Il piano di Meloni sull’Ucraina: garantire l’ombrello Nato. Ma con Kiev fuori dall’Alleanza

La premier vorrebbe estendere all’Ucraina la copertura dell’articolo 5 del Trattato. “Se perde Zelensky, perdiamo tutti”. E sull’invio di truppe ribadisce la sua perplessità

Mar 4, 2025 - 00:41
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Il piano di Meloni sull’Ucraina: garantire l’ombrello Nato. Ma con Kiev fuori dall’Alleanza

Roma, 3 marzo 2025 – Venire fuori dalla guerra in Ucraina in maniera dignitosa. Per Zelensky e per l’Europa. “Se lui perde, ne usciamo a pezzi anche noi”. Eccolo, il chiodo fisso di Giorgia Meloni, quello attorno a cui girano i ragionamenti sulla necessità di “portare una pace giusta e stabile. Anzi definitiva”. Ospite di XXI Secolo, il programma di Francesco Giorgino su Rai 1, non si sbottona più di tanto. Solo sulla proposta anglo-francese di una forza di interposizione europea è esplicita; ripete di essere “perplessa”, ma significa drasticamente contraria: “È molto complessa nella realizzazione, non sono convinta dell’efficacia, è la ragione per la quale abbiamo detto che non manderemo i soldati italiani in Ucraina”. Sul tema sfida la minoranza: “Quando le opposizioni dicono che l’Italia deve stare ’senza se e senza ma’ dalla parte dell’Europa, come se gli Stati Uniti non fossero i nostri alleati, vorrei sapere se questo significa anche che dovremmo mandare le nostre truppe”.

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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ospite di XXI Secolo, in onda questa sera su Rai1, 03 marzo 2025. ANSA/ UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI/ FILIPPO ATTILI +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++ NPK +++

La premier è però attenta a evitare ogni polemica con gli altri leader europei: “Ho esposto la mia opinione, ringraziando i colleghi perché penso che chiunque faccia delle proposte fa una cosa utile”. Sa benissimo che la proposta in questione è stata avanzata soprattutto per dimostrare che l’Europa, per non dire la Francia e Gran Bretagna, esistono e hanno qualcosa da dire, ma che di concretezza ne ha poca. Tanto più che “tutti condividono lo stesso obiettivo”, ovvero “la pace giusta e duratura”.

Conviene a tutti, “anche a Trump, che è un leader forte e che chiaramente non può permettersi di siglare un accordo che qualcuno domani potrebbe violare”. E quell’obiettivo come si ottiene? Domanda da un milione di dollari, alla quale non risponde. Si sa che un’idea ce l’ha: giocare con l’articolo 5 del trattato Nato, in modo da garantire all’Ucraina l’ombrello dell’Alleanza atlantica pur senza accettarla come partner ufficiale. In soldoni, in materia di difesa fare “come se” fosse un paese Nato. Se non espone la sua idea non è per reticenza, ma perché un tema di simile portata non può essere sbandierato in tv, va discusso con gli alleati europei e soprattutto con Donald Trump senza il cui consenso neppure se ne parla.

Reticente però la premier lo è stata davvero su due capitoli: il primo è il caso Zelensky. A domanda precisa evita di entrare nel merito, usando come scudo la solita tirata contro la minoranza che l’ha criticata per non averlo difeso. “L’opposizione mi accusa di tutto: io lavoro per ricomporre. Lo faccio parlando con tutti; le letture infantili le lascio ad altri”. Sa che nella sua missione, riportare la pace tra Usa e Ue, il presidente ucraino può diventare un problema enorme. L’Europa non può mollarlo dopo averlo portato sugli scudi per due anni. Se Trump chiedesse la testa di Zelensky il guaio sarebbe immenso. Ma è convinta che The Donald non lo farà e che forzi i toni soprattutto in funzione di politica interna. Ma non si sa mai. Ecco perché aggiunge che la diretta tv non ha agevolato: “Non sono dibattiti che si fanno davanti alle telecamere”. Poi c’è il capitolo riarmo, altrettanto spinoso. Lei non ne parla, anche perché nessuno le chiede niente. Ci pensa in compenso il capo delegazione di FdI al Parlamento europeo, Carlo Fidanza: assicura che “c’è condivisione in maggioranza” sulla necessità di aumentare le spese militari, ma aggiunge che c’è altrettanta unanimità nel reclamare che non siano contate nei calcoli del Patto di stabilità.

È vero che Ursula von der Leyen ha aperto uno spiraglio ma è anche vero che sul come e il quanto l’Europa sia disposta a transigere non c’è chiarezza. È però chiarissimo che l’innalzamento al 2,5% del Pil per l’Italia è proibitivo. Saranno questi i temi al centro dei colloqui dei prossimi giorni e delle prossime settimane, prima con i partner europei al Consiglio europeo di giovedì, poi con il presidente americano. Il momento chiave della missione diplomatica che tacitamente l’Europa ha affidato alla premier italiana sarà quello. Giorgia volerà a Washington forse entro marzo, certamente prima di Pasqua. Sul tavolo ci saranno due temi: la guerra, con il capitolo riarmo, e i dazi. “Sarebbero un danno per l’Italia e forse per gli Usa. Glielo dirò: una guerra commerciale non conviene a nessuno, neanche a loro”.