Il Chelsea continua a vendersi cose per aggiustare i bilanci
Dopo gli hotel, il Chelsea ha venduto a se stesso anche la squadra femminile per aggiustare i bilanci. Nel silenzio di Uefa e Premier League L'articolo Il Chelsea continua a vendersi cose per aggiustare i bilanci proviene da Valori.

Le vie del calcio in mano ai fondi d’investimento sono infinite. E così a chi spende di più, anche se spende male, vengono concesse operazioni di maquillage finanziario che gli permettono di restare a galla e di rientrare nei parametri stabiliti dai vari fair play finanziari. E possono continuare a speculare all’infinito, alimentando il vortice di soldi e debiti in cui è precipitato il pallone. Stiamo parlando del Chelsea, club in mano a un fondo di private equity che negli ultimi tre anni ha speso oltre 1 miliardo di sterline sul calciomercato (record assoluto) per non vincere mai nulla. Anzi, è pure rimasto fuori per tre anni consecutivi dalla Champions League.
Bene, il Chelsea, dopo che lo scorso anno, come raccontato su Valori, aveva venduto due alberghi ai suoi stessi proprietari per truccare i bilanci, ora ha fatto addirittura di peggio. Ha venduto la squadra femminile a un prezzo fuori mercato al medesimo fondo. Una società finanziaria costruita all’uopo, e con il nome quasi uguale, dallo stesso fondo proprietario del club. E così ha portato per la prima volta i bilanci in attivo, evitando multe e squalifiche. Il tutto con il beneplacito della Uefa e della Premier League, troppo attente a occuparsi del gravissimo problema dei tifosi che espongono le bandiere palestinesi per interessarsi a queste porcherie finanziarie.
Chelsea Hotel: da Leonard Cohen ai fondi di private equity
Il Chelsea nel 2022 è stato acquistato per 4 miliardi e passa di sterline da Blue Co, un fondo di private equity costituito apposta per l’operazione. Il fondo è composto da Todd Boehly, imprenditore americano che già investiva nello sport, che ne possiede il 40% circa. E da Clearlake Capital, fondo di private equity americano che ne detine il 60%. La composizione ricorda molto da vicino quella del Milan. Con l’imprenditore americano Gerry Cardinale che attraverso il fondo di private equity RedBird dovrebbe avere il 100% delle quote. Ma che come sappiamo, essendosi fatto prestare i soldi per comprarlo da Elliott, cui deve ancora 489 milioni di euro, è in realtà socio di minoranza. Le similitudini, come vedremo, non finiscono qui.
Ma torniamo al Chelsea. In questi tre anni Blue Co ha speso oltre 1 miliardo sul mercato. Per prendere giocatori evidentemente scarsi e per arrivare sempre intorno alla decima posizione. Quest’anno forse le andrà meglio, e riuscirà a guadagnarsi la qualificazione in Champions League. Siccome mancano i soldi delle coppe e delle vittorie, e siccome tra Uefa e Premier League esistono regole ai tetti di spesa, serve trovare dei guadagni. Vendere i calciatori migliori del proprio vivaio, plusvalenze totali, è stato fatto. Ma non è bastato. Ecco allora che l’anno scorso Blue Co, che controlla il Chelsea, fonda Blue Co 22. Un fondo che ha l’unico scopo di comprare dal Chelsea due hotel di sua proprietà per 76,5 milioni di sterline per limitare le perdite.
Chelsea e Milan, quante similitudini: nuovi stadi e vecchi rancori
Ma non basta. E così il mese scorso Blue Co 22 esce dal letargo per completare il suo secondo acquisto. La squadra femminile del Chelsea per 200 milioni di sterline. E così il club, per la prima volta, chiude i bilanci con un utile di 130 milioni circa. Evitando multe e penalizzazioni e potendo partecipare alle coppe del prossimo anno. Peccato però che il Chelsea femminile abbia chiuso il bilancio del 2024 con ricavi per 12 milioni, costi per 20 e un rosso di 8. Non solo non dovrebbe essere regolamentare vendere a se stessi le proprietà per alterare i bilanci. Ma l’ipervalutazione del Chelsea femminile è davvero troppo esagerata: 20 volte tanto. Eppure, anche qui Uefa e Premier League si sono girate dall’altra parte e hanno aperto un’inchiesta di facciata. Come lo scorso anno quando diedero l’ok all’operazione Chelsea Hotel.
Quello che invece tutte queste operazioni di maquillage finanziario stanno producendo, scrive il Guardian, sono una rottura tra l’imprenditore americano del 40% e il fondo di private equity del 60%. Esacerbata anche dai progetti di costruzione del nuovo stadio del Chelsea. La stessa rottura che si sta consumando, a leggere le cronache italiane, tra il fondo dell’imprenditore americano e la società di gestione patrimoniale che controllano il Milan. A partire proprio dallo stadio (San Donato vs San Siro) fino alla scelta del direttore sportivo (a quale procuratore affidare il mercato) e dell’allenatore. Ah, per concludere, negli ultimi tre anni il Milan ha comprato quasi esclusivamente giocatori del Chelsea. O comunque che negli anni precedenti hanno giocato nel Chelsea. Un caso?
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