Ipotesi basisti in azienda. Si indaga sugli altri colpi e sui ladri a piede libero
Proseguono le attività sugli altri colpi, andati a segno e tentati, nel 2024. Non tutti sono stati scoperti. Tra le piste quelle di complici locali.

Il 2024 sarà ricordato come l’anno nero per il distretto orafo aretino. Una lunga serie di furti ha colpito duramente imprese e artigiani del settore, seminando panico e tensione tra gli imprenditori e mettendo a dura prova le forze dell’ordine. In totale sono ben 26 i colpi registrati nel distretto orafo. A raccontare lo scenario è stato ieri, in conferenza stampa, Davide Comito, dirigente della Squadra Mobile di Arezzo: "Sul territorio ci sono più bande, la rumena è quella che ha messo a segno gran parte dei furti". L’attività investigativa, tuttora in corso, ha portato all’arresto di alcuni membri di quella che viene considerata la principale responsabile della lunga scia di assalti: una banda rumena. Secondo quanto emerso, i ladri agivano di notte, forzando gli ingressi e fuggendo nei campi circostanti per eludere i controlli, utilizzando veicoli di appoggio e basi logistiche situate fuori provincia.
Una vera e propria macchina del crimine, in grado di colpire rapidamente e con precisione. Tra gli episodi più eclatanti, figurano due colpi alla New Chains di Tegoleto (uno a luglio e uno a ottobre), tre alla Taitù di via Ramelli ad Arezzo (due ad agosto e uno a ottobre), altri due alla Jojer Preziosi, ancora a Tegoleto, sempre a ottobre, e infine il furto del 30 novembre alla Fullove di Laterina-Pergine. Un’escalation di assalti che ha alimentato l’angoscia nel settore e sollevato interrogativi sulla tenuta della sicurezza industriale. "Al momento non sono emersi basisti interni alle aziende nei casi attribuiti alla banda rumena – ha chiarito Silvia Gobbini, comandante della Compagnia Carabinieri di Arezzo – ma non possiamo escluderlo. Le indagini continuano a ritmo serrato."
L’ipotesi di complicità locali resta quindi sul tavolo, anche se le modalità operative sembrano indicare un’organizzazione esterna e autonoma. Ma qualcosa è cambiato: da quando sono partiti i primi arresti, i furti si sono fermati. Un segnale importante, che restituisce un minimo di serenità a imprenditori e lavoratori del comparto, pur lasciando in sospeso un’ombra inquietante: almeno un’altra banda, secondo gli inquirenti, sarebbe ancora attiva. E, guardando al modus operandi dei colpi non imputabili a quella dei rumeni, sembrerebbe quella maggiormente organizzata. In grado di mettere in piedi assalti militari.
Pensiamo al colpo all’azienda Castoro di Castiglion Fibocchi che ha fruttato circa due milioni di euro. Un assalto con tanto di muro sfondato nell’azienda attigua. Una volta all’interno l’assalto alla cassaforte, probabilmente utilizzando un flessibile. Poco prima, il secondo assalto in un mese e mezzo alla Nicol preziosi di Anghiari. I ladri si servirono di tre furgoni rubati a Città di Castello. Una volta arrivati all’azienda, i banditi piazzarono un paio di mezzi al centro della strada per sbarrarne l’accesso. Il terzo venne invece utilizzato come un ariete per sfondare una cancellata, non collegata al sistema d’allarme e penetrare dentro. Lì, dove cominciò la rapidissima razzia degli oggetti di lavorazione in argento. Insomma, ci sarebbero almeno due modus operandi diversi che spiegherebbe la presenza sul territorio di altrettante bande. Intanto una è stata assicurata ala giustizia.
Gaia Papi