I dannati (e i privilegiati) della guerra in Ucraina
In Ucraina, tra privilegiati (dalla politica) e disertori (in grado di pagarsi la fuga all’estero), alla fine in trincea sono finiti solo i poveri cristi, usati come carne da cannone in nome della libertà.C’è una notizia piccola che, nei giorni scorsi, dopo le polemiche seguite allo scontro in diretta fra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, è passata in secondo piano. L’Ucraina ha vietato ad attori, atleti e giornalisti di lasciare il Paese, abolendo le autorizzazioni alle trasferte rilasciate dai ministeri. La decisione, con effetto retroattivo, ha annullato i lasciapassare di chi è già all’estero. Tutti a casa, dunque, tutti obbligati a rientrare per combattere il nemico. La misura adottata dalle autorità mentre si discute di un possibile cessate-il-fuoco dimostra due cose, entrambe piuttosto illuminanti per capire quale sia la situazione a Kiev e dintorni. La prima segnala l’umore della popolazione ucraina dopo tre anni di guerra: chi può scappa e chi è riuscito a fuggire si guarda bene dal ritornare.Il provvedimento per sospendere le lettere che consentivano di uscire dal Paese, e che derogavano alle norme imposte dalla legge marziale, serve a mettere un freno a quello che ormai è divenuto una specie di esodo, se non di massa di certo cospicuo. Con una scusa, professionale o sportiva, molti a quanto pare se la svignavano, evitando di finire in trincea. Di recente sembra sia accaduto con diversi atleti, come per esempio i due karateki che alle bombe russe hanno preferito il clima italico. Secondo i dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, il 17 per cento della popolazione ucraina è espatriata: in totale fanno sette milioni di persone, molte delle quali sono fuggite in Germania e Polonia, ma anche in America e in Canada. Dai 40 milioni di abitanti che contava prima dell’invasione russa, oggi l’Ucraina è scesa a circa 33 milioni e coloro che se ne sono andati non sono soltanto donne e bambini, ma anche molti uomini (i maschi rappresentano il 41 per cento del totale e, se si tolgono i minori, restano almeno due milioni di persone).Ma oltre a segnalare la stanchezza della popolazione dopo più di mille giorni di conflitto, l’editto di Zelensky contro l’espatrio dimostra anche che in trincea scarseggiano i soldati. Decimate da ondate di missili che continuano a cadere a pioggia e da decine di migliaia di diserzioni, le truppe ucraine faticano a contenere gli assalti, come ha detto J.D. Vance durante l’incontro-match alla Casa Bianca. Probabilmente è vero ciò che riferiscono le cronache, ovvero che i militari di Mosca continuano a morire come mosche, ma il numero di vittime non ferma l’avanzata di Vladimir Putin e ogni giorno le forze di Kiev sono costrette ad arretrare un poco. Oltre alle armi, che Zelensky chiede come un disco rotto dal giorno in cui i russi invasero il Paese e che ora Trump ha sospeso, servono uomini, altrimenti non solo non si riconquista un metro di terreno, ma lo si perde.Del resto, quella delle forze in campo è sempre stata la questione principale della guerra. Anche se nel primo anno si sono attribuiti effetti miracolistici a missili e carri armati, a fare la differenza tra i due eserciti a confronto è sempre stato il numero degli effettivi sul terreno e dopo mille giorni di distruzione e sangue ne abbiamo la prova. Per sostituire i soldati caduti, Zelensky ha provato ad abbassare l’età della leva, ma a quanto pare non è stato sufficiente. Per riuscire a convincere gli ucraini a imbracciare un fucile e combattere, il parlamento ha inasprito le leggi, varando una mobilitazione militare che consente l’arruolamento e l’addestramento forzato.Tra le norme approvate, alcune negano l’accesso ai servizi pubblici (come l’assistenza sanitaria) a chi non si sia registrato presso i centri di reclutamento, altre permettono anche la revoca della patente di guida. Ma visto che neppure il giro di vite è servito, ecco cancellata la possibilità di congedarsi dopo tre anni di guerra; mentre ai residenti maschili all’estero, per costringerli a rientrare all’interno dei confini nazionali, è stato negato il rinnovo del passaporto.Ora arriva il divieto di espatrio. Fra tante misure, però, ce n’è una che stride ed è che i soli esentati dalle regole di arruolamento sono i parlamentari. Tutti gli altri a combattere, loro a casa. Si dice che se non fosse stata garantita l’esenzione, gli onorevoli non avrebbero votato a favore delle norme di reclutamento. Può darsi che sia vero, però questo dimostra che tra privilegiati (dalla politica) e disertori (in grado di pagarsi la fuga all’estero), alla fine in trincea sono finiti solo i poveri cristi, usati come carne da cannone in nome della libertà. Di quelli rimasti a casa.


In Ucraina, tra privilegiati (dalla politica) e disertori (in grado di pagarsi la fuga all’estero), alla fine in trincea sono finiti solo i poveri cristi, usati come carne da cannone in nome della libertà.
C’è una notizia piccola che, nei giorni scorsi, dopo le polemiche seguite allo scontro in diretta fra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, è passata in secondo piano. L’Ucraina ha vietato ad attori, atleti e giornalisti di lasciare il Paese, abolendo le autorizzazioni alle trasferte rilasciate dai ministeri. La decisione, con effetto retroattivo, ha annullato i lasciapassare di chi è già all’estero. Tutti a casa, dunque, tutti obbligati a rientrare per combattere il nemico. La misura adottata dalle autorità mentre si discute di un possibile cessate-il-fuoco dimostra due cose, entrambe piuttosto illuminanti per capire quale sia la situazione a Kiev e dintorni. La prima segnala l’umore della popolazione ucraina dopo tre anni di guerra: chi può scappa e chi è riuscito a fuggire si guarda bene dal ritornare.
Il provvedimento per sospendere le lettere che consentivano di uscire dal Paese, e che derogavano alle norme imposte dalla legge marziale, serve a mettere un freno a quello che ormai è divenuto una specie di esodo, se non di massa di certo cospicuo. Con una scusa, professionale o sportiva, molti a quanto pare se la svignavano, evitando di finire in trincea. Di recente sembra sia accaduto con diversi atleti, come per esempio i due karateki che alle bombe russe hanno preferito il clima italico.
Secondo i dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, il 17 per cento della popolazione ucraina è espatriata: in totale fanno sette milioni di persone, molte delle quali sono fuggite in Germania e Polonia, ma anche in America e in Canada. Dai 40 milioni di abitanti che contava prima dell’invasione russa, oggi l’Ucraina è scesa a circa 33 milioni e coloro che se ne sono andati non sono soltanto donne e bambini, ma anche molti uomini (i maschi rappresentano il 41 per cento del totale e, se si tolgono i minori, restano almeno due milioni di persone).
Ma oltre a segnalare la stanchezza della popolazione dopo più di mille giorni di conflitto, l’editto di Zelensky contro l’espatrio dimostra anche che in trincea scarseggiano i soldati. Decimate da ondate di missili che continuano a cadere a pioggia e da decine di migliaia di diserzioni, le truppe ucraine faticano a contenere gli assalti, come ha detto J.D. Vance durante l’incontro-match alla Casa Bianca. Probabilmente è vero ciò che riferiscono le cronache, ovvero che i militari di Mosca continuano a morire come mosche, ma il numero di vittime non ferma l’avanzata di Vladimir Putin e ogni giorno le forze di Kiev sono costrette ad arretrare un poco. Oltre alle armi, che Zelensky chiede come un disco rotto dal giorno in cui i russi invasero il Paese e che ora Trump ha sospeso, servono uomini, altrimenti non solo non si riconquista un metro di terreno, ma lo si perde.
Del resto, quella delle forze in campo è sempre stata la questione principale della guerra. Anche se nel primo anno si sono attribuiti effetti miracolistici a missili e carri armati, a fare la differenza tra i due eserciti a confronto è sempre stato il numero degli effettivi sul terreno e dopo mille giorni di distruzione e sangue ne abbiamo la prova. Per sostituire i soldati caduti, Zelensky ha provato ad abbassare l’età della leva, ma a quanto pare non è stato sufficiente. Per riuscire a convincere gli ucraini a imbracciare un fucile e combattere, il parlamento ha inasprito le leggi, varando una mobilitazione militare che consente l’arruolamento e l’addestramento forzato.
Tra le norme approvate, alcune negano l’accesso ai servizi pubblici (come l’assistenza sanitaria) a chi non si sia registrato presso i centri di reclutamento, altre permettono anche la revoca della patente di guida. Ma visto che neppure il giro di vite è servito, ecco cancellata la possibilità di congedarsi dopo tre anni di guerra; mentre ai residenti maschili all’estero, per costringerli a rientrare all’interno dei confini nazionali, è stato negato il rinnovo del passaporto.
Ora arriva il divieto di espatrio. Fra tante misure, però, ce n’è una che stride ed è che i soli esentati dalle regole di arruolamento sono i parlamentari. Tutti gli altri a combattere, loro a casa. Si dice che se non fosse stata garantita l’esenzione, gli onorevoli non avrebbero votato a favore delle norme di reclutamento. Può darsi che sia vero, però questo dimostra che tra privilegiati (dalla politica) e disertori (in grado di pagarsi la fuga all’estero), alla fine in trincea sono finiti solo i poveri cristi, usati come carne da cannone in nome della libertà. Di quelli rimasti a casa.