Ilva, il processo alla gestione dei Riva riparte a Potenza. Ma non è più “maxi”

Di ciclopico c’è ancora il numero delle potenziali parti civili. Ma con 13 capi d’accusa al posto dei 34 originari, e 23 imputati contro 47, del “maxi-processo” tarantino è rimasto un concentrato. È iniziata venerdì mattina a Potenza l’udienza preliminare del processo Ambiente svenduto bis sulle emissioni inquinanti dell’ex Ilva di Taranto all’epoca della gestione […] L'articolo Ilva, il processo alla gestione dei Riva riparte a Potenza. Ma non è più “maxi” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 21, 2025 - 18:06
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Ilva, il processo alla gestione dei Riva riparte a Potenza. Ma non è più “maxi”

Di ciclopico c’è ancora il numero delle potenziali parti civili. Ma con 13 capi d’accusa al posto dei 34 originari, e 23 imputati contro 47, del “maxi-processo” tarantino è rimasto un concentrato. È iniziata venerdì mattina a Potenza l’udienza preliminare del processo Ambiente svenduto bis sulle emissioni inquinanti dell’ex Ilva di Taranto all’epoca della gestione della famiglia Riva. Dopo l’annullamento delle 26 condanne emesse in primo grado, nel 2021, e il trasferimento degli atti – a causa della presenza tra le parti civili di alcuni ex magistrati onorari tarantini – nel capoluogo lucano che è la sede competente per le indagini in cui sono coinvolti proprio i magistrati di Taranto, Brindisi e Lecce.

L’udienza
All’invito a presentarsi in aula del giudice per l’udienza preliminare Francesco Valente hanno risposto una cinquantina di avvocati e un manipolo di residenti della città pugliese. Molti di meno, insomma, delle duecento persone attese, che avevano fatto dubitare della possibilità di ospitare il processo nelle aule del Palazzo di giustizia potentino. Ultimata la costituzione degli imputati il giudice ha proceduto con l’appello delle parti offese già individuate: 282 tra le quali 246 proprietari di immobili nel quartiere Tamburi, svalutatisi a causa della vicinanza all’acciaieria, più i titolari di alcune cappelle nel vicino cimitero comunale, Regione Puglia, Comune e Provincia di Taranto, e 11 allevatori che nel 2008 si sono visti notificare l’ordine di abbattimento delle loro greggi. Animali che per anni si erano alimentati all’ombra delle ciminiere veicolando diossine e pcb nel latte e nei formaggi venduti a “chilometro zero”. Assente, invece, l’unico allevatore di cozze individuato dalla procura, l’ex consigliere comunale Egidio D’Ippolito, che nel 2012 aveva presentato due denunce sull’inquinamento dell’acciaieria ed è stato inserito tra le parti offese pur essendo deceduto dal 2019. A seguire sono state acquisite tutte le altre richieste di costituzione, da parte di diverse centinaia di lavoratori e associazioni ambientaliste. Sulla loro ammissione, però, il gup si è riservato di decidere alla prossima udienza, il 4 aprile, dopo aver raccolto i pareri del pm Vincenzo Montemurro e dei difensori degli imputati.

Gli ambientalisti
“A Potenza per onorare la memoria delle vittime. E per chiedere, ancora una volta, verità e giustizia”. Questo il commento a margine dell’udienza del presidente di Peacelink Alessandro Marescotti, che nel 2008 denunciò per primo la presenza di diossine del latte delle pecore allevate nei dintorni dell’Ilva. Dando il “là” all’inchiesta della procura tarantina, che ha portato alle condanne, tra gli altri, di Fabio e Nicola Riva e dell’ex governatore pugliese Nichi Vendola, l’unico politico rimasto nel procedimento a Potenza dopo che la tagliola della prescrizione ha cancellato le ipotesi di reato che riguardavano gli amministratori locali. “Erano con noi – ha aggiunto Marescotti – vari cittadini di Taranto, compagni di strada di lunga data, animati dallo spirito di giustizia che sorregge tutte le lotte di chi non vuole rassegnarsi. Dentro di noi c’era il ricordo di tutte le persone che non ci sono più, di tutte le vittime dell’inquinamento che non possono più parlare ma che ci hanno lasciato il compito di continuare a testimoniare, sempre e comunque, anche nelle condizioni più difficili”. Gli impianti Ilva, ha ricordato Marescotti, “sono attualmente sotto sequestro”, un “risultato importante” figlio del procedimento avviato nel 2008: “Ed è questa attualità che rende il procedimento penale in corso rilevante per il futuro. Infine va detto che attorno al disastro ambientale vi è stato uno sviluppo di attenzione a livello europeo attraverso i propri organismi di giustizia, per non parlare dello storico rapporto dell’Onu che, dopo un sopralluogo di una sua apposita commissione, ha definito Taranto ‘zona di sacrificio’ e ‘macchia sulla coscienza dell’umanità'”.

Il tribunale blindato
L’avvio del processo Ambiente svenduto bis era stato annunciato da una serie di provvedimenti organizzativi pensati per evitare disagi all’attività ordinaria degli uffici giudiziari potentini, e persino alla viabilità nei dintorni di via Nazario Sauro. Tre le aule collegate in videoconferenza per contenere le 200 persone attese, con l’ingresso principale del Palazzo di giustizia riservato soltanto per loro. Per evitare ingorghi è stata vietata la sosta all’ingresso della struttura e attivata anche una navetta da un parcheggio distante un paio di chilometri dal tribunale.

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