Il problema del market making nel settore crypto

I market maker muovono la maggior parte dei volumi, ma non si può essere certi che non manipolino i mercati.

Mar 8, 2025 - 10:57
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Il problema del market making nel settore crypto
Market making crypto

Ad operare sui mercati crypto non sono solo i retail e le balene, ma vengono gestiti anche attraverso servizi di market making.

Si tratta di fornitori essenziali di liquidità che facilitano il trading efficiente mantenendo costantemente sia gli ordini di acquisto che quelli di vendita. 

Il loro ruolo è quello di garantire ai mercati crypto elevata liquidità, spread ridotti e prezzi stabili, facilitando così il trading efficiente tramite il mantenimento continuo e coerente degli ordini di acquisto e di vendita.

Come funziona il market making

Il servizio del marche esiste anche sui mercati tradizionali, tanto che prima ancora che nascesse Bitcoin, nel 2008, se ne contavano già più di duemila negli USA, e persino più di cento in Canada.

Tecnicamente sono società o individui che piazzano contemporaneamente sia ordini di acquisto che ordini di vendita di un asset detenuto in inventario nella speranza di realizzare un profitto sulla differenza, chiamata spread bid-ask o turn. Il risultato è una certa stabilizzazione del mercato, e soprattutto una certa riduzione della volatilità, dato che di fatto impostano un intervallo di prezzo per l’asset.

La stessa SEC (Securities and Exchange Commission) negli USA definisce i “market maker” come società pronte ad acquistare e vendere azioni su base regolare e continua ad un prezzo quotato pubblicamente. 

Ad esempio, nel mercato delle valute (il forex) la maggior parte delle società di trading sono market maker, che acquistano valuta estera dai clienti e la rivendono ad altri clienti. Ottengono guadagno dai differenziali di prezzo del trading (gli spread), in cambio della fornitura continua di liquidità al mercato, della riduzione dei costi di transazione, e della facilitazione degli scambi.

In altre parole non acquistano e non vendono per rivendere o riacquistare in un secondo momento a prezzi più alti o più bassi, ma comprano e vendono in contemporanea a prezzi diversi guadagnando sulla differenza. 

In loro assenza, il trading sarebbe significativamente meno efficiente, perché occorrerebbero abbinamenti diretti tra gli acquirenti ed i venditori ai medesimi prezzi, cosa che spesso risulta essere praticamente impossibile. 

La conseguenza di tutto ciò è che la maggior parte delle transazioni avvengono tramite market maker. 

Il ruolo del market making sui mercati crypto

Sui mercati tradizionali di fatto l’operato di qualsiasi grande operatore può essere monitorato. 

Sui mercati crypto, invece, vi sono soggetti anche di dimensioni significative che possono operare al di fuori del controllo delle autorità. 

In teoria i market maker dovrebbero operare in modo completamente indipendente dagli exchange, così da prevenire potenziali conflitti di interesse. Sui mercati crypto, invece, non è chiaro quanto realmente queste due tipologie di operatori siano indipendenti l’uno dell’altro. 

Quando un qualsiasi compratore piazza un ordine di acquisto su un exchange ad un dato prezzo, questo per poter essere completato necessita che un altro venditore piazzi un ordine di vendita allo stesso prezzo. 

È piuttosto raro che ciò accada, ed è qui che entrano in gioco i market maker

Questi piazzano contemporaneamente sia ordini di acquisto che ordini di vendita, a prezzi differenti, così da intercettare tutti quegli ordini piazzati da altri e che non hanno ancora trovato il corrispettivo. Dato che i market maker vendono e comprano allo stesso momento, il loro guadagno deriva solamente dalla differenza tra il prezzo di acquisto, più basso, e quello di vendita, più alto.

In questo modo possono essere completati più ordini di acquisti e di vendita sugli exchange, ed in questo modo gli stessi exchange risultano essere più liquidi.  

La domanda è: come poter essere sicuri che questa attività non la facciano gli exchange stessi? E, nel caso in cui la facessero, come essere sicuri che non sfruttino le informazioni che solo loro posseggono per manipolare il mercato così da trarne maggiori guadagni? 

Per questo motivo le piattaforme di scambio non dovrebbero fare market making, ma sui mercati crypto non è chiaro se le cose stiano davvero così oppure se vi siano piattaforme di scambio che fanno a loro volta market making. 

Inoltre anche nel caso in cui il market making lo facessero soggetti indipendenti, come si fa ad essere sicuri che non abbiano accordi sottobanco con gli exchange? 

I principali market maker nel mondo crypto

L’esistenza di alcuni market maker teoricamente indipendenti dagli exchange crypto è nota. 

Uno di questi è Jump Crypto, il favorito degli operatori istituzionali per la sua attenzione alla sicurezza e alla solida gestione del rischio. 

Un altro è Amber Group, la cui attività è concentrata principalmente sulla regione Asia-Pacifico. 

Altri nomi noti con Wintermute, un market maker algoritmico globale che fa trading ad alta frequenza (HFT) specializzato in asset digitali, Cumberland, sussidiaria della rinomata società di trading DRW, e Virtu Financial, una delle principali società di trading elettronico quotate al NASDAQ. 

Ultimamente, ad esempio, si è sentito parlare molto di Wintermute perchè è noto che lavori con alcuni dei maggiori exchange crypto al mondo, tra cui Binance e Crypto.com

Il fatto che sia anche una società di trading ad alta frequenza, oltre che un market maker, fa sospettare a molti che possa trarre giovamento dalla sua attività di market making a scapito degli utenti. 

Tuttavia, va ricordato che anche gli stessi piccoli trader retail in teoria possono operare come market maker, anche se con volumi enormemente inferiori, in particolare piazzando ordini limit

Il problema è che molti utenti non utilizzano gli ordini limit, e quindi di fatto sono in balìa dei market maker. Per questo quando si comprano o si vendono crypto sugli exchange si consiglia sempre di farlo con ordini limit, soprattutto quando le cifre in ballo sono un po’ significative, altrimenti c’è il serio rischio di finire per pagare non solo i venditori, o gli acquirenti, ma anche i market maker. 

Spesso chi preferisce non usare gli ordini limit lo fa perchè vuole che le sue transazioni vengano eseguite immediatamente, e ciò spesso può avvenire solo sfruttando l’attività dei market maker. Quindi il prezzo da pagare per l’esecuzione immediata è spesso uno spread maggiore, che sarà incassati da questi ultimi, mentre l’alternativa richiede un po’ di pazienza.