
Nel cuore
dei mari tropicali, sotto la superficie dove il sole scolpisce lame d’oro sull’acqua, si nasconde una creatura di proporzioni colossali, un’ombra primordiale descritta nei racconti dei marinai come un essere tentacolare dalle
cento braccia serpentiformi, capace di affondare
corazzate e
navi da guerra in un solo, micidiale abbraccio. Secondo le voci tramandate lungo i porti più remoti dell’
Oceano Indiano e del
Pacifico meridionale, il mostro non si nutre solo di carne, ma degli
spiriti dei marinai, strappati al tempo e intrappolati per sempre nel suo abisso. Nel folklore delle
Isole Figi, viene chiamato
“Manu-Teko”, una divinità caduta che un tempo vegliava sul passaggio delle anime verso l’aldilà. Dopo la sua ribellione contro il tempo stesso, venne condannato a
vagare eternamente negli abissi, trasformato in una creatura fatta di odio e memoria. Le sue
braccia non sono semplici tentacoli, ma
estensioni della coscienza collettiva dei morti in mare, che rivivono ogni naufragio. Cronache risalenti al
Diciannovesimo secolo, custodite negli archivi marittimi di
Singapore e
Darwin, descrivono intere flotte scomparse senza lasciare relitti, con l’unico indizio lasciato nelle registrazioni di bordo: suoni profondi e pulsanti come tamburi di guerra, seguiti da
silenzio assoluto. Le aree più frequentemente colpite si estendono al largo della
Grande barriera corallina, attraverso il
Triangolo delle Isole Salomone e fino alle profondità vulcaniche a sud dell’
Isola di Pohnpei. Si racconta che le acque in quei luoghi assumano tonalità
blu metallico, e che la bussola
impazzisca, come se qualcosa stesse deformando la realtà stessa. I superstiti – pochissimi – parlano di
occhi lucenti sotto la superficie, di
voci sussurrate nel vento marino, e della sensazione di essere osservati da un’entità che esiste
fuori dal tempo. I tentativi scientifici di spiegare il fenomeno hanno prodotto
teorie su mostri abissali,
vortici gravitazionali o addirittura
intelligenze aliene che utilizzano gli oceani come porta dimensionale. Ma nessuna ipotesi riesce a giustificare la sistematicità delle sparizioni o la presenza ricorrente di
nebbie fosforescenti e
correnti inverse che precedono ogni attacco. Le culture indigene della zona sono concordi:
non si tratta di una creatura, ma di
una punizione vivente, un frammento dell’universo che si è ribellato e ora
divora ciò che non può controllare.
Il mostro dalle cento braccia che divora le anime nei mari tropicali