Io la guerra non la farò, con buona pace di Scurati e Galimberti

Ieri l’altro ho scritto una canzone (su una musica scritta da Marcello Ferrero) per dire no a qualunque guerra. Forse in contemporanea (certamente in sintonia) con Caparezza. Certamente non in sintonia con Antonio Scurati e forse con il realismo un po’ troppo sbrigativo di altri, tra cui Galimberti (stando alle sue parole durante l’ultima puntata […] L'articolo Io la guerra non la farò, con buona pace di Scurati e Galimberti proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 12, 2025 - 13:18
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Io la guerra non la farò, con buona pace di Scurati e Galimberti

Ieri l’altro ho scritto una canzone (su una musica scritta da Marcello Ferrero) per dire no a qualunque guerra. Forse in contemporanea (certamente in sintonia) con Caparezza. Certamente non in sintonia con Antonio Scurati e forse con il realismo un po’ troppo sbrigativo di altri, tra cui Galimberti (stando alle sue parole durante l’ultima puntata de “La Torre di Babele”).

L’ho detto e scritto in tempi non sospetti, anni fa: io la guerra non la farò. In qualunque momento e per qualunque ragione e sotto qualunque spoglie essa dovesse appalesarsi o avvenire. Andrò via, fosse anche in capo al mondo per non farla. Sarò profugo, migrante, vigliacco, fuggitivo, disertore, oppositore, reietto, apolide, dissidente, chiamatemi come volete. In me si manifesterà l’impossibilità della guerra, quella che se nessuno la vuole fare, semplicemente, non esiste. Perché nessuno la combatte.

E so da me che c’è una contraddizione in questo. Perché se fossi costretto sotto una dittatura sanguinaria che schiaccia le persone, lavorerei, tramerei, sarei clandestino per sovvertirla, sarei partigiano per oppormi ad essa. Dunque, seppure con le parole, seppure con i documenti e la sobillazione, auspicando una reazione popolare nella quale alla fine mi troverei coinvolto, “combatterei” contro il tiranno. L’uomo è ciò che decide di essere proprio di fronte alle proprie contraddizioni, non in assenza di esse.

Ma la posizione pacifista intransigente è proprio qui, sta proprio in questo: non sarà la logica delle opinioni, mie o altrui, non sarà l’amore per la non-contraddizione, non sarà mai per devozione alla coerenza che io ucciderò qualcuno, o anche solo sparerò in aria. La pace è, deve essere, l’unico principio che ora, in assenza di alcuna contingenza vera, posso prendere in considerazione come principio insuperabile. L’unica cosa che posso invocare da uomo libero. L’unico su cui devo garantire.

Poi, so di essere un uomo. Il più adattivo e incoerente essere del pianeta. Cosa farei per difendere la vita di mia moglie l’istante prima che fosse tardi, non lo posso ipotecare oggi, senza la morte di fronte a me, né riesco a dire in cosa potrei o non potrei trasformarmi quando dovessi scegliere a forza nel bivio tra tragedia e tragedia.

Ma la pace è (almeno!) ciò che serve e vale e deve essere fino a quel giorno. Fino a qualunque prova contraria. Fino a qualunque estrema conseguenza.

Io, con buona pace di Antonio Scurati, non sarò mai un guerriero che rischia la sua vita e toglie altre vite. E la pace, molto semplicemente, non è non capire le esigenze delle armi, non capire la politica, non capire il ruolo della deterrenza… È solo una cosa: non sparare. Non fare la guerra. Accada ciò che deve accadere. Perché la civiltà sarà sempre e solo mettere un confine alla barbarie. Ed essere un Uomo sarà sempre e solo dire: “oltre questa linea non andrò”.

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