Herconomy a Napoli con l’evento Gender Games: la partita della parità si gioca sul serio
Numeri, metafore, storie d’impresa e riflessioni ad alta voce. A Napoli, la sesta edizione di “Gender Games. Perché la parità di genere non è un gioco”, evento organizzato da Herconomy, si è rivelata ancora una volta – questa di Napoli è la sesta edizione – un “laboratorio” di incontro e confronto. A fare gli onori […] L'articolo Herconomy a Napoli con l’evento Gender Games: la partita della parità si gioca sul serio proviene da Economy Magazine.

Numeri, metafore, storie d’impresa e riflessioni ad alta voce. A Napoli, la sesta edizione di “Gender Games. Perché la parità di genere non è un gioco”, evento organizzato da Herconomy, si è rivelata ancora una volta – questa di Napoli è la sesta edizione – un “laboratorio” di incontro e confronto. A fare gli onori di casa, con taglio affilato e ironico, Marina Marinetti, condirettrice donna di Economy, che ha aperto i lavori con un’osservazione: “Il banco è maschio, e vince sempre”. Una fotografia un po’ provocatoria quanto veritiera, che ha dato il tono a un’intera giornata dedicata alla questione di genere nel mondo del lavoro e dell’impresa in Italia.
Il paradosso dei numeri: più istruite ma non occupate
L’intervento di apertura di Marinetti ha messo in fila numeri che lasciano poco spazio all’ottimismo. Se il 68,6% dei laureati in Italia è donna, solo 53,5 su 100 risultano occupate, contro 72 uomini. Un divario che si allarga nei contratti a tempo indeterminato (appena il 36,9% sono donne) e diventa cronico nei part-time: “48 donne su 100 vengono assunte a tempo parziale, contro solo 18 uomini. È evidente che il part-time in Italia ha ancora un volto femminile”, ha sottolineato.
Nella piramide del potere, la situazione è ancora più netta: solo il 21,1% dei dirigenti è donna. E se la segregazione verticale resta evidente, quella orizzontale è altrettanto marcata: “Gli uomini sono distribuiti in 53 professioni prevalenti, le donne in appena 21. Cosa ci impedisce di accedere a ruoli diversi? Forse nulla, se non stereotipi culturali duri a morire”.
Retribuzioni, pensioni e carriere a metà
Anche le buste paga parlano chiaro: in tutte le categorie, le donne guadagnano meno. Oltre 8.000 euro in meno tra i dirigenti, più di 3.000 tra i quadri, e circa 3.000 euro anche tra gli operai. Ma l’ingiustizia salariale non si ferma al lavoro attivo: si riflette nelle pensioni. “Nel privato – ha osservato Marinetti – le donne ricevono in media 1.000 euro al mese, contro i 1.561 degli uomini. Tra gli autonomi la forbice è ancora più ampia: 730 euro contro 1.285. Il motivo? Sempre lo stesso: il lavoro di cura, ancora oggi, grava quasi esclusivamente sulle spalle femminili”.
Il congedo di maternità resta a 5 mesi, quello di paternità a 10 giorni. “È il legislatore stesso – ha detto – ad aver deciso che un uomo ha bisogno di 10 giorni per imparare a fare il padre”.
Aziende (ancora) poco consapevoli: certificazioni ferme allo 0,7%
Dal 2022 è in vigore la certificazione di parità di genere, pensata per incentivare le imprese virtuose. Ma l’adesione resta marginale: meno di 7.000 aziende certificate su oltre un milione potenzialmente idonee. “Parliamo dello 0,7% – ha precisato Marinetti – e spesso si tratta di un’operazione di facciata. La certificazione non è un trofeo da esibire, ma un impegno concreto a trasformare i processi aziendali”.
Una recente indagine LHH–Adecco ha confermato il disinteresse diffuso: il 56% dei manager italiani non considera la parità una priorità, e oltre la metà non sa se la propria azienda ha intrapreso azioni concrete in questo ambito.
Segnali positivi in Borsa, ma solo finché si resta quotati
Un’eccezione incoraggiante arriva dal mercato finanziario: oggi il 48% dei consiglieri di amministrazione delle società quotate a Piazza Affari è donna. “Un record europeo – ha evidenziato Marinetti – ma appena le aziende si delistano, le donne spariscono. Segno che il cambiamento, per ora, è ancora legato più all’obbligo che alla convinzione”.
Le regole del gioco: non ostacoli, ma alleati
Nel panel “Le regole del gioco”, coordinato da Marina Marinetti, tre voci autorevoli hanno illustrato come norme, standard e compliance possano diventare leve strategiche per il cambiamento.
Daniela Asaro (RINA) ha sottolineato come la certificazione sia un percorso, non una meta: “Non è solo controllo, ma accompagnamento. È creare fiducia nel mercato”. Lara Conticello (RSM) ha evidenziato il valore strategico della compliance: “Non è burocrazia, ma capacità di anticipare i cambiamenti e proteggere la reputazione”. Gianna Zappi (UNI) ha infine rimarcato il ruolo dei linguaggi comuni: “Gli standard UNI rendono operativi i valori ESG. Senza un linguaggio condiviso, l’equità resta un’intenzione vaga”.
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Il gioco che svela il potere
Enrico Marra, partner di Trivioquadrivio e direttore di Serious Play Italia, ha portato in scena un intervento coinvolgente dal titolo “A che gioco giochiamo?”, centrato sull’uso del metodo LEGO® SERIOUS PLAY® per affrontare i temi della diversità e dell’inclusione.
Il gioco, ha spiegato Marra, diventa uno strumento per riflettere sulle dinamiche di potere e di leadership. “Pensare con le mani” aiuta a scardinare schemi mentali, a far emergere differenze percettive e ad affrontare il pregiudizio sottile: quello che non si grida, ma si insinua nei linguaggi, nei ruoli, nelle aspettative. “Il linguaggio non è neutro – ha detto – ogni parola porta con sé un’eredità culturale che va decostruita e riformulata”.
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Game, set, match: imprenditrici alla prova del reale
Il panel moderato dal giornalista Alfonso Ruffo ha dato voce a quattro protagoniste dell’impresa italiana, che hanno raccontato la propria esperienza diretta nel coniugare leadership, visione e concretezza.
Ludovica Zigon (Getra) ha portato l’esperienza di una realtà industriale internazionale in un settore tecnico e maschile, dove è riuscita a portare la rappresentanza femminile al 35% grazie a una strategia di apertura e inclusione.
Sara Merlo (Autosped G) ha raccontato l’impegno per cambiare il volto di un gruppo con 26 società e solo 14 donne tra 1800 autisti: dall’academy per nuove autiste al basket femminile di Serie A come simbolo culturale.
Caterina Meglio (Materias) ha mostrato che la sostenibilità non è un trend, ma una scelta di coerenza: “Lavoriamo ogni giorno per applicare ciò che molti ancora stanno imparando a raccontare”.
Nunzia Giunta (UomoeAmbiente) ha restituito un’immagine potente della leadership femminile: non retorica, non rivendicativa, ma consapevole e orientata a trasformare l’organizzazione dall’interno. “È in questo intreccio tra performance e persone – ha osservato Ruffo – che si gioca davvero la partita del cambiamento”.
Hanno concluso l’evento due interventi: Agnese Di Matteo che ha racconta l’ASI e la forza femminile nel motorismo storico e Lorenzo Mattiello di Mica Macho
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