Il segnale di Hamas a Trump: “Liberiamo l’ostaggio Usa”. Israele bombarda gli Houthi

Medio Oriente con il fiato sospeso in vista della tournée del tycoon. Netanyahu nega problemi con il presidente americano: “Ci sentiamo spesso”. Sarà rilasciato Edan Alexander, l’inviato speciale della Casa Bianca Witkoff atteso in Israele

Mag 12, 2025 - 00:01
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Il segnale di Hamas a Trump: “Liberiamo l’ostaggio Usa”. Israele bombarda gli Houthi

Tel Aviv, 11 maggio 2025 – In vista dell’imminente missione di Donald Trump i principali protagonisti dello scacchiere mediorientale trattengono il fiato ancora incerti se l’imprevedibile presidente degli Stati Uniti porti con sé una formula capace di dischiudere nuovi orizzonti diplomatici o se, al termine della torunée fra Arabia Saudita, Emirati arabi uniti e Qatar ci sia da temere ancora una volta una escalation nella tormentata striscia di Gaza.

Trump incassa un primo successo con la liberazione dell’ostaggio americano Edan Alexander. Nel frattempo, Israele ha colpito gli Houthi: ha lanciato un avviso di evacuazione. Poi ha bombardato con l’aviazione i porti sulla costa occidentale di Ras Isa, Hodeidah e Salif.

Edan Alexander, ostaggio con cittadinanza americana. Manifestazione per la liberazione dei prigionieri

Trump in Medio Oriente

Trump sarà accompagnato nel viaggio in Medio Oriente da una folta schiera di imprenditori, fra i quali Mark Zuckerberg, Elon Musk, il cofondatore di OpenAI Sam Altman e il capo di BlackRock, Larry Fink.

Una parte importante del viaggio saranno gli incontri commerciali. Ma ci sarà anche la parte politica. Anche ieri, come nei giorni scorsi, i media locali hanno fatto a gara a lanciare in aria voci di vario genere fra quella di ‘“contatti diretti, in corso da giorni, fra Hamas e gli Stati Uniti” per definire un cessate il fuoco a Gaza, la liberazione di uno scaglione di ostaggi e l’ingresso nella Striscia di aiuti umanitari.

Di certo, in questa missione, Trump avrà una fitta serie di incontri con i dirigenti arabi (fra cui il saudita Mohammed Ben Salman, il palestinese Abu Mazen, il libanese Aoun e forse anche il siriano Ahmed a-Shara) mentre lascerà in disparte la leadership israeliana alimentando così le voci relative ad una crescente freddezza personale con Benyamin Netanyahu.

Gelo tra Trump e Netanyahu

Ieri, in una riunione della Commissione parlamentare per la sicurezza alla Knesset, il premier ha cercato di placare ogni apprensione spiegando che “da un lato ci sono le chiacchiere e dall’altro la realta”. E la realtà, ha aggiunto, è che lui conversa con Trump “ogni qualche giorno”.

Ma i media locali rilevano che ormai sempre più spesso Trump ha colto di sorpresa il suo alleato di Gerusalemme: ad esempio, avviando negoziati sul nucleare di Teheran, interrompendo all’improvviso gli attacchi contro gli Houthi nello Yemen, procedendo verso intese sulle ambizioni nucleari dell’Arabia Saudita senza più condizionarle alla normalizzazione dei rapporti con Israele, e ancora procedendo a un graduale disimpegno in Siria accompagnato dal sostegno personale al presidente Tayyp Erdogan, avversario temuto da Israele.

Pressioni suglu Usa per gli aiuti umanitari a Gaza

A questa lista si sono aggiunte nelle ultime settimane pressioni crescenti di Washington affinché Israele provveda a garantire la distribuzione di aiuti umanitari, in tempi serrati, alla popolazione di Gaza e si astenga dal lanciare una nuova operazione militare (‘Carri di Gedeone’) che appare imminente. “Sarebbe del tutto priva di senso”, avrebbe osservato Trump secondo una indiscrezione.

Hamas, secondo diversi analisti, cerca di sfruttare questa situazione per incunearsi nelle relazioni Usa-Israele. In questo contesto ha anche giocato la carta della liberazione dell’ostaggio con cittadinanza americana Edan Alexander, quale omaggio a Trump. Ieri sera lo hanno confermato fonti di Hamas. L’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, che ha informato la famiglia Alexander, sarà oggi in Israele

Cosa succederà mercoledì

Molta attesa si concentra su un incontro, fissato per mercoledì, con i leader di diversi Paesi arabi durante il quale a Trump verrebbe sottoposto un piano in cinque punti: una intesa, sostenuta dagli Usa, per un cessate il fuoco a Gaza; la liberazione in blocco dei 59 ostaggi israeliani (almeno 21 ancora in vita); ritiro dalla Striscia delle forze israeliane; disarmo dell’ala militare di Hamas; organizzazione di una amministrazione per la gestione della striscia di Gaza.

Intanto circolano voci di un possibile riconoscimento, anche sfumato, da parte di Trump di un futuro Stato palestinese. Già nel 2020, lanciando il suo ‘Accordo del Secolo’, aveva menzionato uno Stato palestinese “a sovranità limitata”. Ieri Netanyahu ha replicato: “Non ci sarà alcun accenno a uno Stato palestinese”.