un rito arcaico, un evocare la musica secondo impulsi non scritti. Un modo di far musica probabilmente antichissimo e perduto, che interagisce con un reperto di archeologia cinematografica; un’ esperienza che nessun disco potrebbe rendere. Il dialogo fra immagini e orchestra è stato straniante e, allo stesso tempo, evocativo. Pura ricerca artistica fuori dal tempo e dallo spazio storico? No, perché il film Arsenale, racconta un episodio di una guerra lontana che nel 2022 è tornata di bruciante attualità. quella nell’Europa Orientale. Non nasce nel 2014 con Maidan o con l’occupazione della Crimea. All’epoca dei fatti narrati dal film il Nazismo e Stefan Bandera erano di là da venire. Gli Ucraini, o almeno una parte importante della popolazione, cercava, con la fine dello zarismo, l’indipendenza dalla Russia, che nel frattempo diventava bolscevica.
Essendo girato nel 1929 il film è tutto schierato dalla parte dei vincitori, dei bolscevichi. Il tentativo indipendentista è paragonato a una locomotiva guidata da persone incapaci del compito auto assegnatosi e destinata a schiantarsi. Le adunate irredentiste sono popolate da personaggi grotteschi, ispirati forse dai disegni di Georg Grosz. Pope sanguinari, dirigenti come Simon Petljura (Socialista Rivoluzionario), che guidò quella rivolta, dipinto come persone che non hanno un quadro esatto della situazione, grassi borghesi con gli sguardi avidi. Contro di loro combatte, appunto all’ arsenale di Kiev, un gruppo di eroi sovietici, sconfitti e trucidati alla fine del film. Il loro capo ha una connotazione quasi cristologica.
Il film è potentissimo, la scena di un soldato tedesco, all’inizio del film, colpito da gas esilaranti è assolutamente non dimenticabile, come quella del ritratto del poeta nazionale Ucraino, Taras Sevcenko, che, ironicamente spegne, appena la sala che lo ospita viene abbandonata dai nazionalisti, le candele che gli erano state accese come ad un’icona.
Un grande film, anche se smaccatamente propagandistico, probabilmente ispirato dal capolavoro di Michail Bulgakov “La guardia bianca”, amatissimo da Stalin.
Una pagina di alta cultura di cui occorre citare i protagonisti della parte musicale :
Roberto Bonati; Direttore
Elena Rosselli, Anna MaghenzanI – voci
Alberto Ferretti – tromba
Diego Baioni – chitarra elettrica
Claudio Morenghi – sax tenore
Thomas Marvasi – clarinetto basso
Roberta Baldizzone – pianoforte
Giancarlo Pongo Patris – contrabbassso
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