Il sudest asiatico risponde alla guerra commerciale di Trump facendo fronte comune
Si è svolta a Milano la 28° riunione dei ministri delle Finanze del cosiddetto ASEAN+3, composto dai 10 Paesi membri dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico) più Cina, Giappone e Corea del Sud. Nel corso dell’incontro, è stato raggiunto un accordo per migliorare la cooperazione finanziaria e commerciale, al fine di stabilizzare l’area e […] The post Il sudest asiatico risponde alla guerra commerciale di Trump facendo fronte comune appeared first on L'INDIPENDENTE.

Si è svolta a Milano la 28° riunione dei ministri delle Finanze del cosiddetto ASEAN+3, composto dai 10 Paesi membri dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico) più Cina, Giappone e Corea del Sud. Nel corso dell’incontro, è stato raggiunto un accordo per migliorare la cooperazione finanziaria e commerciale, al fine di stabilizzare l’area e incentivarne la crescita economica. Pur non nominando mai gli Stati Uniti, la dichiarazione finale cita l’instabiità internazionale prodotta da protezionismo e unilateralismo come motivo di tale accordo – un chiaro riferimento alla guerra commerciale mondiale lanciata da Trump. Nel fare fronte comune, i Paesi dell’ASEAN+3 hanno quindi decretato il rafforzamento della propria rete di sicurezza finanziaria regionale, lanciando una nuova linea di prestito volta a rispondere rapidamente alle crisi causate da pandemie e disastri naturali. Si sono inoltre impegnati nel portare a termine una maggiore cooperazione finanziaria e commerciale, per la stabilizzazione e la crescita di tutto il sud-est asiatico.
Alla riunione erano presenti anche il direttore dell’Ufficio di Ricerca Macroeconomica ASEAN+3, il presidente della Banca Asiatica di Sviluppo, il vice segretario generale del Segretariato ASEAN e il vice direttore generale del Fondo Monetario Internazionale. I ministri delle Finanze di questi tredici Paesi hanno concordato di istituire una nuova struttura nell’ambito del loro accordo di swap valutario, noto come Chiang Mai Initiative Multilateralization (CMIM). Il CMIM, creato dopo la crisi finanziaria asiatica del 1997-98, è progettato per sostenere la stabilità finanziaria regionale in situazioni di shock improvvisi. La nuova struttura di finanziamento rapido consentirà ai membri di accedere ai finanziamenti di emergenza senza condizioni. Oltre a questa importante decisione, dalla riunione è emersa la volontà unanime di creare una maggior cooperazione economico-finanziaria, al fine di stabilizzare e aumentare la crescita regionale. La dichiarazione congiunta, che non menziona direttamente gli Stati Uniti, è arrivata mentre le nuove tariffe statunitensi minacciano di colpire duramente il sud-est asiatico.
Nella dichiarazione si osserva che «l’escalation del protezionismo commerciale pesa sul commercio globale, portando alla frammentazione economica, influenzando il commercio, gli investimenti e i flussi di capitale in tutta la regione. Le prospettive a breve termine possono anche essere influenzate da altri rischi esterni, tra cui condizioni finanziarie globali più rigide, rallentamento della crescita nei principali partner commerciali e flussi di investimenti ridotti». Inoltre, la dichiarazione ha anche evidenziato che «tra le crescenti incertezze e i cambiamenti strutturali a lungo termine, riaffermiamo il nostro pieno impegno per il multilateralismo e un sistema commerciale multilaterale basato su regole, non discriminatorio, libero, equo, aperto, inclusivo e trasparente con l’Organizzazione mondiale del commercio al centro». I membri dell’ASEAN sono tra i più minacciati dai dazi di Trump. Alle fine dei 90 giorni di tregua concessi dal presidente statunitense, per cui tutti pagano soltanto il 10%, la Cambogia rischia essere colpita con il 49% e il Vietnam con il 46%. Oltre alla Cina poi (bersaglio principale di questo conflitto mondiale innescato da Trump), anche Giappone e Corea del Sud sono stati colpiti da parte dell’alleato, rispettivamente con dazi del 24% e 25%.
Come riportato da Global Times, il ministro delle Finanze cinese Lan Fo’an ha condannato l’unilateralismo e il protezionismo, con l’aumento dell’instabilità e delle incertezze. Secondo il ministro, le economie regionali (10+3) dimostrano una forte resilienza e hanno un significativo potenziale di crescita. E la Cina, spiega Lan Fo’an, è disposta a «lavorare con tutte le parti nel quadro 10+3 per sostenere l’apertura e l’inclusività, promuovere la solidarietà e la cooperazione e approfondire continuamente la collaborazione finanziaria regionale, al fine di affrontare l’instabilità globale e l’incertezza con la stabilità e la certezza di questa regione».
Significativa la posizione di Giappone e Corea del Sud, alleati di ferro degli USA nella regione. D’altronde (lo abbiamo scritto nel mensile de L’Indipendente appena uscito), Cina, Giappone e Corea del Sud si erano già incontrati qualche giorno prima della dichiarazione di guerra commerciale di Trump, per riaprire un vecchio discorso morto: l’istituzione di una zona di libero scambio. E il Giappone ha recentemente minacciato gli Stati Uniti con l’arma dei titoli di Stato, detenendo più di mille miliardi in titoli del Tesoro USA. Il ministro delle Finanze, Katsunobu Kato, intende utilizzare quest’arma di pressione nei confronti degli Stati Uniti, sebbene una massiccia vendita di titoli sarebbe poi un problema anche per lo stesso Giappone. Una reazione molto probabilmente non messa in conto dalle politiche muscolari USA, che sembrano perdere sempre più il loro controllo solitario del mondo.
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