Jakala, quella “data startup” diventata grande. «Il mercato è gigante, per un unicorno servono vent’anni»
Matteo de Brabant, founder di Jakala, ci ha spiegato la storia di un'azienda fondata sui dati a inizio millennio e che oggi conta su 3500 dipendenti. «Il mercato vale 100 miliardi soltanto in America ed Europa». La nostra intervista per lo speciale sull’evoluzione tecnologia dei centri media

«Noi pensiamo che l’innovazione passi attraverso le startup, ci credo tantissimo. Ho lanciato l’Italian Founders Fund con un gruppo di amici. Serve ragionare sul long term». Matteo de Brabant ci ha accolto nella sede milanese di Jakala, società fondata a inizio millennio – oggi ha 3500 dipendenti – e concentrata sui dati oltre che sulla loro valorizzazione per il business dei clienti.
«Ancora poche corporate investono in startup. Ma per costruire un’azienda che vale billions occorrono almeno 20 anni». StartupItalia torna in viaggio per scoprire i protagonisti del panorama dei centri media, per capire come sta evolvendo il mercato. In questa occasione siamo partiti dalla storia del founder di Jakala per conoscere il background di un imprenditore.
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Una Moleskine piena di idee
Nato a Milano, dove ha studiato in Bocconi negli anni Novanta, Matteo de Brabant ha conosciuto un mondo web che oggi non esiste più. Nel corso dell’intervista ci ha confidato un passaggio curioso del suo percorso, quella che potrebbe definirsi una sliding door (mancata). «Avevo scritto una mail a Renato Soru, parliamo di Tiscali. Poi l’ho incontrato da laureando allo Smau di Milano. Ricordo che mi ha suggerito di andare a lavorare da loro. Ma io dovevo ancora terminare gli studi». Oggi sorride nel ricordare quell’incontro.
Matteo de Brabant non ricorda di aver voluto fare altro nella vita, se non l’imprenditore. In famiglia era pane quotidiano e non perché ci fosse una sola azienda, ma perché papà, nonno e parenti avevano le mani in pasta in vari progetti. Il padre lavorava in Telecom Italia e al termine dei suoi studi ha suggerito al figlio di rallentare. «Il giorno della laurea mi ha regalato un biglietto per fare il giro del mondo. Così nel 1999 sono partito e sono stato via quasi quattro mesi». Nulla di pianificato.
Il giro del mondo non ha significato per lui un periodo sabbatico. «Volevo conoscere persone intelligenti. A Sydney ricordo di essere stato ospite di un membro di un’azienda di telecomunicazioni. Ho partecipato a riunioni in cui sentivo parlare di internet». Era il passaggio dal XX secolo al nuovo millennio, inaugurato poi con lo scoppio della bolla delle dot.com. Una volta tornato a casa aveva una Moleskine piena zeppa di idee, una delle quali a posteriori potrebbe essere intesa come l’embrione di Jakala.

Formazione scout
A proposito, il nome: Jakala è il coccodrillo che compare nel Libro della giungla, una sorta di bibbia per gli scout in cui Matteo de Brabant è cresciuto. «Era il mio capo preferito». Non sorprende che nella stanza dove abbiamo raccolto l’intervista mensole e tavolini siano terreno monopolizzato da esemplari di design di questo animale. Ma torniamo al rientro in patria. «Liste di nozze online: questa è l’idea da cui sono partito. In America avevo conosciuto una realtà che faceva proprio quello. Ricordo che all’epoca per caricare un’immagine online servivano 3 minuti. Sono riuscito a raccogliere i primi fondi da Bernard Arnault. Ma mentre stavo partendo è crollata la Borsa».
Alla guida di una società che in Italia rappresenta tra i più importanti centri media su piattaforme come quelle di Meta, de Brabant si è soffermato su un aspetto peculiare di chi vuole fare impresa. «La differenza tra imprenditori e manager è il gusto del rischio, non per forza la capacità». Ha così virato sul B2B con una piattaforma per i regali aziendali. «Una lezione formidabile. Facevo come un call center, chiamate tutti i giorni. A furia di martellare abbiamo iniziato a fatturare».
Serve tempo per crescere
Jakala è la sua creatura più longeva: oltre 20 anni di attività e ramificazioni in Europa con le attività da poco lanciate in Spagna. «Dopo aver attuato la digital transformation le aziende hanno creato valanghe di digital touchpoint da cui derivano dati delle interazioni coi clienti. Poche aziende sono in grado di gestire tutti questi dati. Noi ci occupiamo di questi aspetti».
E come è il mercato in cui opera un soggetto come Jakala? «Gigante e frammentato. C’è spazio per un player come noi. Solo nelle nostre geografie, dunque Europa e US, vale oltre i 100 miliardi di dollari. Noi facciamo poco più di mezzo miliardo con il 55% del business in Italia. Ora puntiamo al grande salto negli Stati Uniti». Fondamentale in questo percorso è il lavoro, la collaborazione e il processo di acquisizione di startup. «Più che innovazione io punto all’evoluzione».
Ed è anche per quello che ha voluto contribuire a far nascere l’Italian Founders Fund, insieme ad altri imprenditori come Davide Dattoli di Talent Garden. «Seguo tanto le startup perché ritrovi quello che hai vissuto, per me è un super stimolo per vedere come ragionano i ventenni. In Italia mancava un fondo guidato da founder. Abbiamo raccolto 130 investitori con la voglia di stare vicino alle startup».