Il 28º stato virtuale che unirebbe davvero l’Europa
Mercati finanziari, energia, telecomunicazioni. E ora anche la difesa. Per competere con gli altri quadranti geopolitici è urgente superare la frammentazione delle regole. Parola dell'ex presidente del Consiglio Gianni Letta L'articolo Il 28º stato virtuale che unirebbe davvero l’Europa proviene da Economy Magazine.

«In questo momento c’è più che mai bisogno di una Europa integrata, che sia in grado di reagire bene a quella che è chiaramente un’offensiva molto forte sia dal punto di vista commerciale che da quello della sicurezza»: Enrico Letta, già presidente del Consiglio, docente universitario a Madrid dopo l’esperienza a Science Po, a Parigi, risponde alle domande di Economy nel contesto di Letexpo 2025, la grande fiera della logistica e dei trasporti organizzata a Verona dall’Alis a metà marzo: «L’Europa deve integrarsi, deve essere più unita per avere la dimensione sufficiente per stare al livello degli americani e dei cinesi. La dimensione nazionale di ogni singolo Paese porterebbe a sconfitte in ogni ambito».
Lei quasi un anno fa ha consegnato alla presidente Von der Leyen il suo rapporto sul mercato unico. Ce ne riassume il focus?
I tre temi che ho messo al centro dell’attenzione sono i mercati finanziari, l’energia e le telecomunicazioni. Sono quelli nei quali la frammentazione dei 27 è più dannosa, perché i mercati sono nazionali e non c’è un vero mercato unico europeo e quindi anche le imprese sono nazionali e non europee. Quindi sono troppo piccole per competere con americani, cinesi e indiani. Perdiamo in termini di competitività. E anche i mercati finanziari sono disintegrati se sono frammentati in 27. Così, siamo sostanzialmente una colonia finanziaria degli Stati Uniti.
A questi tre temi si aggiunge oggi quello della difesa…
Anche lì siamo 27 e non un unicum. E siamo troppo piccoli. Quindi in sostanza il messaggio vale per tutti questi settori. Quello che abbiamo fatto con l’euro è stato uno sforzo molto complesso, ma uno sforzo vincente. L’euro oggi non lo mette in discussione nessuno. E aggiungo: meno male. Se ci fossero ancora la peseta, la dracma, la lira, il franco belga, il franco lussemburghese, saremmo tutti molto piu deboli. Abbiamo l’euro e questo conta moltissimo per la solidità della nostra economia, ma la stessa cosa deve avvenire sui mercati finanziari, sulle telecomunicazioni, sull’energia.
E sulla difesa?
Anche: non ho dubbi. La proposta dell’Unione europea della Commissione europea riprende quella che ho messo al centro del mio rapporto. Non soltanto perché prevede uno strumento finanziario pubblico ma anche perché ne connette il finanziamento alla costruzione di un mercato unico dei capitali, la cosiddetta Savings and Investments Union, cioè l’unione dei risparmi e degli investimenti.
E con questo processo l’Europa potrà competere con gli altri grandi quadranti geopolitici?
L’Unione farebbe per la prima volta quello che gli Stati Uniti fanno da tempo, cioè usare la forza del loro mercato finanziario per fare innovazione, per produrre sicurezza e per produrre competitività. Oggi invece il nostro mercato finanziario è talmente frammentato che facciamo scappare i capitali, verso gli Stati Uniti, a rafforzare il sistema americano. Von der Leyen ha proposto il Savings and Investment project, un punto chiave: solo mobilitando risorse private accanto alle risorse pubbliche e quindi valorizzandole, dando ai risparmiatori un ritorno maggiore rispetto al ritorno che oggi è asfittico si può arrivare a quei livelli di investimento che gli americani hanno da sempre, non paragonabili ai nostri. Quello che sta avvenendo sulla difesa non deve limitarsi alla difesa, deve essere esteso all’economia reale.
Potere di veto paralizzante e burocrazia asfissiante: sono le due grandi tare dell’Unione. Cosa ne pensa?
So che il tema della semplificazione sta molto a cuore a chi ogni giorno cerca di creare competitività, posti di lavoro, crescita e ricchezza da redistribuire. Nel mio rapporto ho fatto una proposta che è quella del 28º Stato virtuale: creare su alcuni grandi temi una regola unica europea che superi le 27 regole nazionali diverse vigenti oggi e possa valere dovunque, in modalità opzionale: cioè starebbe alle imprese scegliere il fast track unitario per esempio nel diritto commerciale. Oggi ogni Paese ha il suo diritto commerciale diverso dagli altri, questa non è un’unione, è un caos. Negli Stati Uniti c’è il Delaware, uno stato fisico le cui regole valgono sostanzialmente per tutti gli Stati Uniti. Di fronte all’aggressione di Trump la risposta europea deve avvenire usando tutti gli strumenti esistenti. Quello che invito a fare è di decidere di fare come ognuno di noi fa nel suo condominio e nel nostro condominio: votare a maggioranza.
Un’idea della riforma possibile?
Io invito i Paesi membri e la Commissione a tirare dritto: quando c’è un accordo a 23 Paesi su 27 si decide e si va avanti. Questo per le imprese per la competitività è fondamentale perché se dobbiamo aspettare che ogni Paese europeo sia d’accordo alla fine non decideremo. E ovviamente questa differenza con gli ordini operativi che firma Trump sarà lampante e palese. Però mi sento di dire, in conclusione, che io sono ottimista rispetto a tutte queste cose, anche per un motivo molto semplice: Trump mi sembra che si stia dimostrando uno che non è che le azzecca tutte. Alcuni risultati non stanno andando nella direzione voluta. Alla fine, in termini geopolitici sta portando l’Europa a essere più unita. Ci sta portando di nuovo insieme alla Gran Bretagna, cosa che io ritengo essere un grandissimo risultato geopoliticamente e anche dal punto di vista per esempio dell’industria della difesa. Io propongo, nel mio rapporto, di costruire un mercato comune della difesa a 27 più anche la Gran Bretagna, la Norvegia insomma i Paesi europei che non fanno parte dell’Unione europea. E grazie a Trump questa è una cosa che oggi diventa di attualità si può realizzare ci può dare maggiore sicurezza penso che sia una strada giusta.
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