Fotovoltaico e geotermia al servizio di un grande ospedale

Gli ospedali sono strutture energivore con consumi diversificati che necessitano di soluzioni integrate per essere alimentati. Soluzioni che si basano anche su fotovoltaico e geotermia, nelle intenzioni dell’Azienda ospedaliero universitaria Pisana, che sta realizzando il nuovo Ospedale Santa Chiara in Cisanello. L’idea è di ampliare l’attuale plesso esistente a Cisanello, inglobando anche le attività dell’Ospedale […] The post Fotovoltaico e geotermia al servizio di un grande ospedale first appeared on QualEnergia.it.

Mag 14, 2025 - 16:56
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Fotovoltaico e geotermia al servizio di un grande ospedale

Gli ospedali sono strutture energivore con consumi diversificati che necessitano di soluzioni integrate per essere alimentati.

Soluzioni che si basano anche su fotovoltaico e geotermia, nelle intenzioni dell’Azienda ospedaliero universitaria Pisana, che sta realizzando il nuovo Ospedale Santa Chiara in Cisanello.

L’idea è di ampliare l’attuale plesso esistente a Cisanello, inglobando anche le attività dell’Ospedale Santa Chiara attivo all’interno di Pisa.

Una volta ultimata la struttura finale raggiungerà circa 176.000 mq, divenendo uno dei più grandi ospedali d’Italia, per un consumo atteso di circa 17.500 Tep l’anno tra edifici esistenti e in corso di realizzazione (le due sedi attive oggi consumano complessivamente 10.500 Tep l’anno).

La scorsa settimana è stata avviata la fase dei collaudi funzionali della “CT0”, cioè la centrale tecnologica (nella foto in alto) dove è racchiusa l’impiantistica (anche energetica) e il sistema centrale della logistica di tutto il complesso.

Un’opera che da sola ha richiesto la spesa di 70 milioni di euro e che sarà definitivamente operativa entro marzo 2026.

Inizialmente, fa sapere l’azienda ospedaliera, il polo tecnologico doveva servire solo il nuovo ampliamento, “ma poi è stato implementato per poter assolvere alla produzione dei vettori energetici anche per gli edifici esistenti, in modo da dismettere le quattro centrali termo frigorifere esistenti, che lasceranno spazio al verde”.

All’interno del CT0 sono presenti diversi apparati: due caldaie e tre generatori di vapore (di cui una per sola emergenza), ognuno dei quali di potenza termica pari a 8,5 MW; sette gruppi frigoriferi centrifughi, per una potenza complessiva pari a 33,11 MW; tre assorbitori per 6,32 MW totali; dodici torri evaporative (51,69 MW complessivi), tre cogeneratori da 2,3 MW ciascuno), quattro trasformatori MT/BT di potenza elettrica pari a 2,5 Mva ciascuno; due gruppi elettrogeni (1,5 MW ciascuno), sei gruppi di continuità rotanti D-UPS (2 Mva ciascuno).

L’integrazione di fotovoltaico e geotermia

“Un complesso ospedaliero ad alta specializzazione è tipicamente energivoro e quindi dobbiamo lavorare per portare le rinnovabili al massimo valore possibile. L’obiettivo è obbligatorio se consideriamo il contesto di incertezza di risorse e costi delle fonti primarie in cui siamo; è una sfida che va colta”, come spiega a QualEnergia.it Filippo Terzaghi, responsabile unico del procedimento (Rup) per la realizzazione del nuovo polo, raggiunto da QualEnergia.it insieme a Marco Gnesi, energy manager dell’Azienda ospedaliero universitaria pisana.

“A circa 600 metri di profondità è valutata da studi di settore l’esistenza di un bacino con acqua calda a 60 gradi e per questo motivo abbiamo portato nella conferenza dei servizi decisoria del 2024 la possibilità di fare un pozzo pilota per verificarne le caratteristiche geofisiche, chimiche e di portata”.

Il progetto è stato dunque approvato e nel corso del 2025 si prevede di realizzare il pozzo che, successivamente, sarò sfruttato nell’impianto geotermico a bassa entalpia che si punta a implementare. Un sito con cui “contiamo di alimentare buona parte dei nuovi edifici”, spiegano Rup ed energy manager.

Per quanto riguarda il fotovoltaico, invece, la destinazione è la copertura dei numerosi parcheggi presenti e in realizzazione nell’area del nuovo Santa Chiara.

“Bisogna capire quanto riusciremo a installarne”, all’incirca “6-7 MW”, e “al momento stiamo studiando tutte le strade possibili”.

Più nel dettaglio, “abbiamo bandito delle procedure di partenariato pubblico-privato, ricevendo alcune proposte, ad esempio per una comunità energetica rinnovabile”. Dunque, “stiamo studiando i modelli più efficaci per noi, anche dal punto di vista fiscale”.

Ciò che sarà fatto, comunque, è l’integrazione con la mobilità elettrica: “Il nostro parco auto è già in aggiornamento sull’elettrico, proprio alla luce dell’opportunità data dalle rinnovabili. Ad esempio, una buona parte della logistica ospedaliera sarà fatta con carrelli automatici elettrici che circolano tra reparti”.

Nel complesso si stima che con il fotovoltaico e lo sfruttamento della fonte geotermica si potrebbe ottenere una riduzione della produzione annua di CO2 superiore al 20%.

La dotazione tecnologica dell’ospedale e l’ipotesi blackout

La centrale tecnologica deve assicurare al presidio ospedaliero l’alimentazione dei fluidi termovettori e delle energie nel rispetto dei criteri di sicurezza, resilienza e ridondanza delle apparecchiature e delle reti, “in base a logiche di efficientamento energetico, ottimizzazione organizzativa e contenimento dell’impatto ambientale”, come si legge nella descrizione del progetto.

“Per la centrale sono state infatti adottate le migliori tecniche di controllo, monitoraggio e gestione delle emissioni in atmosfera e i numerosi gruppi centrifughi presenti utilizzano già gas refrigerante ecologico R514a di nuova generazione a effetto serra nullo”.

A tutto ciò si aggiunge una “control room” dove si trovano tutti i sistemi di controllo e gestione degli impianti tecnologici dell’intero presidio: elettrici di media e bassa tensione, climatizzazione estiva e invernale, sicurezza.

L’insieme di macchine e sistemi richiede inevitabilmente un’alimentazione continua, anche in caso di blackout, come recentemente avvenuto in Spagna e Portogallo.

Si tratta di una possibilità presa in considerazione nella progettazione del nuovo sito ospedaliero, come confermano Terzaghi e Gnesi: “Abbiamo sperimentato i gruppi di continuità dinamici; cioè, in estrema sintesi, masse rotanti sempre il linea che, in caso di interruzione di alimentazione elettrica da rete, mantengono il carico elettrico istantaneo per un periodo necessario all’attivazione del motore diesel accoppiato al generatore, garantendo quindi sicurezza di continuità assoluta fino al ripristino delle condizioni ordinarie”.

Sono già state installate quattro tecnologie di questo tipo “su media tensione, che sono la base della nostra continuità”.

In futuro la scelta del diesel potrebbe essere limitata dall’introduzione di batterie in combinazione con gli impianti rinnovabili?

“Garantirebbe la necessità di sfruttare l’energia anche quando il fotovoltaico non genera. Ad oggi, però, non vediamo delle soluzioni applicabili per il nostro tipo di potenza e per i nostri standard di sicurezza, ma l’auspicio è che nel prossimo futuro ci siano, come nel caso dell’accumulo con batterie al sale o altre soluzioni” (si veda anche Batterie sodio-nichel: pro, contro e l’opportunità italiana).The post Fotovoltaico e geotermia al servizio di un grande ospedale first appeared on QualEnergia.it.